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ANTONIO VENEZIA
Ho sempre avuto timore
di quella cantina, non so bene perché.
Da piccolo, ricordo che
mio padre ci portava alcuni scatoloni pieni di cianfrusaglie che non voleva mai
buttare via. Eppure, nonostante adesso abbia la ragguardevole età di trentadue
anni, ho ancora paura di scendere là sotto.
Mio padre è morto dieci
anni fa e ne ho sofferto molto.
Era l’unica persona che
mi era rimasta al mondo, dopo che mia madre morì dandomi alla luce. Ho provato
dolore così tanto che sono dovuto andare in terapia da uno psicologo per alcuni
anni, mentre cercava di lavorare sulla mia mente per mantenerla in equilibrio
tra la realtà e la pazzia.
Adesso, però, ho la
mente abbastanza lucida da ricordare tutto per filo e per segno; e voglio
raccontarvi cosa è successo alcune notti fa.
Ormai vivo da solo da
tempo, perciò la solitudine è diventata una mia confidente, la mia migliore
amica. Il mio carattere schivo e poco socievole non mi permette di relazionarmi
con altri individui, senza fare distinzione di sesso o età diverse.
Passo la maggior parte
delle mie giornate in compagnia di un giradischi, ad ascoltare vecchi pezzi
degli anni settanta, gli stessi che piacevano a mio padre. Li ho ascoltati
tante volte da piccolo che ormai sono parte di me, come un profumo che
riconosci subito e associ ad un determinato posto.
Me ne sto sulla mia
poltrona foderata di velluto, con una sigaretta in mano, ad ascoltare quei
vecchi dischi. Le mie giornate trascorrono sempre così, senza una meta ben
precisa da raggiungere, nell’isolamento totale. Forse, a causa di questo mio
comportamento sociopatico, posso affermare che il mio cervello non sia del
tutto sano, non come una persona comune almeno.
Ma non sono pazzo e ciò
che ho visto qualche notte fa, è terribile. Ansimo mentre ripercorro con la
mente ciò che successe.
Ero seduto sulla mia
solita sedia in salone e il giradischi stava suonando un pezzo di Neil Young denominata Heart of Gold. Quella canzone mi
rilassa, da sempre. Fin da quando mio padre mi teneva sulle sue ginocchia e
cantava con me le strofe di quel rock perso nel tempo.
D’un tratto, ho
avvertito le assi del pavimento in legno tremare, come se ci fosse un
terremoto.
Ho alzato gli occhi al
cielo per guardare il lampadario, ma era fermo, immobile nella sua luminescenza
fioca che rischiarava il soggiorno. Non poteva essere un terremoto. Doveva
essere “qualcosa” lì sotto. La stessa cosa che per anni mi ha terrorizzato e mi
ha isolato dal mondo, portando il mio equilibrio mentale a vacillare più e più
volte.
Là sotto c’è il “male”,
ne sono certo. Aspettate che ve lo racconti e mi crederete anche voi.
La cantina è un romanzo di Antonio Venezia
Assolutamente terrificante! Un bravo ad Antonio Venezia che è stato capace, in poche righe, di farci rabbrividire!
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