Per
continuare a leggere con noi iscriviti al gruppo Facebook: ISEAF BOOKS
Non perderti gli ultimi aggiornamenti sulla nostra pagina
Facebook: ISEAF
Trovi le nostre opere anche su: INSTAGRAM
ANDREA OLDANI
IL VECCHIO
Il vecchio aprì
l’uscio della sua casa e guardò il piccolo Josè.
«Il suo giornale,
señor!»
Il vecchio prese
il quotidiano e ringraziò con un sorriso.
Silenzioso.
Josè non aveva mai
sentito parlare quello strano signore. E le voci, in paese, dicevano che fosse
muto. Nessuno aveva mai parlato con lui.
Il piccolo Josè
avrebbe voluto scambiare quattro chiacchiere con quell’uomo dall’aspetto stanco
e trasandato, ma quegli occhi piccoli e neri lo mettevano un po’ in soggezione.
Non sapeva molto
di lui.
In realtà nessuno
in paese ne sapeva molto.
Una sera chiese al
padre chi fosse quell’uomo, ma anche lui diede risposte vaghe e confuse. Disse
che arrivò in paese da Buenos Aires all’inizio degli anni 50, ma probabilmente
era straniero. Uruguaiano o forse brasiliano. Ma di più non sapeva.
Anche Don Eduardo,
il parroco del paese, non riuscì ad aiutarlo.
Insomma, pareva
proprio che nessuno conoscesse quell’uomo.
Un fantasma.
Un vecchio
fantasma che abitava nella casa in fondo alla via.
Il piccolo Josè
sorrise e fece per andarsene ma improvvisamente il vecchio gli parlò.
«Aspetta!» disse,
in uno spagnolo stentato. Ed estrasse dalla tasca una banconota da 50 pesos.
«Per te!»
«Gracias señor!»
rispose il ragazzino levandosi il cappello in segno di gratitudine.
50 pesos! Il
piccolo Josè non riusciva a crederci. Guardava inebetito la faccia del generale
San Martín impressa sul grande foglio verde. Non aveva mai tenuto in mano una
banconota del genere. Anzi, pensandoci meglio, non aveva mai visto tanti soldi
tutti assieme.
«Non vedo l’ora di
mostrarlo al babbo.» pensò. Anzi, no, meglio tenere questo segreto per sé.
Altrimenti suo padre avrebbe iniziato a fare domande e magari l’avrebbe
costretto a restituire la banconota al signore, o a consegnarla in casa per le
spese. No, no. Quella banconota era solo sua. Era un regalo. Non l’avrebbe
condivisa con nessuno.
Mentre
fantasticava sulla banconota ricevuta si accorse che il vecchio lo stava
osservando. Si vergognò e si scusò con lui, ringraziando nuovamente stringendo
il berretto tra le mani.
«Vuoi entrare?»
gli chiese il vecchio «Sarai accaldato, posso offrirti una bibita fresca!» gli
disse, sempre con il suo spagnolo strano e la pronuncia forestiera.
«Deve essere
sicuramente brasiliano, lo capisco dall’accento aspro.» pensò Josè.
Guardò gli occhi
del vecchio. Anche se all’apparenza erano piccoli e acuti, non sembravano
cattivi. Erano gli occhi di un vecchio stanco ma buono.
«Muchas Gracias,
señor!» e il piccolo Josè entrò nella casetta.
L’interno era
buio, spoglio ma ordinato.
Pochi mobili,
nessun quadro. Alla parete solo una vecchia foto di cani. Su una poltrona
dormiva un gatto tigrato. Sul piccolo tavolino di fronte al divano erano
impilati ordinatamente alcuni giornali, quelli che ogni mattina lui gli
consegnava.
Quando li vide
Josè guardò l’uomo che rispose con un lieve sorriso e gli fece segno di
accomodarsi.
Josè si sedette
sul divano mentre l’uomo uscì dalla stanza.
Il gatto, dopo una
veloce occhiata furtiva, riprese a dormicchiare disinteressato.
Il ragazzino si
guardò intorno. Nulla, in quella stanza, parlava del passato di quell’uomo. In
realtà nulla parlava neppure del presente. C’era poco. E quel poco se ne stava
muto, insignificante. Nessun ricordo se non quella vecchia foto di cani.
Josè si alzò dal
divano e si avvicinò alla parete per osservarla meglio. Il cane ritratto era
solo uno, ripreso da diverse angolazioni. Le foto e la composizione sembravano
fatte da un professionista.
«Si chiamava
Blondi.» disse l’uomo portando un bicchiere colmo di un liquido scuro «Era la
mia preferita.»
«Ha dei figli,
señor?»
«Non ho nessuno!»
«Non ho più
nessuno!» aggiunse, quasi per correggersi.
«Ha uno strano
accento, viene dal Brasile, señor?»
«Vengo da più
lontano. Josè, giusto?» disse appoggiando il bicchiere sul tavolino.
«Sì, señor!»
Annuì in silenzio
e si sedette sulla poltrona alla sinistra del divanetto, quella lasciata libera
dal gatto.
«Lei è Frida,»
disse indicando il sonnacchioso felino «l’ho trovata in giardino e da quel
giorno ha preso possesso della casa. Mi fa un po’ di compagnia. Almeno, quando
è sveglia.»
«Lei è
buono, señor!»
«Molti non la
pensano come te, Josè.»
«Forse non la
conoscono!»
«Può darsi. Può
darsi.» disse pensieroso.
«Devo chiederti un
favore, Josè.»
«Sì, señor!»
Si alzò lentamente
dal divano e si appoggiò alla finestra, in silenzio. Gli occhi spenti
guardavano verso la strada ma quello che vedevano era lontano. Molto lontano,
nel tempo e nello spazio.
«Josè, come vedi
sono vecchio e malato. Non mi resta molto tempo. Vorrei che ti prendessi cura
di Frida, quando me ne sarò andato.»
«Non dica così,
señor!»
«Non ti
preoccupare. Ho già vissuto a lungo. Più a lungo di quando avrei dovuto. Già
una volta fui costretto ad abbandonare una compagna a me cara al proprio
destino. Questa volta voglio che Frida finisca in buone mani.»
«Sì señor, mi
prenderò io cura di lei!»
«Grazie, Josè.
Grazie.» e sul suo viso comparve un piccolo sorriso malinconico.
Dopo poco più di
un mese il vecchio morì.
Un uomo si
presentò a casa di Josè con la gabbietta di Frida e una busta per il ragazzino.
Quando la aprì,
Josè non credette ai propri occhi.
La busta era piena
di banconote. E non solo Pesos, anche dollari americani. Tanti.
Insieme al denaro
c’era una lettera, scritta in un’elegante e antiquata grafia.
Era del vecchio.
«Caro Josè, ti
prego di prenderti cura della mia Frida. Tengo molto a lei. Questo denaro
dovrebbe bastare per le spese. Grazie di tutto. Adolf.»
Il vecchio è un racconto di Andrea Oldani
Commenti
Posta un commento