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FRANCO LO PRESTI
STROMBOLI
La giovane donna era già al
suo ottavo mese di gestazione.
Dopo un primo tempo durante il
quale, lievi crampi avevano fatto temere un aborto spontaneo, Giovanna
Buscemi aveva
trascorso il restante periodo di gravidanza, in villeggiatura, nella villa di
suo padre, a Stromboli, senza grossi problemi, grazie anche alle continue
premure di Marco Russo, suo marito e alle cure del ginecologo, dott.
Antonino Caruso, amico di famiglia, che prestava servizio all’ospedale civile
di Messina.
Il dott. Caruso risiedeva
nell’isola. Effettuava, perciò, volentieri i controlli periodici che la
gravidanza di Giovanna richiedeva, andando personalmente nella villa e, quando
era libero dagli impegni di lavoro, vi si recava accompagnato dalla moglie per
trascorrere insieme ai suoi amici alcune ore, chiacchierando piacevolmente o
giocando a carte.
Giovanna e Marco trascorrevano
il loro soggiorno a Stromboli serenamente con la gioia di chi desidera
ardentemente avere un bambino, cui avevano pensato di imporre il nome di Andrea.
La vacanza a Stromboli si era rivelata ideale: le tiepide
giornate invernali favorivano il clima d’impaziente e dolce attesa nella
serenità della villa, dalla quale si poteva ammirare un bellissimo panorama.
Pur essendo nel mese di
dicembre, il cielo sereno e il mare azzurro, facevano da coreografia alla mole
del vulcano che si erge per circa 900 metri sopra il livello del mare.
Stromboli fa parte delle isole
Eolie; i pochi abitanti vivono di pesca e viticoltura.
Molto sviluppato è anche il
turismo per la presenza nell’isola dell’omonimo vulcano, la cui attività
eruttiva, per le sue caratteristiche particolari, viene soprannominata
“stromboliana”.
«Oggi, la montagna ha qualcosa
di strano» disse Marco fra sé guardando dalla finestra dell’abitazione, da cui
si scorgeva, di fronte, a breve distanza, uno squarcio di mare e, sulla
sinistra, un po’ più lontano, la sagoma grigia dello Stromboli, innevata sulla
cima.
«Sembra che stia
iniziando una nuova eruzione» pensò.
In quel momento, infatti, si
avvertì un tonfo assordante e, subito dopo un’esplosione seguita da lancio di
materiali incandescenti evidenziati dalle prime ombre della sera.
Una lingua di fuoco si
aggiungeva alla colata precedente che s’ingrossava e scendeva velocemente lungo
i fianchi della montagna, incanalandosi verso la “Sciara del fuoco”: un
anfiteatro di materiale magmatico, arido e scosceso, nel quale si dirigeva
normalmente la lava per poi scaricarsi, eventualmente, a mare.
Non ci furono altri fenomeni
di rilievo durante la notte e tutto lasciava presupporre che si trattasse della
consueta attività eruttiva dello Stromboli, ma il giorno successivo, la quiete
delle isole Eolie fu violata da uno scoppio improvviso e violento che spinse
Marco verso la finestra a guardare cosa stesse succedendo.
Ai suoi occhi si presentò,
allora, uno spettacolo, allo stesso tempo, terribile e affascinante che doveva
rimanere scolpito nella sua mente per tutta la vita.
Vide una valanga rossa, un
misto di sassi e lava immettersi dentro ad un canalone e precipitare violentemente
in mare che, per un attimo, si ritraeva di circa cento metri e, subito dopo,
una gigantesca quantità d’acqua si rovesciava sulla costa, spazzando le piccole
imbarcazioni ivi ormeggiate ed entrando nelle case vicine alla scogliera.
Marco restò come pietrificato;
ma fu solo un istante.
Subito si rese conto che
l’arcipelago era stato investito da uno “tsunami”, l’onda di terremoto che
colpisce frequentemente le coste del Giappone, ma che accade molto di rado
nelle isole Eolie.
Il pensiero allora corse alla
sua Giovanna, al bambino che doveva nascere, ad eventuali complicazioni della
gestazione e si precipitò verso la camera da letto, dove la moglie che prima
riposava, svegliata di soprassalto dal forte boato, si trovava adesso in
evidente stato d’agitazione.
«Preparati!» le disse
cercando, con un tono calmo di voce, di tranquillizzarla «Sembra che un costone
di roccia si sia staccato dalla montagna. È opportuno andar via da qui!»
La donna si vestì in fretta e,
insieme al marito, uscì dall’abitazione.
L’uomo prese la macchina dal
garage, vi fece salire Giovanna e si avviò verso la Guardia
medica del paese, temendo che lo spavento potesse aver avuto conseguenze
negative per il bambino e la moglie.
In paese il traffico era
caotico e il terrore evidente nel viso delle persone.
Il cielo era diventato
plumbeo, una nube di cenere lavica avvolgeva ogni cosa, rendendo l’aria
irrespirabile, mentre onde marine si riversavano sull’isola.
Tutto intorno, strade, case,
campagne, macchine erano ricoperte di polvere nera ed una pioggia di lapilli
infuocati cadeva su tutta l’isola, ma l’unica preoccupazione di Marco era di
raggiungere la Guardia medica nel più breve tempo possibile.
Arrivatovi, trovò la sala d’attesa piena di gente. Gli
infermieri erano indaffarati e apprestavano le prime cure a quelle persone in
stato di choc rimaste ferite o contuse nella confusione del momento.
Quando finalmente Giovanna fu
visitata, il medico di turno comprese che era opportuno un ricovero ospedaliero
e assicurò che avrebbe subito chiamato un elicottero della Marina Militare per
il trasferimento urgente della signora, insieme alle altre persone bisognose di
cure. I soccorsi non tardarono ad arrivare e Giovanna, Marco ed altri pazienti
furono portati, in elicottero, all’Ospedale civile di Messina.
Giovanna si tranquillizzò
quando arrivò all’ospedale di Messina, perché sapeva di trovarvi il suo
ginecologo di fiducia che l’avrebbe assistita durante il parto.
Dietro sua espressa richiesta,
infatti, il dottor Caruso venne chiamato, visitò la donna e si accorse che il
parto poteva essere difficoltoso. Così si consultò con il primario del reparto
ed insieme, decisero di intervenire al più presto.
Correttamente, volle parlare
con gli sposi per informarli e rassicurarli:
«Come sapete la gravidanza si
è svolta senza grossi disturbi. Adesso però qualcosa è cambiato, ma niente di
grave! La paura e l’agitazione derivate dagli eccezionali eventi di oggi, hanno
accelerato il parto. Ma c’è un’altra cosa da non sottovalutare: la presentazione
podalica del bambino che ci consiglia di intervenire d’urgenza e di
praticare il taglio cesareo. Non c’è, comunque di che preoccuparsi.»
Poi, rivolto a Giovanna che
sembrava un po’ agitata, aggiunse:
«Stai tranquilla! Adesso
verranno le infermiere che ti porteranno in sala parto. Vedrai che tutti si
svolgerà presto e bene.»
Marco, il giovane sposo,
attese qualche ora in sala d’aspetto, con ansia ed impazienza. Poi,
un’infermiera gli portò la lieta notizia: era nato un bel bambino di due chili
e mezzo.
Madre e figlio godevano di
ottima salute.
Andrea, nato “ottimino”, era stato
posto precauzionalmente in incubatrice; ma dopo una ventina di giorni, i medici
del reparto si sentirono in grado di comunicare alla giovane coppia che il
bambino era sano e vitale e che presto avrebbe potuto lasciare l’ospedale.
Intanto il vulcano, in tutto
questo tempo, aveva continuato a rovesciare fuoco sul mare, costringendo molta
gente ad evacuare l’isola.
Tutta la stampa si occupò
della vicenda, parlò di qualche escursionista ucciso dalla pioggia di lapilli,
di gente che si era ferita nel tentativo di fuggire, di case distrutte, di
boschi incendiati, ma trascurò un episodio molto importante: in mezzo a mille
disagi e a tanta paura un essere umano si era affacciato alla vita…
Poi, all’improvviso, così
com’era iniziata, l’eruzione terminò e il paese ritornò alla sua normale
attività; ma lo Stromboli rimane ancora il vulcano più sorvegliato della Terra.
Stromboli è un racconto di Franco Lo Presti
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