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Quell’anno l’autunno era arrivato in
anticipo; dopo un agosto piovoso era sopraggiunto un settembre grigio e freddo.
Grosse nuvole s’addensavano spesso nel cielo, dando quasi l’impressione che la
natura presagisse il disagio in cui si trovava l’economia italiana e mondiale
di quel tempo.
Diverse
industrie attraversavano momenti difficili, nell’aria soffiava un vento di
crisi e anche la piccola ditta di elettrodomestici nel veronese, in cui
lavorava Marco Sandrini, versava in serie difficoltà finanziarie.
Marco,
un operaio quarantenne, era stato assunto in fabbrica alcuni anni addietro. Si
era allora sposato e, pur con qualche sacrificio economico, aveva trascorso un
periodo di serenità; ma, quell’anno, alla ripresa del lavoro, dopo il periodo
di ferie, aveva ricevuto la sgradita comunicazione del suo licenziamento che
era stata da lui accolta con la morte nel cuore, con la stessa intensità, ma in
modo negativo, con cui qualche giorno prima, la nascita del suo secondo figlio
l’aveva riempito di gioia.
Stava
adesso rientrando a casa, dopo la sgradevole notizia, con mille pensieri che
gli affollavano la mente, rimuginando i problemi che la disoccupazione gli
avrebbe causato.
Il
suo datore di lavoro gli aveva promesso che l’avrebbe riassunto non appena la
situazione fosse migliorata, ma chissà per quanto tempo ancora doveva durare la
crisi.
Erano
tali e tante le idee che gli passavano per la testa che non si accorse nemmeno
di essere arrivato a casa.
«Che
cosa è successo?» domandò Laura, sua moglie, non appena lo vide arrivare.
«Nulla!»
rispose Marco.
«Non
è possibile!» disse Laura. «Ti conosco troppo bene, per non capire che è
successo qualcosa.»
Marco
cercava di dissimulare, ma alla fine dovette arrendersi all’evidente
espressione d’avvilimento che manifestava il suo volto.
«Sono
stato licenziato» mormorò. «Ma vedrai, appena passerà questo brutto periodo,
sarò riassunto. Il titolare me l’ha assicurato.»
«Non
ne dubito» replicò Laura, consapevole dello stato d’animo del marito e nel
tentativo di confortarlo.
Erano
trascorsi due mesi da quel brutto giorno durante i quali i giovani sposi,
avevano dovuto fare affidamento solo sull’indennità di disoccupazione e sui
piccoli risparmi messi da parte, ma la vita imponeva ben altre esigenze: i
bambini avevano i loro bisogni, il mutuo della casa e le ultime rate del
relativo arredamento dovevano essere pagate.
Le
loro poche risorse stavano rapidamente esaurendosi e Marco stava ormai
raggiungendo la soglia della disperazione.
Nei
due mesi successivi al licenziamento, era andato continuamente in cerca di
lavoro, senza esito alcuno e aspettava ogni giorno con ansia l’arrivo della
posta, nella speranza di una buona notizia, ma inutilmente. Sembrava vivesse un
brutto sogno.
«Ho
un’idea!» bisbigliò Laura, una domenica mattino nei primi giorni di novembre,
mentre i bambini dormivano e loro stavano ancora a letto, discutendo il da
farsi.
«Dimmi!»
disse Marco speranzoso.
«Non
so se è una buona idea» aggiunse Laura. «Ma penso che allo stato dei fatti, è
l’unica soluzione… Perché non chiedi un prestito all’ingegnere Alvaro?»
«All’ingegnere
Alvaro?» chiese Marco.
«Sì,
al padrone della villa in cui lavoravi come giardiniere prima di entrare in
fabbrica.»
«Forse
hai ragione, lui fa dei prestiti, ma ho sentito dire che pratica tassi molto
alti» rispose, perplesso, Marco.
«Proviamo!»
esclamò la donna. «Del resto i debiti dobbiamo pagarli e… poi, può darsi che ti
richiamino… Vedrai ce la faremo!»
Il
pover’uomo accettò malvolentieri l’idea della moglie, pur essendo convinto che
aveva ragione.
Il
giorno dopo si avviò in motoretta, fuori città, là, dove per tanto tempo, aveva
lavorato con l’entusiasmo della gioventù e l’amore per le piante.
Arrivò
nella tarda mattinata all’ingresso della villa in una giornata incerta in cui
il sole faceva capolino, di tanto in tanto, fra le nuvole allorché erano
sospinte dal vento.
Parcheggiò la moto e si guardò intorno con nostalgia ed ammirazione per le bellezze della natura.
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