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CLAUDIO BALBONI
RACCONTI STRANI
‹‹Chissà chi è il vero protagonista di
questa storia: la ricercatrice Manuela o l’errore che la stessa fanciulla ha
commesso?›› si chiede il preside della Facoltà di Scienze e Tecnologie per la
Natura, rileggendo ancora una volta il rapporto della missione.
Questi i fatti riportati nel documento.
Era una tipica giornata equatoriale di agosto.
La nave oceanografica Atlantic era all’ancora a circa 15 NM dall’isola di
Mayotte dell’arcipelago delle Comore a 12°53’42” di Latitudine Sud e 45°58’53”
di Longitudine Est.
La Atlantic è una imbarcazione in dotazione del CNR che effettua studi avanzati
nel settore della pesca scientifica, della biologia marina e dell'ambiente
marino in genere.
Con una lunghezza di 45 metri è in grado di ospitare sino a 12 membri di equipaggio
e 20 ricercatori ed è equipaggiata con tutte le più sofisticate dotazioni
scientifiche e di plancia.
Cinque mesi fa stava svolgendo una missione per conto della Università degli
Studi “La Sapienza” di Roma, Area Didattica delle Scienze e Tecnologie per la
Natura, l'Ambiente e il Territorio.
L’area di ricerca era stata scelta nella parte settentrionale del Canale di
Mozambico.
A bordo, oltre allo staff istituzionale degli addetti alla navigazione e al
gruppo dei ricercatori e dei tecnici abituali, c’erano tre ragazzi e una
ragazza che stavano ultimando il Corso di Laurea Magistrale in Scienze del Mare
e del Paesaggio Naturale.
Il loro percorso di formazione mirava a fare acquisire loro competenze per
effettuare e gestire studi sul riconoscimento, la catalogazione e la
rappresentazione cartografica della distribuzione di morfotipi e di comunità
animali e vegetali in ambiti marini e terrestri; a possedere gli strumenti
necessari per l’analisi delle variazioni delle popolazioni animali e vegetali
in tali ambienti, in funzione di cause di origine naturale o antropica; a
potersi proporre come collaboratori per la parte naturalistica nella
realizzazione di piani di gestione dell’ambiente naturale e di documenti di
pianificazione territoriale.
È un percorso, di eccellenza, per creare specialisti in grado di svolgere
attività nella ricerca naturalistica, compiti operativi nella gestione e
conservazione delle aree protette e della biodiversità, sia in ambiente marino
che nel paesaggio naturale, applicando tecniche idonee alla manipolazione e
conservazione dei campioni biologici, alla collocazione delle collezioni
geomineralogiche, paleontologiche e biologiche ed al loro incremento nonché al
rilevamento dei dati associati ai campioni.
I quattro ragazzi erano stati scelti in attuazione di una borsa di studio
particolare: una crociera premio estiva della durata di tre mesi a bordo della
Atlantic per effettuare una ricerca sperimentale pratica sulla vita dei delfini
in genere, sui loro comportamenti, sull’individuazione delle eventuali rotte,
nei loro percorsi e spostamenti, verso zone ad alto traffico marittimo.
Agli studenti era permesso di mettere in pratica le conoscenze già acquisite
con le più aggiornate tecnologie.
Per questo, erano catturati alcuni esemplari maschi ai quali era applicato un
particolare emettitore di segnali riconosciuti dai radar. Agli splendidi
mammiferi era pure attaccata un segnalatore visivo: una specie di bandierina di
colore giallo sulla pinna dorsale.
A bordo della Atlantic, durante quella crociera studio, Manuela era l’unica
presenza femminile a bordo. Ragazza dalle forme armoniose, con splenditi
capelli neri e grandi occhi verdi, dal carattere dolce e accondiscendente, era
coccolata da tutti. Su tutta la nave regnava nei suoi confronti un senso di
protezione, anche tra gli altri tre studenti maschi.
Era la più preparata ed innamorata dell’ambiente marino. Già da bambina
attrezzata con maschere, snorkel e pinne, passava ore in acqua tra la
costernazione della mamma.
Da adolescente era già in possesso di vari gradi di brevetti da sub.
Ma, per quel senso di protezione che si era stabilito a bordo, e per la sua
personalità consenziente, nell’ambito della ricerca era stata incaricata di un
“compito facile”, come lo avevano catalogato gli “anziani ricercatori” del
gruppo ridendo, subito imitati dagli altri studenti maschi.
Si trattava di individuare il sistema di comunicazione dei delfini e tentare di
interpretare il significato dei vari suoni prodotti, e richiami emessi dai
singoli individui. Era chiaramente un incarico quasi simbolico considerate le
difficoltà di costruire apparecchiature e programmi idonei allo scopo
La fanciulla non si era lamentata del compito assegnatole. Ben conscia della
quasi impossibilità di ottenere un qualche risultato concreto, si era subito
impegnata di buon grado e con determinazione; e si era messa a lavorare,
convinta, con cuffie e ricevitori di onde radio.
Quel pomeriggio, i due tecnici che condividevano con lei la sala dei computer,
l’avevano vista alzarsi improvvisamente dal tavolo, togliersi e gettare le
cuffie di ascolto, sbiancare in volto e balbettare delle parole del tipo:
‹‹Devo dire una cosa molto importante!››
I due si erano precipitati a sorreggerla poiché avevano capito che la ragazza
stava per cadere svenuta.
Appena in tempo.
L’avevano presa al volo e adagiata su tavolo della saletta.
Bartholomeus è un racconto di Claudio Balboni
facente parte della raccolta Racconti strani
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