La lingua universale

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ALESSANDRO GRIGNAFFINI

 

LA LINGUA UNIVERSALE




Aula della IV Ginnasio

Teneva la testa china di fronte all’insegnante che lo stava rimproverando.
Lei aveva esaminato e corretto il suo dettato e ora gli chiedeva ragione della serie infinita di errori commessi.
«Spiegami che lingua è questa!»
«Non c’è una parola, dico, una sola parola, priva di errori!» 
«Le correzioni sembrano un cimitero di croci rosse!»
«Quando dettavo non hai capito assolutamente nulla!»
«Oppure mi hai preso in giro scrivendo a caso?»
Con lo sguardo rivolto a terra, fissava le piastrelle del pavimento. Si concentrava sulla loro geometrica disposizione, senza rispondere. Contava mentalmente i lati di ciascuna di esse e il numero delle stesse nella direzione verso la cattedra.
La consapevolezza che fornire una spiegazione avrebbe aggravato la sua posizione, lo consigliava a restarsene in silenzio.
Subire senza rispondere, senza accampare scuse, dare giustificazioni, gli sembrava il male minore. 
Non un solo significato, in quella lingua dove i suoni si arrotolavano uno sull’altro in un crescendo disarmonico e irriconoscibile, gli era risultato comprensibile.
Era consapevole invece della sua capacità di riconoscere il significato delle parole e dei singoli fonemi quando li vedeva in forma scritta.
Non aveva, allora, particolari difficoltà di comprensione. Conosceva la grammatica e le regole con cui quell’idioma, dalla pronuncia bizzarra e incomprensibile, era formulato. Le aveva studiate e vi si era applicato.
Nel momento in cui, però, il suono delle parole era formulato ed emesso gli sembrava di ascoltare uno di quei vocalizzi misteriosi che i bambini, per gioco, si inventano nel tentativo di imitare parlate esotiche ed ermetiche, note solo a una piccola ed esclusiva elite di affiliati.
Se non fosse stato per i suoi compagni che dimostravano un livello di comprensione diverso dal suo, avrebbe pensato di essere vittima di un gigantesco scherzo ordito nei suoi confronti.
Il suo ordine mentale, l’amore per la logica, la simmetria delle frasi, dei suoni, la dolce musicalità della sua lingua dove tutto era come sembrava, gli impediva di entrare in sintonia con quell’accozzaglia di assurdità che raggiungevano il suo udito.
«Non rispondi, non dici niente?» continuò la professoressa chiamandolo anche per nome tradotto in quella lingua incomprensibile, al fine di destare una sua qualunque reazione.
Fece un piccolo cenno di diniego con la testa, che passò inosservato, mentre cercava di capire cosa fosse quel termine che aveva udito, inframmezzato alla domanda.
È meglio tacere!
L’assenza di una risposta può risultare irritante ma, in ogni caso, genera il dubbio nell’interlocutore su come stiano veramente le cose: potrebbe pensare a mancanze dovute a situazioni contingenti. Magari esse potrebbero non presentarsi più. Potrebbero modificarsi in futuro.
«Se non ti decidi a dirmi qualcosa, dovrò informare i tuoi genitori che continuando così verrai bocciato!» dichiarò l’insegnante aggiustandosi, con piglio severo, gli occhiali sulla fronte, continuando a fissarlo.
Lui, tra i risolini ironici e le sghignazzate soffocate dei compagni, seguitò a mantenere un assoluto silenzio.
Finalmente, la professoressa, esasperata, lo congedò e lo invitò a sedersi al suo posto. 

Sala conferenze della OMS - 40 anni dopo 

«Tutto si riduce a un errore di trascrizione o meglio a una serie di errori di trascrizione.
Guardate al genoma non codificante: è vero che esso non sovraintende alla trascrizione; ma rappresenta la dimora ideale di relitti virali che si annidano e si occultano all’interno della sua struttura.
Questi relitti possono rimanere sepolti in questa quota di DNA definito, in tempi trascorsi, anche col termine di DNA spazzatura, per un tempo lunghissimo, anche per tutta la vita dell’individuo che li ospita.
Possono, oppure, risvegliarsi ad opera di una causa esogena: ad esempio un altro virus.
L’RNA virale produce una RNA polimerasi che procede alla replicazione, nel citoplasma della cellula ospite, dell’RNA virale.
Questo a sua volta migra dal DNA non codificante a quello codificante e si sostituisce all’ RNA originale.
Le informazioni del DNA vengono in questo modo distorte e trascritte in forma anomala, con una serie impressionante di errori, che danno origine a proteine imperfette e malate.
Queste attaccano la cellula provocandone l’apoptosi, quando va bene, o la formazione di cellule anomale, quando va male, in grado di auto replicarsi.
Una serie elevata di errori di trascrizione fornisce informazioni sbagliate ai meccanismi produttori di nuova vita molecolare: le macromolecole proteiche anomale trasformeranno le cellule sane in cellule malate che a loro volta daranno origini a popolazioni cellulari patologiche.
La natura, tuttavia, ci ha provvisti della capacità di correggere gli errori di trascrizione.
I nostri cosiddetti correttori di bozze, veri e propri editor, se mi si passa l’espressione mutuata dal campo letterario.
Le RNA polimerasi sono in grado di correggere gli errori.
Questo enzima incredibile si accorge della trascrizione anomala ed è in grado di eliminare il prodotto difettoso e di sostituirlo.»
Fermò l’esposizione e attese che l’interprete terminasse di tradurre i suoi ragionamenti in quella lingua così diversa da quella con la quale si era espresso.
Le ultime parole del traduttore uscirono dalla finestra che sovrastava la grande aula gremita, perdendosi nel silenzio generale.
Abbozzò un sorriso, bevve un sorso d’acqua, si riavvicinò al microfono e riprese.
«Come dicevo, quando gli errori commessi sono in numero molto elevato, può capitare che il testo non risulti più comprensibile; e il correttore di bozze, l’RNA polimerasi, ne risulti disorientato.
Esso non è più in grado di esercitare un’efficace azione di ripulitura.
La conseguenza è che le proteine difettose non vengono distrutte e danno origine a cellule anomale in grado di auto replicarsi e proliferare.
Sempre in sintonia con l’analogia della lingua, si potrebbe azzardare che si genera un linguaggio incomprensibile, una serie di informazioni disorganizzate e prive di significato finalistico che l’organismo non è più in grado di intendere.
Il punto saliente della ricerca, cui ho dedicato 20 anni della mia vita, è rivolto allo studio e alla comprensione dei meccanismi con cui il relitto virale inerte viene resuscitato, se così si può dire, e attirato, dalla spazzatura dove era stato riposto, verso la parte codificante del DNA.
Sono stato sempre convinto che la porzione inerte del DNA che rappresenta il 98.5% dell’intera struttura a doppia elica, se si considera ogni sequenza di DNA non soggetta a trascrizione, oppure il 72,5% se si escludono i retrotrasposoni, tanto inerte non sia e che funzioni anche molto importanti e complesse avvengano al suo interno.
Funzioni che prevedono, fra l’altro, attività di conversione e riciclaggio di rifiuti macromolecolari proteici, indispensabili al mantenimento dell’equilibrio e dell’omeostasi fra le varie strutture della doppia elica.
Se avviene che in questo vero e proprio termovalorizzatore biologico si riversino sostanze che non possono essere riconvertite, come ad esempio un virus attivo, o anche più semplicemente singoli antigeni biologicamente non inerti, si può verificare una migrazione con interferenze nel processo di trascrizione del DNA codificante.
Debbo riferirvi che la modalità di questa migrazione e la natura delle sostanze che ne condizionano il trasferimento non può essere enunciato in questa sede in quanto parte integrante della mia ricerca, coperta dal segreto di Scuola.
Spero comunque di non avervi annoiato e di aver illustrato in maniera efficacia una delle possibili vie patogenetiche che sta alla base dell’insorgenza delle neoplasie.»
Mentre l’interprete finiva di tradurre, ripensò a quel dettato di quarta ginnasio.
Da allora, e fino a quel momento, la strada percorsa per la comprensione di quella strana lingua, universalmente usata, era stata molto modesta.
L’applauso scrosciante della platea coprì queste ultime riflessioni.
Prese allora la parola il chairman.
Con un eloquio di dentali arrotolate, di labiali gargarizzate e di borborigmi palatini, tra l’ovazione generale, dichiarò, con enfasi, che ora sarebbe stato facile per tutti comprendere i motivi per i quali l’autore della preziosa ricerca fosse stato proposto per il premio Nobel per la medicina.
Egli annuì con un sorriso.
Aveva simulato di aver compreso il significato di quelle parole.
Ma era solamente per il fatto che erano state precedentemente concordate.

La lingua universale è un racconto di Alessandro Grignaffini

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