La ragazza che veniva dal fiume tortuoso (parte terza)

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GUIDO FARIELLO

LA RAGAZZA CHE VENIVA
DAL FIUME TORTUOSO
(parte terza)




Erano circa le 22:00 quando uscì dalla casa rifugio con il prediletto vecchio ma poderoso coupé del 2000.
La sua mente era assente.
Non percepiva nessuna emozione particolare.
Il suo corpo, però, aveva l’esigenza di muoversi.
Percorse la breve strada cantonale che finiva all’incrocio con la provinciale del monte senza vederla, in modo automatico, a velocità moderata.
Dieci metri dopo, la poderosa scritta murale del teatro scavato nella roccia sembrava fare da monito di attenzione all’innesto.
Non rispettò lo “Stop”.
I 190 cavalli del motore turbo si fecero sentire con un rombo assordante.
Aveva fretta.
Doveva correre.
Prima della discesa della vecchia capanna diroccata avrebbe deviato a sinistra per immettersi nell’autostrada in direzione Nord.
La potente auto sportiva aveva sedici anni di vita ma si presentava come appena uscita dall’assemblaggio. Ora la macchina affrontava il tortuoso tracciato ad una velocità non rispettosa delle sue caratteristiche. Ad ogni curva il mezzo minacciava di uscire dalla carreggiata e ribaltarsi. Era solo grazie ai particolari pneumatici montati che esso evitava un evento disastroso.
La serata era calda.
Un sole forte di mezza estate aveva imperversato per tutto il giorno; ma il crepuscolo della sera aveva mostrato grossi nuvoloni neri.
Avanzavano veloci dal mare verso il monte.
Aveva appena iniziato la discesa della variante esterna del vecchio villaggio di pescatori quando il temporale arrivò.
Era forte.
Alla sinistra il bivio per il paese delle mille grotte sotterranee, a destra le casette del colle sovrastate dai pini.
Azionò i tergicristalli; ma non riuscivano a garantirgli una visibilità adeguata.
Dopo la lunga discesa avrebbe incontrato la rotatoria dell’incrocio con la strada che porta alla baia coi due laghi salmastri.
Eccola, è là davanti!
Devo scalare la marcia, ridurre la velocità.
Lo fece con maestria.
Una manovra ripetuta tante volte.
Girò il volante prima a destra, poi subito a sinistra e ancora a destra.
C’è una figura sul ciglio della strada dal lato del declivio verso il mare.
La vedo di spalle.
Non sta correndo.
Indossa una maglietta bianca e un paio di jeans.
Gli indumenti sono inzuppati di pioggia e sono appiccicati alla sua persona.
Si gira a guardare verso di me con uno scatto.
Forse non si era accorta del sopraggiungere dell’auto
I fari illuminano il suo viso.
Vedo due occhi chiari che riflettono la luce.
È una ragazza.
È molto giovane.
Sembra adolescente.
Ha i capelli folti, neri, ricci.
Ma è tutta bagnata!
L’acqua sui capelli è una miriade di gocce rilucenti.
Devo fermarmi.
Ha bisogno di aiuto.
L’auto aveva risposto alla pericolosa manovra di sterzo e contro sterzo impostole facendo slittare le ruote posteriori. All’uscita dalla rotonda, iniziò il breve tratto pianeggiante derapando. Sbandò prima verso il lato sinistro della strada, poi subito a destra. Il lungo muso puntò dritto verso la barriera a protezione dalla scarpata sottostante.
La figura, però, non fu coinvolta.
L’auto l’aveva già superata quando avvenne l’impatto.

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