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GIORGIA SPADAVECCHIA
UN BATUFFOLO PROFUMATO
Eccomi lì, seduta sulla
sedia del salotto a leggere Le intriganti
storie di Tom, il mio fumetto
preferito, dove il protagonista,
goffo ma intelligente, deve riuscire a sconfiggere le sue paure più segrete.
Mi piace Tom perché gli
capitano tutte quelle cose che non dovrebbero capitare a un tipo come lui, …come
succede a tutti noi.
Mentre ero immersa
nella lettura, fui però disturbata dal persistente suonare alla porta dei miei
vicini e dai cerimoniosi saluti e auguri che le persone porgevano loro.
Stava per iniziare la
festa più grande del mondo?
Ero troppo curiosa.
E così, anche se non lo
faccio mai, lasciai il capitolo a metà, Tom mi perdoni, e corsi dalla mamma per
chiederle il motivo di tutto quel trambusto.
Appena entrai nella sua
camera, la trovai intenta a vestirsi in modo rapido ma accurato; e per un
momento mi dimenticai persino del perché mi trovassi lì.
Sarebbe dovuta andare
per poco tempo dai vicini perché avevano avuto una nascita in famiglia.
Ora mi era tutto chiaro.
Le chiesi subito se avessi
potuto accompagnarla a vedere il bambino e lei, senza esitare, mi rispose con
un secco sì.
Dopo poco uscimmo di
casa e, mentre attraversavamo il pianerottolo, cominciai a immaginare la
faccina morbida e paffuta del piccolo bambino che, da quelle poche informazioni
ricavate dalle parole di mamma, sarebbe stato un bel maschietto di 4 chili.
Suonammo il campanello
della porta e, dopo pochi istanti, venne ad aprirci il signor Doreti tutto ben
vestito e profumato di dozzinale dopobarba.
Ci fece entrare.
La casa sembrava un formicaio pieno di persone, tra le quali a malapena riuscivo a vedere il piccolo batuffolo in braccio alla signora Doreti che sorrideva a tutti con cortesia ma che, si intuiva, avrebbe voluto essere a chilometri di distanza.
La casa sembrava un formicaio pieno di persone, tra le quali a malapena riuscivo a vedere il piccolo batuffolo in braccio alla signora Doreti che sorrideva a tutti con cortesia ma che, si intuiva, avrebbe voluto essere a chilometri di distanza.
Mamma si mise a
familiarizzare con quelle persone da lei conosciute dicendo tutte quelle cose
che si dicono quando nasce un bambino non ricordandosi di quando erano nati i propri,
mentre io tentavo disperatamente di raggiungere il centro della sala.
Dopo fatiche e spintoni
profusi per cercare una via per vedere il neonato, decisi di tornare da mamma.
Passò un sacco di tempo
prima che la casa si svuotasse quasi del tutto; pensai anche di tornarmene in
camera mia per continuare a leggere il fumetto ma, proprio mentre stavo per
abbandonare la trincea, ci venne incontro la signora Doreti che spingeva una
culla con un fiocco azzurro.
Il bambino si chiamava
Edoardo, bruno e con gli occhi neri come la notte. Sarei rimasta in eterno a
guardarlo ma, dopo pochi secondi, la mia estasi fu interrotta dalla Doreti che,
con mia sorpresa, mi chiese di prenderlo in braccio. Non ebbi neanche il tempo
di rispondere che mia madre mi aveva già posizionato il fagottino tra le mani.
Non posso descrivere la
sensazione che provai, so solo che mi fece stare bene e sentire grande.
Mi trovavo tra le
braccia un piccolo cucciolotto tutto caldo, morbido e con le guance rosate.
Aveva anche uno strano odore, profumava di qualcosa che avevo già sentito ma
non capivo cosa: pomata, talco, latte andato a male?
Il silenzio e la pace
che nella mia mente si erano creati furono rotti dallo squillare del cellulare
di mamma. Era papà, che stava tornando con il mio fratellino dalla lezione di calcio. Dovevamo tornare a casa per preparare la cena!
Un batuffolo tutto profumato
è un racconto di Giorgia Spadavecchia
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