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CLAUDIO
BALBONI
RACCONTI STRANI
( 6 - L’AURORA)
( 6 - L’AURORA)
Questa mattina lo scrosciare
delle acque dell’Adige non la fa da padrone.
La scena la comandano i
cinque giovani partigiani della brigata Montecchio.
Stanno nascosti sulla
riva del fiume e aspettano l’arrivo di un gruppo di autocarri della Repubblica
Sociale Italiana che, partiti da Vicenza, devono portare il loro carico fino a
Peschiera.
Sono tutti giovani, si
conoscono bene e si sentono molto uniti dall’uso dello stesso dialetto.
Frank (il vero nome è
Francesco) viene da Schio ed è il capo del gruppo, quello che ha più esperienza;
due sono di Vicenza; uno di Padova; e poi c’è Ronny di Verona.
Proprio quest’ultimo è quello
da tenere d’occhio, è il più giovane, il più impulsivo, ed è quello che più
facilmente potrebbe cacciarsi nei guai.
Quante volte s’è
sentito Frank dire:
«Ronny,
sta giù! Sta giù con la testa che te vedono!»
Ma non è facile farsi
ascoltare quando uno è così agitato.
I partigiani sono in
attesa da due ore, sdraiati sull’ erba.
Sono armati con i mitra
inglesi.
Hanno ricevuto una “soffiata”
sul trasporto che sta per arrivare.
Se l’informazione è
giusta si tratta di tre autocarri senza scorta armata, quindi potrebbe essere
una cosa facile da risolvere.
Se la soffiata è falsa,
qualcuno potrebbe lasciarci la pelle e non arrivare a Pasqua.
I cinque ragazzi si
sono messi presso la curva del fiume, dove la strada fa una svolta stretta.
Subito dopo la curva,
hanno buttato dei tronchi d’albero. Gli autocarri dovranno fermarsi per forza,
non c’ è modo di proseguire.
Adesso li vedono
arrivare: sono tre.
Non sembra che ci siano
vetture o sidecar di scorta.
La soffiata appare
buona.
Frank ha già detto di
tirare tutti su quello che sta davanti.
Adesso i partigiani
tacciono.
I tre mezzi sono vicini.
Non portano nessuna
insegna o bandiera.
Come hanno previsto, il
primo autocarro, arrivato in curva, frena bruscamente per non andare a sbattere
contro lo sbarramento.
La colonna si arresta.
Ecco che partono le
raffiche di mitra.
Chi è a bordo dei mezzi
salta giù e scappa nel bosco dalla parte opposta agli spari.
Sono tutte ausiliarie
della RSI. Non hanno altra possibilità se non quella di scappare. Non sono
armate e se fossero catturate potrebbero andare incontro ad un brutto
trattamento.
I giovani partigiani esultano
per la vittoria, corrono verso gli autocarri, abbattono la sponda posteriore
dei mezzi e saltano sui pianali.
Già lo sanno che non c’
è materiale importante. Ci sono solo attrezzi da cucina e vestiario.
E allora quella che
poteva essere una missione a rischio si trasforma in una sagra di paese.
I ragazzi cominciano a
buttare giù tutto quello che trovano: pentole, piatti, berretti, urlando è
imprecando contro l’avversario.
Quello di Padova spara
per aria come se fosse alla festa del Patrono.
A Ronny, quello di
Verona, tocca il camioncino di coda, il più piccolo, ma anche su questo ci sono
parecchi sacchi.
Ha già buttato sulla
strada un carico di scarpe ed ora, urlando divertito, ha afferrato un altro sacco
che sembra pieno di camicie.
«Vai in mona te e chi
te porta!>> esclama furente.
Comincia a trascinarlo verso
il bordo; ma … fa un salto indietro dalla sorpresa: dietro al sacco c’ è
qualche cosa che non si aspettava di trovare.
Inginocchiata sul
tavolato dell’autocarro c’è una ausiliaria che tiene con il braccio diritto una
baionetta puntata contro di lui.
Il partigiano afferra
il mitra che gli penzola dalla spalla e lo punta contro l’avversario.
Nessuno dei due parla.
Lei è molto giovane; ma
sembra determinata, non abbassa il braccio.
Lui potrebbe sparare, è
in vantaggio; … allora si avvicina per capire meglio.
«Ahhh, se’ ti!» esclama
«Sì, son mi!»
Il giovane partigiano
molla la presa del mitra e si inginocchia sul tavolato. Si mette proprio di
fronte a lei.
Facendo così la punta
dello Sten picchia contro il legno. Ormai l’arma è fuori bersaglio. Il suo viso,
però, è arrivato di fianco alla baionetta che lei tiene ancora decisamente
puntata in avanti.
La ragazza potrebbe
ferirlo.
….
Non hanno paura.
«T’ho vista a San Zeno,
alla Messa di Natal; eri con la to famiglia!» esclama il giovane.
«T’ho vista anca mi; eri
con quel to cugino!» risponde la
fanciulla <<Mi vo far del mal?»
«Chi son mi da far del
mal a l’Aurora» replica il ragazzo.
Così dicendo, avvicina
ancora di più il suo viso a quello della ragazza.
Adesso anche la
baionetta non è più a bersaglio.
Fuori sta succedendo
qualche cosa di strano: le ausiliarie stanno ritornando verso l’ultimo
autocarro; sono determinate; quella che appare essere la più grande sta
piangendo.
Adesso, questa batte
con le mani le sponde del mezzo.
«July, non far così!» le dice una giovane del gruppo sopraggiunto.
L’altra non risponde.
«July, vien via da lì!»
ripete la giovane di prima.
Ma July non risponde.
«Giulietta, vien via! Che
li te mori!» aggiunge di nuovo
preoccupata la ragazza.
La donna non proferisce
risposta. Ha l’espressione del viso assente.
I giovani partigiani che
stanno sugli altri mezzi sono sorpresi e imbarazzati.
«Ronny!>> chiama
il capo dei partigiani.
Ma nemmeno Ronny risponde.
«Ronny, vien via da lì!»
ordina il capo con voce autoritaria.
Tutto è silenzio….
«Romeo, vien via da lì!
Che te va a finir mal!» replica il capo
imperioso.
Ancora silenzio….
Solo il fiume fa
sentire il rumore del suo scorrere.
Le acque dell’Adige
hanno ripreso il sopravvento.
Come un caporione
vogliono comandare sopra ogni altro avvenimento.
A loro non interessa
cosa sta succedendo o cosa succederà.
Sono cose degli uomini.
Uomini che un momento
urlano e, il momento dopo, ... non hanno più niente da dire!
L'aurora è un racconto di Claudio Balboni
facente parte della raccolta intitolati Racconti strani
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