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REMO RUDI
CAPANNA DOSDÈ
Il
padre
della
pace interiore
è il
silenzio,
la
madre
è la
solitudine
(G.Savonarola)
12 aprile 1970, ore 21
Dopo
cena, come d’abitudine, Marco si versa un sorso di amaro ‘Braulio’: nell’aria
si sprigiona un intenso, aromatico profumo d’erbe alpine.
Si accomoda
sul divano ed esamina rilassato la corrispondenza prelevata dalla cassetta
della posta al rientro dal lavoro.
Apre
alcune buste con l’intestazione della banca e ne controlla rapidamente il
contenuto. Dà uno sguardo distratto a qualche dépliant pubblicitario e infine
sfoglia con attenzione un paio di riviste.
Una
di queste è il numero di aprile de ‘Lo Scarpone’, il mensile di alpinismo edito
dalla sezione milanese del Club Alpino Italiano. Sull’ultima pagina, un
riquadro ben evidenziato attira la sua attenzione. Il testo dice:
“Cercasi
un custode cui affidare la gestione della Capanna-rifugio situata al Passo
Dosdè (m 2824) in Alta Valtellina. Periodo di apertura: dal 15 giugno al 15
settembre 1970.
Non
sono richieste particolari competenze salvo l’amore per la montagna e la
capacità di dare assistenza agli alpinisti di passaggio.
Si
invitano gli interessati a presentare domanda scritta alla Sezione Valtellinese
del CAI di Sondrio entro e non oltre la fine del prossimo mese di maggio. La
domanda dovrà essere corredata da un breve curriculum sull’attività alpinistica
svolta dal richiedente. Si prevede un adeguato compenso.
Sondrio,
2 aprile 1970”
Marco
ripone la rivista, si avvicina al televisore, preme distratto il tasto di
accensione senza riuscire, tuttavia, a togliersi dalla mente il contenuto di
quell’avviso.
Si
sorprende per un attimo assorto, con gli occhi sbarrati quasi a trattenere un
pensiero appena affiorato nella mente ma persistente, come fosse sorto proprio
nel momento più opportuno per essere attentamente valutato.
Mormora
fra sé:
“Però...
non sarebbe una brutta idea passare tre mesi da solo fra le montagne! Tre mesi
di assoluta tranquillità fuori da questa monotona vita di casa e di lavoro… Potrebbe
essere anche quello che mi ci vuole per farmi superare lo stato di disagio e di
sofferenza in cui sono caduto dopo che Elisa mi ha abbandonato… senza neppure una
spiegazione.”
Sul
televisore intanto scorrono le immagini del telegiornale.
Marco
non vede, chiude gli occhi preso da un moto di rabbia improvvisa. Esclama ad
alta voce:
“Porca
miseria… Elisa se n’è andata senza una parola di saluto come fossi una persona
qualsiasi, un estraneo! Sparita, sparita nel nulla!... Questa è proprio una
mascalzonata!”
1.
Marco
Picozzi è un cinquantenne alto di statura, ben piantato con una muscolatura da
atleta.
La
sua passione per l’alpinismo e per lo sci, coltivata sin dagli anni
dell’adolescenza, ha contribuito a mantenergli un aspetto giovanile nonostante
l’avanzare degli anni. I capelli castano scuro e qualche filo d’argento
ravvivano il fascino di un viso regolare con qualche ruga d’espressione, sempre
gradevolmente abbronzato. Dietro gli occhiali con lenti e montatura leggera si
notano due occhi nocciola chiaro con uno sguardo vivo e attento di persona
sveglia, intelligente.
Lavora
come dirigente amministrativo presso un’azienda chimica e con orgoglio sente di
aver raggiunto il traguardo professionale che si era prefisso, al punto da
permettersi una vita agiata e serena.
Abita
a Varese in Via Dandolo. Per periodi più a meno lunghi secondo l’estro e lo
stato d’animo del momento, ha avuto un’intensa relazione con Elisa, una
relazione che si è trasformata da una decina d’anni in una tranquilla
convivenza.
Da
qualche settimana, tuttavia, la sua serenità e il suo quieto vivere sono stati
gravemente compromessi da un evento che proprio non si aspettava: Elisa
improvvisamente l’ha lasciato, senza alcun preavviso.
2.
Una
sera, tornando dal lavoro, Marco notò sul tavolo del soggiorno un cartoncino su
cui era tracciata una laconica scritta:
“Ti
lascio perché sono annoiata e infelice... non sto più bene con te. Spiegherò
tutto quando e se ci rivedremo... addio!
Elisa.”
Rilesse
inebetito più volte il messaggio che teneva fra le mani e di colpo fu travolto
da un senso di profondo disagio.
Sentì
montare dentro di sé uno stato di acuto malessere causato soprattutto dal fatto
di sentirsi abbandonato dalla persona a lui più cara, la donna della sua vita.
Piantato in asso senza neppure una spiegazione che motivasse un simile
comportamento. Nessun importante segno premonitore gli aveva fatto intravedere
una svolta così brutale nel normale ritmo della sua esistenza.
Gli sembrava
anche assurdo non avere la possibilità di chiarire subito con Elisa quanto
stava accadendo, scambiare con lei almeno due parole per tentare di capire i
reali motivi di una decisione così risolutiva.
Doveva
prendere atto che quest’abbandono, tanto imprevisto e improvviso, l’aveva
colpito come un fulmine a ciel sereno, sbriciolando di colpo il tranquillo ménage
quotidiano di una relazione amorosa che credeva solida, destinata a durare
tutta la vita.
Al
momento Marco rimase stordito, quasi incredulo, ma col passare delle ore
sentiva montare un’angoscia mortale, un disagio insostenibile che lo faceva
veramente soffrire. Si sentiva oppresso da una sofferenza sorda, un dolore che
gli pesava sul cuore come un macigno.
Cercò
subito di rintracciare Elisa ma ogni suo tentativo cadde nel vuoto: nessuno
aveva più visto la donna e neppure aveva notizie di dove fosse finita.
Marco
per settimane non si diede pace: tentò in tutti i modi di scoprire dove Elisa
fosse finita e continuava ad arrovellarsi il cervello per ricordare se involontariamente
avesse commesso qualche sbaglio, qualche passo falso, qualche grave
disattenzione tali da influire tanto negativamente sul suo rapporto con Elisa.
Continuava
comunque a ripetersi che essere stato abbandonato così, sui due piedi, senza la
ben che minima spiegazione, era un colpo doloroso e crudele, una vera
vigliaccata!
Lui
ed Elisa si erano innamorati giovanissimi, avevano subito trovato un’intesa
invidiabile tanto che la decisione di vivere assieme era sbocciata come un fatto
normale, scontato, inevitabile fra due giovani che si volevano bene. La loro
vita affettiva e sessuale era stata, soprattutto nei primi anni, molto vivace e
gratificante in tutti i sensi. La loro intimità era spontanea e fluiva senza
intoppi con manifestazioni di affetto sempre più teneri e coinvolgenti.
Avevano
convenuto di non avere figli, anche se questa decisione non trovava la completa
approvazione di Elisa.
Su
questo punto, infatti, Marco incominciò a chiedersi se tale decisione non avesse
causato un impatto negativo sull’equilibrio della loro unione. Probabilmente
Elisa aveva un forte desiderio di maternità e il fatto di non poterlo
soddisfare le procurava un’insoddisfazione che teneva nascosta ma che minava
lentamente la sua serenità.
Tuttavia,
non aveva mai dato a vedere di essere dispiaciuta più di tanto da questa
scelta, tanto più che Marco le offriva un tenore di vita agiato, ricco di
eventi piacevoli. Molto del loro tempo libero era dedicato alle escursioni in
montagna nella bella stagione e a bellissime giornate sugli sci in
inverno. Inoltre, non erano mancati
viaggi in terre esotiche, viaggi che Elisa apprezzava molto e che spesso
sollecitava per spezzare gli inverni più rigidi o le estati più torride. Ma
l’analisi meticolosa e spietata cui Marco stava sottoponendo la sua vita
passata per capire i motivi che avrebbero indotto Elisa ad abbandonarlo, non
metteva sufficientemente in evidenza alcuni aspetti negativi del suo
comportamento, aspetti a cui non aveva dato grande importanza ma che ora
affioravano nella sua mente come difetti evidenti e, forse per Elisa,
inaccettabili.
Ad
esempio, da quando era diventato dirigente Marco era troppo assorbito dal
lavoro e tendeva a trascurare Elisa diradando i momenti di intimità e le piacevoli
evasioni che di solito si concedevano assieme durante i fine settimana: dopo
cinque o sei dure giornate in ufficio, Marco preferiva trascorrere i giorni di
riposo fra le pareti domestiche, in pa tofole,
Non
faceva certo mancare a Elisa il benessere di una vita senza problemi economici,
ma privava la ragazza di quelle evasioni e tenere attenzioni che per anni
avevano reso piacevole la loro vita di coppia. Spesso la donna gli rinfacciava
di ascoltarla poco e in modo distratto, di non avere più con lei la solita
confidenza e spontaneità nel trattare i piccoli problemi quotidiani, di aver
diradato e di non favorire i loro incontri d’amore con quella passione e
frequenza che tanto avevano allietato i loro primi anni di convivenza. Anzi,
ora che ci pensava con attenzione, Marco non aveva neppure dato importanza al
fatto che Elisa gli avesse parlato di un giovane ammiratore, un comune amico
che da tempo la stava circondando di eccessive attenzioni.
Elisa,
infatti, anche se non giovanissima, era una bellissima donna. Aveva un viso
grazioso e una figura molto piacevole. Oltre a tutto, possedeva un’evidente
carica di femminilità ed era difficile resistere al suo fascino quando si aveva
l’occasione di frequentarla con una certa assiduità.
Marco
ricordava anche che negli ultimi tempi Elisa appariva distratta, assente,
parlava poco e non si lasciava coinvolgere con la consueta partecipazione nelle
vicende della loro vita.
Alla
fine di tante considerazioni, Marco giunse alla conclusione che le ragioni di
quell’improvviso abbandono potevano essere essenzialmente due: primo, Elisa si
sentiva molto trascurata; secondo, Elisa si era innamorata di un altro uomo.
Probabilmente
il secondo motivo era una conseguenza del primo, ma era il più importante, forse
quello decisivo.
Capanna dosdè è un romanzo di Remo Rudi
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