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GUIDO FARIELLO
MA, QUELLA DI
SAPIENS
CHE STORIA È?
(uomini:
animali o dei?)
INTRODUZIONE
«Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?» sono frasi che udiamo spesso,
pronunciate da persone le più disparate, nei luoghi i più inconsueti, da
persone le più diverse.
Sono parole che, quando provengono da non addetti ai lavori, costituiscono
per lo più modi di dire, quasi dei semplici intercalari, espresse senza molto
riflettere sul senso della domanda, quasi sempre prive della effettiva esigenza
di ottenere una risposta.
Certo è che se, invece, le stesse parole fossero dette con maggiore
cognizione di causa o fossero tenute più presenti nella vita di noi umani molti
comportamenti sarebbero diversi.
E ciò a tutti i livelli, dalle scelte politiche da parte di quelli che sono
chiamati a prendere le decisioni, alle scelte di esistenza giornaliera da parte
di tutti.
Comunque sia, quella della “specie sapiens” del “genere Homo” è una storia
talmente straordinaria, con aspetti così grandiosi, eroici, leggendari e da
fiaba, che vale la pena di vederla da vicino.
È una storia nella quale il protagonista è stato più volte sul punto di
soccombere; finora ce l’ha fatta, tanto che siamo ancora qui ad esaminarla; ma
che non si sa se avrà un lieto fine.
Oggi, sul pianeta Terra vivono circa 7 miliardi di persone. Esse, quasi
tutte, praticano dei credi religiosi nei quali è affermata l’origine dell’uomo
per volontà divina.
Per questi credenti è, dunque, accettata la diversità dell’uomo da ogni
altro essere vivente e la sua elevazione al di sopra degli animali.
In “La tragedia di Amleto, principe di Danimarca", scritta tra il 1600
e il 1602, William Shakespeare fa dichiarare ad Amleto:
“Che sublime capolavoro è l’uomo!
Quanto nobile nella sua ragione!
Quanto infinito nelle sue risorse!
Quanto espressivo nelle sue movenze,
mirabile: un angelo negli atti,
un dio nell’intelletto!
La bellezza dell’universo mondo!
La perfezione del regno animale!
Eppure, che cos’è agli occhi miei
questo conglomerato di terriccio?”[1]
Il pincipe, nella sua espressione, solleva l’uomo al di sopra degli
animali, pur ammettendo, nello stesso tempo, che anche gli uomini sono animali.[2]
Il 24 novembre 1859, il naturalista inglese Charles Darwin pubblicò la sua opera “L’origine
della specie” nella quale espose la teoria che classificava definitivamente gli
uomini tra gli animali. Di conseguenza rifiutava categoricamente le teorie
creazionistiche che ritenevano le specie frutto della creazione di un dio.
Con questo saggio non ci si vuole addentrare in un’ennesima diatriba
filosofica tra fede e ragione o tra religione e scienza. Esso ha solamente
l’intendo di accertare di che cosa stiamo parlando quando ci accostiamo ad una
serie di fatti che possiamo definire “Una breve storia dell’umanità”.
In tale contesto ci troveremo ad affrontare concetti che non sono proprio
correnti, né di approccio quotidiano, e che vanno molto indietro nel tempo,
addirittura al suo inizio.
Senza la conoscenza di alcune indicazioni, sia pure in maniera approssimativa,
elementare, o almeno favolistica, non sarebbe possibile nemmeno avvicinarsi
alla scoperta dell’affascinante avventura di “Sapiens”.
Perciò, se vogliamo “capirci qualcosa”, dobbiamo prima trovare risposta ad
alcune domande.
Prima domanda:
«Che cosa è una teoria scientifica?»
Risposta:
È un insieme di generalizzazioni che sintetizzano e rendono interpretabili
i dati sperimentali. Una teoria scientifica è, quindi, un modello che spiega i
dati che sono stati precedentemente osservati e che offre previsioni di
situazioni che possono essere verificate e riprodotte, almeno come simulazione.
È stato Galileo Galilei, fisico, filosofo, astronomo, matematico, italiano
che ha introdotto il metodo scientifico sperimentale con le sue opere, tra le
quali “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” del 1632, “Discorsi e
dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti alla meccanica
e i movimenti locali” del 1638.
Una teoria, per essere vera deve essere provata con fatti incontrovertibili
e ripetibili.
Sono teorie scientifiche quelle sulla relatività ristretta del 1905 e
quella sulla relatività generale del 1915 presentate da Einstein; la teoria di
Newton sulla gravitazione universale del 1687; la teoria dell’evoluzione di
Darwin del 1859.
Le teorie non sempre sono esaustive di ogni aspetto dei fenomeni osservati.
Possono, perciò, nel tempo subire modificazioni, completamenti, sostituzioni,
come è accaduto con la teoria gravitazionale della Relatività Generale ad opera
di Einstein e con le successive teorie del neodarwinismo che offrono una
sintesi aggiornata dell'evoluzione.
In questo saggio si toccheranno argomenti che hanno interessato teorie
sulla genetica; sulla biologia molecolare; sulla biogeografia; sulla ecologia; sulla
etologia; sulla epidemiologia; sulla linguistica; sull’archeologia; si
toccheranno, inoltre, concetti che riguardano l’evoluzione della tecnologia,
della scrittura e delle organizzazioni politiche.
Questo saggio, tuttavia, vuole essere solo un compendio, a fini conoscitivi
per coloro che vogliono comunque “capirci qualcosa”, di storia e preistoria,
che va dai tipi di società umane dei cacciatori-raccoglitori ai figli dell’era
spaziale.[3]
Non si entrerà, quindi, nel merito delle singole teorie, né ci si
addentrerà nella loro disamina.
Tutte le situazioni illustrate sono, però, il risultato degli studi e delle
conoscenze acquisite fino ad oggi ed accettate dalla scienza.
L’intenzione è stata quella di presentare un libro di storia sulla base
delle conclusioni raggiunte dalle scienze sperimentali.
Seconda domanda:
«Che cosa è il DNA?»
Risposta:
È la molecola depositaria dell’informazione genetica delle cellule.
Il DNA, acido desossiribonucleico, è una molecola stabile in grado di
trasferire l’intero patrimonio genetico di un individuo ad un altro attraverso
l’uso di un’altra molecola di RNA.
Esso si trova prevalentemente nel nucleo delle cellule ed è formato da
unità dette nucleotidi. In ogni molecola di DNA sono presenti uguali quantità
di Adenina, Timina, Citosina, Guanina. È formato da due lunghe catene
polinucleotidiche, unite mediante legami di idrogeno e avvolte intorno ad un
asse virtuale, in senso destrorso, in modo da formare una doppia elica.
Solitamente si paragona la struttura del DNA a quella di una scala a
chiocciola nella quale le due catene polinucleotidiche formano i montanti e i
pioli sono costituiti da una coppia di basi ciascuna appartenente ad una delle
due catene. In particolare, l’Adenina si lega con la Timina mediante due legami
di idrogeno, la Citosina si lega con la Guanina mediante tre legami di
idrogeno. È un processo che prende il nome di appaiamento complementare.
La struttura chimica del DNA è stata scoperta nel 1952 a Cambridge da
quattro giovani ricercatori: Rosalind Franklin, inglese, Maurice Wilkins,
neozelandese, Francis Crick, inglese, Jim Watson, americano, tutti insigniti
del premio Nobel, tranne la Franklin per via della sua prematura morte.
Terza domanda:
«Che cosa fa il DNA?»
Risposta:
Il DNA fa le proteine.
È come una specie di pasticcere che sa fare una torta particolare, composta
da tante proteine, e di cui è depositario della ricetta.
La ricetta è gelosamente conservata in cassaforte. Succede, però, che
alcuni amici gliela chiedono. Lui cede, fa una copia della ricetta e gliela
consegna. Ma non dà agli amici un foglio di carta, bensì una lunga molecola di
RNA che contiene le informazioni, non per fare una torta, bensì per creare le
proteine che costituiranno le informazioni genetiche per formare un nuovo
organismo.
Nella lunga molecola consegnata, infatti, sono indicate le istruzioni per
creare le proteine combinando le varie sostanze contenute nella cellula.
Essenziali sono l’Adenina, la Timina, la Citosina e la Guanina. Esse le
possiamo indicare con quattro lettere: A, C, T, G. che prendono il nome di basi
e costituiscono il linguaggio molecolare utilizzato dal DNA per sintetizzare le
proteine che servono alla vita di un organismo. La precisa successione dei
nucleotidi formati dalle quattro basi azotate, insieme allo zucchero e al
fosfato, costituisce il codice genetico di un individuo. Insieme alle basi ci
sono 20 amminoacidi nei quali le basi sono presenti a gruppi di tre. Ciascun
amminoacido è rappresentato da ognuna delle combinazioni possibili di tre basi
generando una diversa proteina.
Il codice genetico è un codice a triplette. Utilizzando, per ciascun
amminoacido, tre lettere si formano le istruzioni che formano un tratto di DNA
che prende il nome di Gene.
I Geni sono particolari sequenze di DNA che rappresentano le informazioni
genetiche di un organismo. Sono contenuti in strutture a forma di bastoncelli
chiamate Cromosomi. L’insieme delle informazioni genetiche di un organismo è
detto Genoma.
Un organismo umano è composto da tantissime parti; un organismo umano fa
tantissime cose; perciò la quantità di Geni necessari è enorme. Si calcola che
il Genoma umano sia formato da oltre 6 miliardi di basi nucleotidiche che
formano 22.000 Geni suddivisi in 46 Cromosomi di cui 23 di origine materna e 23
di origine paterna.
Il Genoma, oltre ad essere il depositario di una enorme quantità di
informazioni, è anche un eccezionale contorsionista. Infatti, riesce a stare
raggomitolato dentro il nucleo di una cellula che è una pallina di soli un
centesimo di millimetro di diametro. Se potessimo srotolarlo otterremmo una
striscia lunga addirittura un metro e mezzo. Ciò è possibile poiché la molecola
di DNA è sì lunga, ma anche molto sottile, circa un milionesimo di millimetro,
ed è raggomitolata in una struttura a matassa, ripiegata su sé stessa, intorno
ad una specie di rocchetto, anch’esso formato da altre proteine, chiamate
Istoni.
L’intero complesso del DNA e delle nuove proteine è chiamato Cromatina ed è
così compatto da potere essere contenuto nel nucleo della cellula lasciandovi
anche altro spazio.
Il DNA degli umani non è diverso da quello di qualsiasi altra creatura
vivente mai esistita da oltre 4 miliardi di anni ed attualmente esistente.
Anche il sistema di codifica all’interno di quel DNA e di trasmissione
dell’informazione è lo stesso per ogni individuo mai creato nel passato e
presente oggi.
Perciò, il codice genetico è universale.
Le 4 lettere del codice genetico indicate in A, C, T, G, che compongono il
DNA sono le stesse negli uomini, nei batteri, negli scimpanzé, nelle rose,
nelle cimici, nelle orchidee, nelle querce, nei baobab, nei dinosauri, negli
scorpioni, nelle lumache di mare, nei mammut, nei passeri, nelle aquile, nelle
muffe, nei funghi, nei vermi, nelle mosche, nei leoni, nei gatti, e ogni altro
essere mai apparso e vissuto sul pianeta terra.
Anche il sistema con il quale le 4 lettere sono ordinate, combinate,
tradotte in proteine per eseguire le funzioni di un essere vivente, è
assolutamente il medesimo.
Anche il processo con il quale le cellule ricavano l’energia per la loro
vita da tutto il resto dell’universo è comune per tutte.
E questo vale anche per quella particolare categoria di esseri che sono i
virus.[4]
Quarta domanda:
«Che cosa è la tassonomia?»
Risposta:
È un termine usato, fra l’altro, per indicare le tecniche per lo studio
teorico della classificazione filogenetica dei viventi, attraverso la
definizione esatta di principi, procedure e norme che la regolano.
Originariamente era basata su criteri morfologici e morfometrici. Oggi si
avvale anche di metodi e valutazioni di natura biomolecolare, fisiologica e
sierologica, combinate ad avanzate tecniche di analisi statistica.
Nel 1735 il medico, botanico, naturalista, svedese Carl von Linné, pubblicò
la sua grande opera “Systema Naturae”. In essa, sviluppata in ben 13 edizioni,
egli identificò ogni specie con un binomio latino di cui il primo nome, con la
lettera iniziale maiuscola, indica il genere e il secondo, con la lettera
iniziale minuscola, indica la specie.
Questa convenzione è definita nomenclatura binomiale e il nome formato dalle due parti
costituisce il nome scientifico, o nome sistematico, di una specie.
Col sistema linneano ogni organismo viene così posizionato, mediante una
scala gerarchica, in una serie di gruppi tassonomici, detti “taxa”. Le
suddivisioni principali, dal più generico al più specifico, sono:
Così, noi siamo “Homo sapiens”, unica specie vivente del genere Homo.
Apparteniamo alla famiglia degli Ominidi, all’ordine dei Primati, alla classe
dei Mammiferi, al phylum dei Cordati, al regno degli Eucarioti.
Nella stessa nostra famiglia degli Ominidi troviamo i gorilla col nome di
“Gorilla gorilla”, gli scimpanzé col nome di “Pan troglodytes”, i bonobi col
nome di “Pan paniscus”, gli orangutan col nome di “Pongo pygmaeus”.[5]
Quinta domanda:
«Che cosa è l’evoluzione per selezione naturale?»
Risposta:
È la capacità della vita di far fronte agli enormi cambiamenti ambientali
sul pianeta Terra e di manifestarsi in una grande variabilità. Le due
condizioni sono interdipendenti poiché la capacità di continuare a riprodursi
pure in condizioni ambientali difficili è proprio una diretta conseguenza della
estrema variabilità degli organismi, anche nell’ambito di una stessa specie.
Con il termine evoluzione intendiamo, quindi, il processo attraverso cui le
diverse specie di viventi derivano da forme di vita preesistenti, in seguito a
graduali modificazioni, o variazioni geniche, trasmesse ereditariamente nel
corso del tempo in base a un meccanismo determinato dalla selezione naturale.
In questo procedimento, sopravvivono e si assicurano una discendenza quegli individui
che presentano variazioni favorevoli, in modo da renderli meglio adatti a
fronteggiare le condizioni ambientali.
Oltre 3,5 miliardi di anni fa, sul pianeta Terra si è formata una molecola
di una specie primordiale in grado di autoreplicarsi. Essa si è diversificata e
ha dato origine a numerose specie nuove. Il concetto di evoluzione, perciò,
implica che una specie subisce cambiamenti genetici nel tempo. Nel corso di
diverse generazioni, una specie si evolve e diventa un’altra specie diversa
attraverso mutazioni che avvengono nel proprio DNA.
Le specie di animali e piante che vediamo sul nostro pianeta oggi non
esistevano molti anni fa ma discendono da quelle che c’erano allora.
In questa situazione dobbiamo accettare che, quando prendiamo un raffreddore,
un’influenza, o altra malattia causata da un batterio, abbiamo a che fare con
un essere con il quale abbiamo avuto un ascendente comune, sia pure milioni di
anni fa. E questo sta scritto nei nostri rispettivi DNA.
L’evoluzione è un procedimento molto lento che si verifica fin quasi dagli
albori della Terra.
La specie Homo sapiens è proprio una delle ultime arrivate rispetto a
quando la vita si è formata. Ha, comunque, una storia di 200.000 anni iniziata
in Africa.
È un lasso di tempo notevole nel quale non siamo molto cambiati dal punto
di vista fisico e i nostri geni sono rimasti gli stessi. Anche le migrazioni
che ci hanno visto invadere il mondo non hanno alterato il nostro DNA in
maniera significativa.
Se potessimo prendere una ragazza di 19 anni, nata sull’altopiano etiopico
appunto 200.000 anni fa, e avessimo la possibilità di farla passeggiare per una
delle strade di Roma, Parigi, Londra, o un’altra delle nostre città, dopo
averle tagliato e acconciato i capelli, fatta passare per un centro estetico,
fatta indossare jeans strappati, maglietta attillata, sneakers ai piedi,
nessuno la potrebbe trovare fuori luogo. Certo non parlerebbe con il linguaggio
corrente dei giovani di oggi, né avrebbe le loro stesse movenze, ma il suo
sedere non mancherebbe di richiamare l’attenzione di qualche anziano
nostalgico.
[2] Adam Rutherford, Umani – La
nostra storia, Bollati Boringhieri, 2019
[3] Jared Diamond, Armi, acciaio e
malattie, Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni, Einaudi, 2014
[4] Adam Rutherford, Umani, La
nostra storia, Bollati Boringhieri, 2019
[5] Guido Barbujani, L’invenzione
delle razze, Bompiani, 2018
Ma quella di Sapiens che storia è? (Uomini: animali o dei?)
è un racconto di Guido Fariello
DELLO STESSO AUTORE
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