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DEBORAH DE LUCA
L’ETERNO VIAGGIO
Camminavo sulla riva incantata
di un malinconico mare d’inverno, le onde accarezzavano i miei piedi nudi, che
venivano sporcati dalla polvere di bronzo della spiaggia solitaria, l’acqua
gelida faceva tremare la mia anima ed il suono lontano dei gabbiani rimbombava
in quel pallido cielo, dove grigie nuvole capricciose si facevano trasportare
faticosamente dal vento.
Notai due sassi neri, distesi
sulla sabbia, uno accanto all’altro, talmente vicini da sembrare un unico
sasso.
La natura mi mostrò ancora una
volta la sua meravigliosa capacità di creare fragili metà di un’indissolubile
essenza, concedendo loro di ricongiungersi in un frammento di tempo, di
rispecchiarsi per un solo istante.
Un istante che ti resta
addosso per tutta la vita.
Tremai e l’onda travolse i due
sassi portandoli negli abissi con sé e lasciando rifiorire in me la tenera
immagine di lui, il disperato bisogno dei suoi occhi, che per ora potevo
ricordare solo tra le sfumature del verde del mare e la bellezza della nostra
immortale storia, che avrei scritto sulla sabbia se il mare non l’avesse
cancellata anche da lì.
Lui si posò nella mia vita
come delicata rugiada che ti sorprende a Primavera rinfrescando l’anima, come
il sole che si fa spazio tra le nuvole per tornare a splendere dopo un temporale,
dipingendo di luce il cielo con i colori dell’arcobaleno.
Il suo animo aveva ascoltato
il rumoroso silenzio della mia inquietudine, aveva percepito che ero stata
privata della mia ancella prediletta: la scrittura.
Egli non apparteneva a questo
tempo, la sua anima era antica ed il suo sguardo racchiudeva una bellezza
d’altri tempi. Egli era un artista: un profeta visionario di realtà ignote,
prigioniero di un’epoca stretta, viaggiatore di spazi e tempi indefiniti, con i
piedi sulla terra ma con i pensieri tra le stelle.
Gli artisti sono coloro che
rendono fiumi di note melodia, esplosioni di colore immortalità, cascate
d’inchiostro vita. Gli artisti sono coloro che sono condannati e benedetti,
hanno l’anima più sottile per farsi attraversare ogni volta dal delicato tocco
dell’arte.
Egli mi raccolse dalla sabbia
del deserto in cui ero perduta e con i suoi dipinti mi raccontò la più bella
delle storie che io avessi mai potuto udire.
Fu quello l’attimo in cui
scoprimmo che le nostre anime erano padrone dello stesso mondo, che eravamo
viandanti dello stesso viaggio. Un viaggio iniziato da tantissimi secoli, un
viaggio che aveva superato ogni spazio ed ogni tempo per raggiungere sempre il
medesimo obiettivo: ritrovarci.
Io ero la sua musa, la sua
scrittrice, la sua Venere e lui il mio artista, creatore di forme e colori, che
erano per me dolce ispirazione sparsa sul foglio ed amalgamata dalla mia penna
fino a formare uno splendido caos di parole. Lui dipingeva il racconto, che io
scrivevo, del nostro interminabile viaggio. La sua arte e la mia scrittura si
congiungevano in una splendida armonia, così come facevano le nostre anime.
Viaggiammo tra boschi
incantanti, cascate di dolce acqua dove ristoravamo i nostri sensi, foreste
misteriose ed antiche dimore dove trascorrevamo la notte per poi incamminarci
nuovamente verso l’orizzonte, sempre in compagnia di interminabili albe e
tramonti. Entrambi con un’insaziabile sete d’arte, nutrendoci l’uno con l’altro
dei nostri ingegni creativi, abbandonandoci al surrealismo, trasportati da un
vortice travolgente ed interminabile che cancellava ogni passato e donava forma
ad un fantasioso presente.
Eravamo anime bagnate dalla
dolce goccia d’ispirazione dell’arte, in bilico tra sensazioni e fantasie.
Talmente amalgamati da sentire l’uno le sensazioni e le emozioni dell’altro.
Una tenera empatia, la nostra
fusione, la nostra metamorfosi cresceva di giorno in giorno durante il nostro
viaggio. La Natura stessa ci aveva forgiati e legati, ma eravamo comunque
liberi nella nostra unione.
Alle nostre anime piaceva la
notte, il delicato silenzio, la profonda oscurità frastagliata dalla sottile
luce velata della bella luna, ciò ci permetteva di viaggiare indietro nel
tempo, nei luoghi e nelle epoche che avevamo vissuto, oltrepassando ogni
dimensione con il semplice dono dell’immaginazione.
Nella magia delle tenebre
riportavamo alla luce il nostro incontro nell’antica Roma, in cui egli era un
valoroso gladiatore ed io una giovane sacerdotessa, entrambi costretti ad una
vita legata ai nostri giuramenti, ma grazie al favore degli Dei riuscimmo a
slegarci dalle nostre prigionie.
Riprovavamo le sensazioni del
lontano 1400, quando egli nelle vesti di un insigne artista rinascimentale
aveva dipinto me, la sua Venere dalle gote rosse e dai lunghi capelli lisci che
mi coprivano le spalle. Sentivamo nuovamente il suo ardore mentre egli tracciava
su tela ogni mia curva, mentre io arrossivo per l’imbarazzo di posare nella mia
natura più vera e primordiale ed anche per l’onore di essere il frutto della
sua creazione, mentre egli mi lasciava immortale in uno dei dipinti più
celeberrimi della storia dell’arte.
Riaffiorava il ricordo di
quella notte, durante l’età vittoriana, in cui io, giovane aristocratica,
mentre ritornavo nel mio maestoso palazzo venni aggredita da lui, affascinante
brigante. Egli aveva inseguito a cavallo la mia carrozza per derubarmi, ma,
vedendomi, esitò e si riguardò dal mostrarsi malintenzionato ed io ammaliata
dalla sua bellezza ed inebriata dalla sua vita piena di vizi e di passioni
abbandonai le mie nobili vesti per addentrarmi nella scoperta della libertà dei
sensi.
Non saprò mai da quanto la mia
anima sta viaggiando e quanto ancora viaggerà, ma sono certa che in ogni vita
ed in ogni forma io e l’artista ci rincontreremo e ci riconosceremo, poiché
questo è il nostro destino. La nostra unione non ha un nome, non ha una
definizione, non si può spiegare in nessun modo, so soltanto che siamo guidati
ed ispirati dalla potenza dell’Arte, che ci fa percorrere questo viaggio
infinito ed indefinito. Ella ci guida verso la felicità e verso la libertà,
rendendoci padroni dei mondi da noi creati, sovrani della nostra immaginazione.
Ella ci mostra la vera essenza del viaggio: seguire il sentiero che l’animo ci
indica. Musa o dea, artista o brigante, non importa la veste che il fato ci
farà indossare, importa ciò che sentiremo durante il nostro viaggio, perché
quelle emozioni eternamente risuoneranno nel nostro cuore, come note suonate
con armonia ed eleganza dalla lucente lira che l’Arte accarezza, come i
contrasti tra luci ed ombre nei dipinti, che trafiggono gli occhi ed i sensi, come
le parole che lasciano un’eco infinito nell’animo di coloro che le leggono,
perché quando l’arte ti sfiora nulla è più come prima.
Fissai di nuovo l’orizzonte e guardai il mare sorridendo.
Fissai di nuovo l’orizzonte e guardai il mare sorridendo.
L’onda non aveva separato per
sempre i sassi neri, li stava solo trasportando in un nuovo tempo ed in un
nuovo luogo, dove per un altro breve frammento sarebbero rimasti eternamente
insieme.
L'eterno viaggio è un racconto di Deborah De Luca
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