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IDA DANERI
NEBBIA
Foto di Pixabay
Un gesto deciso. Rapido e conosciuto.
La trasformazione si è
compiuta.
Il volo notturno cessa e il
tabarro, con le sue grandi ali nere, ti avvolge mentre con un saltello elegante
tocchi terra.
Ti piace apparire
all’improvviso, nero e tenebroso, e sconvolgere la nebbia distesa come un manto
sulla piazza. Ci vogliono alcuni minuti prima che le spire di vapore causate
dal tuo arrivo si acquietino e torni l'ordine silenzioso e ovattato.
Quanto tempo è passato?
Trecento anni? Quattrocento?
Forse di più.
Non riesci nemmeno a
ricordarlo. O forse non vuoi.
Eppure, anno dopo anno, sei
sempre tornato qui, dove la tua eterna dannazione di non morto è iniziata, dove
hai versato il primo sangue.
Il suo.
Era tutto diverso, allora.
Nella mano stringevi il
vessillo del duca, biscione e aquila imperiale, orgoglioso della tua armatura
scintillante nel sole.
Ora sei solo un cavaliere
delle tenebre, uno dei tanti. Senza nome.
Un tempo salivi baldanzoso a
cavallo sulla grandiosa rampa d’accesso al castello, là in fondo, dove si
apriva l'arco trionfale a occidente; ora è rimasta solo una scalinata ai piedi
della torre, l'arco si è ridotto a un colonnato affrescato e la statua di un
santo è apparsa, a metà circa del Settecento, se ricordi bene.
Ma allora, al tempo della tua
vita al sole, era il giorno successivo all'inaugurazione della piazza,
quando re Carlo VIII giunse dalla Francia per stringere l'alleanza con gli
Sforza.
Lei era la più giovane delle
damigelle della duchessa Beatrice, la più bella per te. L'unica.
Ricordi come fosse ieri i
lunghi capelli castani, dai riflessi ramati, intrecciati coi nastri di raso
nella vezzosa acconciatura.
Non dimenticherai mai la prima
goccia di sangue, che lenta scendeva sulla pelle nivea.
Un brivido ti scuote e ti
stringi nel mantello.
Cammini adagio, tra ciottoli e
lastre di serizzo, circondato da sbuffi ostinati di nebbia, e ti guardi
intorno. Le colonne ti osservano, a mala pena illuminate dai lumi a gas dei
lampioni in ghisa, silenziose testimoni del tuo primo crimine.
Nemmeno loro hanno dimenticato
il rivolo di sangue che è sceso lento dal tenero collo, ha percorso il petto
ansante mentre la vita si spegneva nei suoi occhi verdi, e poi è stillato a
terra, goccia dopo goccia, mentre tu infine comprendevi cosa avevi fatto.
Ogni anno torni tre volte in
questa piazza.
Nel giorno in cui l’hai vista
la prima volta e te ne sei subito invaghito.
Nel giorno in cui l'hai amata
con tutta la tua irruente passione.
Nel giorno in cui l'hai uccisa.
Un bacio appassionato.
Un morso avventato.
L’errore agghiacciante di un
giovane vampiro innamorato.
Non sei riuscito a fermarti in
tempo.
Lacrime trasparenti, di amore
e di dolore, sul tuo volto pallido; lacrime di sangue, di colpa e di rimorso,
nel tuo cuore.
Rimpiangere il tuo errore è
inutile, lo sai.
Lei non avrebbe mai voluto
vivere la tua vita da dannato. Lei amava la luce e il sole: non avrebbe mai
voluto l'ombra eterna della tua notte tenebrosa.
Era bella, troppo bella. E
innocente.
La nebbia ti avvolge, ti
abbraccia, ti stringe. I ricordi ti soffocano e i rimorsi ti uccidono.
Ma tu non puoi morire.
Tu puoi solo ricordare: giorno
dopo giorno, anno dopo anno, secolo dopo secolo.
Per l'eternità.
Don… don… don…
I rintocchi cupi della campana
si susseguono ossessivi nell’aria e la nebbia si dirada adagio, si sfilaccia e
vola in alto in spire fumose, dissolvendosi piano.
Un lucore appare appena a
oriente, dietro la facciata ricurva della chiesa: non esisteva ancora quando
l’innocenza e l’amore illuminavano i tuoi occhi neri.
Toc… toc… toc…
L’alba si avvicina.
Il lampionaio in fondo alla
piazza ha già cominciato a compiere il suo dovere mattutino e i lumi a gas si
spengono uno a uno.
Sotto i suoi passi misurati,
sotto i sassi scuri, sotto la terra che un tempo non esisteva, senti ancora
vibrare il sangue del tuo amore.
Rabbrividisci nelle ali del
tuo tabarro nero, e appoggi piano un fiore sotto il lampione, la fiammella che
in alto oscilla nella notte che si fa giorno. L'aconito che ha avvelenato il
vostro amore e la tua vita. Il simbolo del tuo perenne rimorso.
Devi andare, non c’è più tempo.
Forse il tempo non c’è mai
stato.
Il tempo di essere felice,
prima che l’innocenza morisse, prima che il mondo svanisse in un morso crudele,
ricevuto alle spalle mentre andavi incontro al tuo amore.
Nebbia è un racconto di Ida Daneri
Felicissima che il mio racconto sia pubblicato qui! Però manca il nome autore, cioè il mio: Ida Daneri
RispondiEliminaAbbiamo provveduto subito all'integrazione. Ci scusiamo per l'involontaria omissione.
RispondiEliminaGrazie mille! :-)
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