Come Van Gogh

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VITO TARANTINI
COME VAN GOGH 

                        foto pixabay


Intento a consumare una cerveza in un locale nei pressi della metro Opera di Madrid, il giovane F. si concedeva qualche ora di ozio in attesa di rimpatriarsi. Leggendo il giornale rimase affascinato da un articolo statistico sugli incidenti domestici: affermava che ogni anno, proprio nel Bel Paese, ne avvengono quasi cinque milioni, di cui settemila mortali. I più temuti sono le fughe di gas, gli incendi e le perdite d’acqua. La cucina sembra essere l’ambiente più pericoloso e i rischi aumentano se non si studiano attentamente gli elettrodomestici e non si presta sufficiente attenzione mentre si svolgono le mansioni quotidiane. I principali fattori di rischio dipendono dalle condizioni dell’abitazione e dall’atteggiamento psicologico negativo dell’inquilino. Le cadute accidentali frequentemente causano frattura del polso, del femore e del bacino; meno frequente è la frattura dell’anca. Il femore è l’arto più a rischio, soprattutto in caso di osteoporosi che rende le ossa fragili e complica il lavoro dei chirurghi oltre ad allungare i tempi di guarigione. 
Il nostro giovane protagonista, un ragazzone di due metri per centoventicinque chili, non era un killer, non era un vero criminale ma non era affatto un santo, svolgeva semplicemente tutto ciò che gli veniva chiesto. A lui non interessava la ragione alla base degli ordini o chi fosse il mandante perché era convinto che svolgendo con rapidità e diligenza i suoi compiti qualcosa, molto lentamente, sarebbe cambiato. 
Insomma, basta un attimo di sbadataggine ed è facile trovarsi con un dito fratturato; le cadute dalle scale, scivoloni sul pavimento bagnato o nella vasca da bagno possono portare a conseguenze più gravi. Il 55% delle ferite è causato da utensili e attrezzi prevalentemente utilizzati per le attività che si svolgono in cucina (elettrodomestici, pentole, forni e fornelli, lame, alimenti bollenti ecc.) e, tra questi, il coltello è causa del 40,4% delle ferite. 
F. non era il solo a risolvere questioni, quelli come lui erano un po’ ovunque, sparpagliati per il globo a rapire il figlio di quello lì, uccidere l’amico di quell’altro là, evitare che saltasse in aria la Casa Bianca, accompagnare un’anziana a fare la spesa o raccontare fiabe ai bimbi in ospedale. Quelli come lui si facevano chiamare Sciacalli. 
Consumò la birra e ne ordinò subito un’altra. 
I dati gli sembravano abbastanza coerenti anche se non erano rari casi di personaggi pubblici, attori, calciatori professionisti e altre personalità di spicco della TV che viziavano le statistiche con le loro spudorate menzogne. 
Quella volta, il caro protagonista, era a Madrid per staccare un orecchio al senatore di *******; quel morto di fame era in compagnia di quattro puttane sud-americane nell’albergo Batusta vicino Puerta del Sol e si stava divertendo con cocaina e champagne. F. aveva avuto una soffiata da Carlos, il proprietario dell’albergo, ed era nascosto in camera prima ancora che iniziassero i festeggiamenti; si sorbì ore e ore di baldoria senza parteciparvi, era desolante, stava schiumando di rabbia. Poi intorno alle 05:00, il silenzio; le prostitute andarono via e il senatore rimase solo.
Quando F. si palesò in camera, lo spettacolo era invitante: c’era ancora della cocaina sul tavolo e una mezza bottiglia di Crystal sul pavimento, mentre il senatore era nudo come un verme, di faccia sul cuscino e faticava a respirare. 
F. accese la torcia e lo calciò «Levantate, maricón!». 
Il senatore emettendo gemiti sbarrò gli occhi prese il cellulare per controllare l’ora «Sono già le 11:00?» 
«No, sono le 05:03, le tue amiche puttane sono andate via e adesso viene il mio turno.» F. prese un serramanico e lo lanciò addosso all’uomo nudo; il coltello era ancora chiuso. 
Il senatore finalmente si rese conto dell’omone che occupava il suo alloggio e con uno scatto apprezzabile tentò invano di recuperare la Glock che aveva nascosto nel comodino. 
«L’ho presa io!» disse tranquillo F. «Ma non mi piacciono le cose degli altri quindi la riavrai non appena risolveremo la nostra piccola questione.» 
«Chi cazzo sei italiano di merda? Chi ti manda? Come osi? Non sai con chi stai parlando!» Il Senatore si stava agitando, una reazione comprensibile. 
«Sono stato incaricato da un suo probabile conoscente di recuperare un suo orecchio...» 
«Cosa?» interruppe l’uomo nudo. I suoi occhi roteavano alla ricerca disperata di una spiegazione. 
«…oltre al suo orecchio non mi serve nient’altro quindi possiamo procedere in due modi: 
1. La aiuto io, magari utilizzerò uno straccio per tappargli quella bocca di merda evitando di svegliare tutta la capitale, magari legandole gambe e braccia così posso essere più preciso e finiamo il tutto in tre minuti. 
2. Lo fa lei e io la guardo mentre compie un’opera d’arte d’altri tempi.»
All’improvviso il Senatore balzò in piedi, era piccolo con una curata barbetta bianca, nudo come un bimbo, faceva quasi tenerezza; Poi si scagliò contro lo Sciacallo. 
F. abbozzò un sorriso sottile, aveva previsto quella reazione: un amante delle puttane, del vino di qualità, con il vizio della cocaina e, probabilmente di altre droghe chimiche, cui viene proposto l’autolesionismo potrebbe reagire con violenza. Al contrario del pensiero comune l’alcool deprime il sistema nervoso, solo temporaneamente, rende più sicuri, coraggiosi e meno timidi. Il fatto stesso di sentirsi fisicamente più prestanti, più forti è la grande bugia degli alcolici, si tratta di una distorsione perché, al contrario, riduce la capacità di valutazione, i riflessi e la prestazione sportiva. Queste interferenze possono causare sbalzi d’umore e comportamento: in questo caso hanno trasformato un piccolo senatore spagnolo che non aveva mai colpito con successo neanche una zanzara, in un combattente di fama internazionale. 
F. gli piazzò un diretto sul muso, sentì l’incisivo destro spezzarsi sotto la nocca, e il Senatore tornò dritto da dove era venuto. 
«Non voglio farle altro male Signor ****** del cazzo, non faccia i capricci, la prego di collaborare.» 
L’altro iniziò a piagnucolare, l’effetto dell’adrenalina stava svanendo e lentamente prendevano forma l’atto, il sangue e il dolore. 
«Prenda quell’arnese e faccia il suo dovere! Sappia che è stato curato da mio cugino M. la Torre la Tigre, un vero artista dell’affilatura a cote, infatti dovrà pulirlo e restituirlo non appena avrà finito.» 
«Quanto vuole? In quella valigia ci sono 40.000 euro, sono suoi! Ho un conto bancario personale…» 
«In quella valigia ci sono 20.000 euro» lo interruppe lo Sciacallo «destinati alla Caritas Diocesana, dovrà consegnarli questa sera. Il suo orecchio non vale tale cifra e neanche tutti i piccioli che ha depositato in banca; Il suo orecchio non vale niente! I suoi conti personali sono zeppi di soldi sporchi ottenuti con un elementare sistema di corruzione sommersa, abuso d’ufficio e turbativa d’asta nella gestione di fondi europei destinati alla ricerca e sviluppo. La liquidità è stata veicolata su fondi negativi che gestisce lei e qualche altro esponente della sua parrocchia; Oltre tutto i vostri fondi sono in perdita ma lei continua a beneficiare di un conto utili mensile che le garantisce uno stipendio da onorevole. Il suo ultimo prelievo di € 10.000 è stato utilizzato per pagare le puttane e Miguel el Chupacabra che le ha consegnato 29 grammi di cocaina. Non mi frega niente di quello che fa, come lo fa e con chi lo fa. Non mi sforzerei di cercare il mittente perché potrebbero essere in venti e dall’altra parte del mondo, soprattutto non mi interessano i suoi soldi, le sue attività e la sua proprietà a Pozuelo de Alarcòn a Somosaguas Norte, dove attualmente risiede con Marta e i vostri due figli: Sara e il piccolo Edo. 
Le do la mia parola che non le farò del male e che non solleverò nessun polverone mediatico. Sono le 05:06 e mi serve il suo orecchio, ha ancora 5 minuti, poi lo farò io.» 
Di colpo fu silenzio e odore acre di ruggine. I muri della camera d’albergo si stavano lentamente sbriciolando in quella che sembrava sabbia finissima, poi toccò all’arredamento, alle porte e al televisore sospeso nel nulla. Alla fine, il mondo si fermò come se qualcuno, da qualche parte, avesse cliccato il tasto pausa. Rimasero soli in una gabbia che non aveva uscita, forse nel sogno di uno dei due; 
Fuori, un silenzio buio, terrificante, che ricordava oscuri incubi infantili. Non era un miscuglio di azoto, ossigeno, argon e una puntina di anidride carbonica quello che stavano respirando, non c’era il pianeta Terra fuori da quella prigione. 
La voce lontana di F. piombò dall’alto sull’uomo nudo: 
«Questo è il suo luogo tranquillo, il Pozzo dei suoi Desideri che disseta la voglia di vivere nei periodi di siccità. Questo è il posto in cui l’essere vivente si rifugia per cercare stimoli, per annoiarsi e ritrovare la strada. Qualcuno ama lasciarci dei ricordi preziosi, un amore segreto, una frase mai dedicata, l’abbraccio dell’amico che non si può dimenticare. Qualcuno viene qui per piangere e qualcun altro per chiuderci dentro qualcosa che non potrà mai più ricordare…
Il suo Posto Tranquillo è vuoto.» 
Cadde, l’ultima frase, come una sentenza sul senatore, stremato; Si guardò intorno per ammirare l’immensa infinità di un deserto di sabbia arido, inquieto, depresso; Al centro di quel niente c’era la sua prigione e al centro di quest’ultima c’era lui. 
Il direttore d’orchestra, nascosto nel buio, batté due colpi decisi sul leggio e alzò il braccio. 
L’eco sterile della voce proseguì:
«Dovrei lasciarla qui a consumare lentamente, da solo, nel buco che lei ha creato con la sua mancanza di scopi e desideri. Dovrei abbandonarla in questo luogo lontano dal mondo. Questo è il Senatore… l’opposto di quello che è fuori di qui.» 
Seduto per terra, paralizzato, mentre F. era in piedi a qualche metro di distanza, l’omino non stava più cercando spiegazioni; Aveva chiuso tutto ciò che aveva fatto in quella prigione nascosta nel buco più profondo del mondo e adesso qualcuno l’aveva violata e poteva mostrarla a tutti. 
La ritorsione sui suoi cari e su sé stesso avrebbe portato alla perdita di ogni cosa, poi ci sarebbe stato l’arresto, forse il divorzio. Il Senatore stava cadendo a pezzi, sgretolandosi, e scivolando in quel buco profondo che aveva scavato con le sue stesse mani, si trascinava dietro di sé i suoi affetti, la sua famiglia. In un tripudio di terrore e di emozioni che lo raggelavano, aprì il serramanico con lo sguardo perso oltre F. Aveva gli occhi appannati, smise di tremare. 
Rullarono i tamburi, sospirarono i clarinetti e di nuovo il direttore d’orchestra batté due colpi secchi; Silenzio. Erano tutti pronti: violini, viole, violoncelli, contrabbassi, arpe e fagotti. 
F. rimase a guardarlo senza compassione, con le braccia incrociate sul petto, l’altro con il coltello in mano si stava pisciando sotto.
Poi lo fece. 
La sera stessa il Senatore, con il muso gonfio come una vera stella del porno, senza un incisivo e senza l’orecchio destro si presentò davanti alla nazione per donare € 40.000 alla Caritas Diocesana di Calle Romeral, 6 di Madrid. Affermò di essere scivolato in cucina mentre affettava un Pata Negra Iberico, di aver battuto la testa contro il bordo del frigorifero ed essere rovinosamente franato su un coltello appena affilato a cote. 
Era talmente contento di essere ancora vivo che decise di donare altri € 400.000 di tasca propria e di trasformare quel grazioso Chalet a Pozuelo de Alarcòn a Somosaguas Norte in una casa di riposo per anziani. 
La questione era risolta.

Come Van Gogh è un racconto di Vito Tarantini

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