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ANTONIO DI
CARPEGNA
IL CIRCO SUL MONTE CARPEGNA
foto pixabay
Recentemente, tra i tanti articoli di
giornale che conservo in una cassapanca (nella stessa cassapanca in cui
custodisco preziose pergamene dei secoli passati) ne ho trovato uno del Resto
del Carlino di qualche tempo fa della famosa zoologa Giovanna Solfaroli de’
Bianchi:
«Sul monte Carpegna gli animali sono
sempre più numerosi: se ne contano ormai a decine di migliaia. Tutti quanti,
nonostante il deserto egiziano, le savane dell'Africa o le calde foreste del
subcontinente indiano e del Sud-Est asiatico siano l’habitat originario di gran
parte di essi, si sono perfettamente adattati al clima dell'Appennino
tosco-romagnolo: fresco d'estate e rigido e con intense nevicate durante
l’inverno. Una loro caratteristica è la mansuetudine e la familiarità con
l'uomo: persino i leoni e le tigri non attaccano, ma lo avvicinano assai
volentieri. Sono tutti vegetariani: si nutrono di erba, rami, fiori e foglie e
qualche volta dell’insalata e dei pomodori che gli offrono i signori Parlanti
(gestori del ristorante dell’Eremo), il vescovo di Montefeltro, il diacono
Leonardo, la diaconessa Milena o la diaconessa Liliana. Succede anche che le
bestie accompagnino i pellegrini all’interno del santuario della Madonna del
Faggio e che se ne stiano lì buone e tranquille: pregano come le persone? Appare
loro la Vergine? Chi può dirlo? […]»
Leggendo tutto questo mi è venuto in
mente un pomeriggio assai ventoso di fine marzo di tanti anni orsono: quando la
mia eroina era ancora una bambina.
Giovanna stava passeggiando lungo la
spiaggia di Rimini stando attenta a non bagnarsi e a non farsi travolgere dagli
enormi cavalloni di quel giorno.
Volavano centinaia di aquiloni di ogni
dimensione, colore e forma.
A un certo punto, la piccola scorse
alto nel cielo uno strano oggetto giallo e blu, aguzzò meglio la vista e si
accorse che si trattava del tendone di un circo; si allontanava sempre di più e
in poco tempo avrebbe sorvolato prima la Dalmazia, poi i Balcani e poi sarebbe
andato chissà dove, forse verso le steppe della remota Russia.
Quello stesso giorno in tarda
mattinata, Camilla, l'amica del cuore di Giovanna, si svegliò e aprì la
finestra della sua stanza da letto.
Guardò il cielo, come sempre senza
nuvole, color rosa confetto, dello stesso colore della sua abitazione, forse di
poco più chiaro.
Guardò poi in basso e notò che, nello
sconfinato prato verde smeraldo che circondava la casa, Mammolo il mammut,
utilizzando la lunga proboscide, stava nutrendosi dei frutti del grosso melo;
Sauro lo stegosauro schiacciava un pisolino e russava a più non posso;
Ferdinando il pagliaccio bighellonava senza meta nell'erba facendo ogni tanto
un salto, una capriola o una piroetta.
Camilla lo chiamò e gli disse di salire.
Fecero una lauta colazione a base di
pane e marmellata di castagne, cioccolato con panna e biscotti.
Salirono quindi nella camera da letto
che era naturalmente anche la camera dei giochi; Camilla sulla moquette verde
brillante aveva lasciato la sera prima uno smartphone giocattolo, un trenino di
plastica dalle ruote rosse e gialle, un modellino di astronave (di quelle,
dell’ultima generazione di allora, che andavano in missione sulle lune di
Giove), dei birilli, un pinocchio telecomandato e un pupazzetto di Adam Smith
(il primo uomo che, nel lontano 2040, mise piede su Marte) trovato in un pacco
di patatine; su di una sedia a dondolo, Camillina, la sua bambola di pezza; in
un angolo, sempre la sera prima, aveva sistemato la casa di quest’ultima, che
era rosa come la sua; accanto a essa, dentro un enorme baule di plexiglass
aveva messo il suo stegosauro di gomma, molti animali di peluche tra cui un mammut
e un clown di cartapesta vestito da Arlecchino, proprio come il suo amico
Ferdinando.
Alla parete della porta era appeso un
grosso specchio ovale, uno specchio che aveva la facoltà di farti viaggiare in
altri luoghi e in altre epoche; cosa nascondeva al suo interno?
Un buco nero: come quelli nel cuore
delle galassie, ma miriadi di volte più piccolo?
Un corridoio spazio-temporale: come
quelli di cui parlano gli astrofisici?
Una macchina, con decine di comandi e
di schermi, comandata da un computer sofisticatissimo?
Non lo sappiamo.
Certe volte Camilla prendeva lo
specchio e lo portava nel prato in quanto Mammolo e Sauro erano troppo grandi
per entrare nella sua casa; poi, vi si infilava con uno dei due amici per
andare altrove; con Mammolo raggiungeva il più delle volte la Siberia ai tempi
delle glaciazioni e vi incontrava molti altri elefanti pelosi e numerosi uomini
di Neanderthal che li rincorrevano urlando e sollevando bastoni e clave; invece
con Sauro spesso visitava il Colorado del Giurassico e le capitava di vedere
colonie di stegosauri nutrirsi tranquillamente di felci oppure correre
inseguiti da temibili allosauri o da altri feroci predatori.
Con Ferdinando (per il quale, date le
sue dimensioni "normali", non era necessario portare fuori lo specchio)
generalmente andava in zone dove fosse presente un circo equestre. Il
pagliaccio sapeva che da alcuni giorni in cima al monte Carpegna, nei pressi
dell'eremo della Madonna del Faggio, era stato allestito il celeberrimo Circo
Magico, fondato nel lontano 1860 dal pesarese Carlo Rossini, lontano cugino del
musicista Gioacchino e quadrisavolo o quintisavolo degli attuali proprietari.
Entrarono nello specchio e si trovarono
sul Carpegna, su di un prato vastissimo (con qualche rimasuglio di neve che
luccicava ai raggi di un sole quasi primaverile), a pochi metri dall’immenso
tendone.
Il pubblico del circo era composto
soprattutto da bambini che provenivano da Calvillano, Villagrande, Mercato
Vecchio, Ponte Cappuccini, Carpegna e molte altre località dei dintorni; alcuni
applaudivano gridando come ossessi; altri, specialmente i più piccini,
divoravano tonnellate di popcorn e di mele caramellate oppure si
impiastricciavano le mani e la faccia di zucchero filato.
Al centro si videro un gigante di dieci
metri e uno gnomo di venti centimetri che stava seduto sulla sua spalla e che
era un suo perfetto clone miniaturizzato; vestiti entrambi con un frac rosso
fiammante e un cilindro blu elettrico, presentavano a turno (nonostante le
dimensioni ridotte, lo gnomo aveva una voce più potente di un megafono) i
numeri che le persone e gli animali avrebbero eseguito di lì a poco.
Vi furono trapezisti, funamboli,
saltimbanchi; domatori di leoni, di sfingi del basso Egitto e di tigri
bengalesi; orsi dello Sri Lanka, draghi cambogiani e malesi, grifoni,
ippogrifi, chimere e unicorni ammaestrati che ballavano la quadriglia;
giraffe, zebre alate, rinoceronti bicorni, elefanti del Botswana e dell’India
che correvano su due zampe a velocità supersonica; scimmie del Kerala, di Giava
e del Borneo che saltavano come forsennate e tiravano banane e noccioline ai
giovanissimi spettatori; giocolieri che si dilettavano con palle, birilli e
piatti: ognuno era in grado di lanciare in aria centinaia di oggetti senza
farne cadere nemmeno uno.
Si videro acrobati eseguire, da terra,
il quintuplo salto mortale prima in avanti e poi all'indietro.
Ferdinando, quando fu la volta dei
pagliacci, si unì a loro e si mise a raccontare barzellette e storie così
assurde ed esilaranti che tutti risero a crepapelle.
Camilla venne chiamata per camminare
con le mani a testa all’ingiù facendo rotolare una sfera di legno: prima per
terra, poi su di una corda a cento metri di altezza; anche il secondo
esercizio, di una difficoltà estrema, le riuscì perfettamente.
A fine spettacolo si ebbe la parata di
tutti gli animali; ma, quando questi stavano facendo il terzo giro, successe un
fatto veramente incredibile: si alzò improvvisamente un vento violentissimo con
raffiche a mille all'ora.
Il tendone si staccò da terra e
cominciò a volare verso San Marino e l'Adriatico, allontanandosi sempre più dal
Carpegna.
Persone e animali, ebbero uno spavento
terribile: tutti quanti finirono nell’aria, travolti dall’uragano, e vennero
sbattuti a qualche chilometro da dove si trovavano, ma miracolosamente (son
sicuro per l'intercessione della Beata Vergine del Faggio) non vi furono né
vittime né feriti.
La paura però fu tale che le fiere
sarebbero da quel momento diventate docili come agnelli e la mansuetudine
sarebbe penetrata nel loro DNA e in quello di tutti i loro discendenti.
Camilla e Ferdinando riuscirono a
fatica a raggiungere lo specchio che, a differenza del tendone, era rimasto
misteriosamente ben saldo a terra, e si ritrovarono in un lampo nel loro prato.
Ferdinando andò ad appisolarsi sotto il
melo.
Anche Camilla, raggiunto il suo letto,
chiuse gli occhi.
Poco dopo Giovanna tornò a casa.
Andò nella libreria del salotto e si
scelse un volume che trattava di animali: la passione per essi, molti anni
dopo, l'avrebbe portata a diventare una famosa naturalista e a scrivere libri e
articoli di zoologia.
Entrò nella sua grande camera da letto
rosa confetto e, dopo aver poggiato il libro sul letto, vide sulla moquette
verde smeraldo il suo melo bonsai; quella mattina, dopo aver dato l'acqua alla
pianta, aveva preso a studiarla e aveva contato tutte le sue mele in miniatura;
poi, distrattamente, invece di rimetterla sul davanzale della finestra l'aveva
lasciata sulla moquette.
Ora si accorgeva che mancavano una
decina di mele e si domandava chi se ne fosse cibato. Appoggiato al vaso vide
il suo clown di cartapesta.
A poche decine di centimetri lo
stegosauro di gomma e il mammut di peluche.
Aprì lo sportello della casa giocattolo
e prese tra le mani Camilla, la sua amica del cuore, la sua piccola bambola di
pezza.
Il circo sul monte Carpegnaè un racconto di Antonio di Carpegna
foto pixabay
Recentemente, tra i tanti articoli di
giornale che conservo in una cassapanca (nella stessa cassapanca in cui
custodisco preziose pergamene dei secoli passati) ne ho trovato uno del Resto
del Carlino di qualche tempo fa della famosa zoologa Giovanna Solfaroli de’
Bianchi:
«Sul monte Carpegna gli animali sono
sempre più numerosi: se ne contano ormai a decine di migliaia. Tutti quanti,
nonostante il deserto egiziano, le savane dell'Africa o le calde foreste del
subcontinente indiano e del Sud-Est asiatico siano l’habitat originario di gran
parte di essi, si sono perfettamente adattati al clima dell'Appennino
tosco-romagnolo: fresco d'estate e rigido e con intense nevicate durante
l’inverno. Una loro caratteristica è la mansuetudine e la familiarità con
l'uomo: persino i leoni e le tigri non attaccano, ma lo avvicinano assai
volentieri. Sono tutti vegetariani: si nutrono di erba, rami, fiori e foglie e
qualche volta dell’insalata e dei pomodori che gli offrono i signori Parlanti
(gestori del ristorante dell’Eremo), il vescovo di Montefeltro, il diacono
Leonardo, la diaconessa Milena o la diaconessa Liliana. Succede anche che le
bestie accompagnino i pellegrini all’interno del santuario della Madonna del
Faggio e che se ne stiano lì buone e tranquille: pregano come le persone? Appare
loro la Vergine? Chi può dirlo? […]»
Leggendo tutto questo mi è venuto in
mente un pomeriggio assai ventoso di fine marzo di tanti anni orsono: quando la
mia eroina era ancora una bambina.
Giovanna stava passeggiando lungo la
spiaggia di Rimini stando attenta a non bagnarsi e a non farsi travolgere dagli
enormi cavalloni di quel giorno.
Volavano centinaia di aquiloni di ogni
dimensione, colore e forma.
A un certo punto, la piccola scorse
alto nel cielo uno strano oggetto giallo e blu, aguzzò meglio la vista e si
accorse che si trattava del tendone di un circo; si allontanava sempre di più e
in poco tempo avrebbe sorvolato prima la Dalmazia, poi i Balcani e poi sarebbe
andato chissà dove, forse verso le steppe della remota Russia.
Quello stesso giorno in tarda
mattinata, Camilla, l'amica del cuore di Giovanna, si svegliò e aprì la
finestra della sua stanza da letto.
Guardò il cielo, come sempre senza
nuvole, color rosa confetto, dello stesso colore della sua abitazione, forse di
poco più chiaro.
Guardò poi in basso e notò che, nello
sconfinato prato verde smeraldo che circondava la casa, Mammolo il mammut,
utilizzando la lunga proboscide, stava nutrendosi dei frutti del grosso melo;
Sauro lo stegosauro schiacciava un pisolino e russava a più non posso;
Ferdinando il pagliaccio bighellonava senza meta nell'erba facendo ogni tanto
un salto, una capriola o una piroetta.
Camilla lo chiamò e gli disse di salire.
Fecero una lauta colazione a base di
pane e marmellata di castagne, cioccolato con panna e biscotti.
Salirono quindi nella camera da letto
che era naturalmente anche la camera dei giochi; Camilla sulla moquette verde
brillante aveva lasciato la sera prima uno smartphone giocattolo, un trenino di
plastica dalle ruote rosse e gialle, un modellino di astronave (di quelle,
dell’ultima generazione di allora, che andavano in missione sulle lune di
Giove), dei birilli, un pinocchio telecomandato e un pupazzetto di Adam Smith
(il primo uomo che, nel lontano 2040, mise piede su Marte) trovato in un pacco
di patatine; su di una sedia a dondolo, Camillina, la sua bambola di pezza; in
un angolo, sempre la sera prima, aveva sistemato la casa di quest’ultima, che
era rosa come la sua; accanto a essa, dentro un enorme baule di plexiglass
aveva messo il suo stegosauro di gomma, molti animali di peluche tra cui un mammut
e un clown di cartapesta vestito da Arlecchino, proprio come il suo amico
Ferdinando.
Alla parete della porta era appeso un
grosso specchio ovale, uno specchio che aveva la facoltà di farti viaggiare in
altri luoghi e in altre epoche; cosa nascondeva al suo interno?
Un buco nero: come quelli nel cuore
delle galassie, ma miriadi di volte più piccolo?
Un corridoio spazio-temporale: come
quelli di cui parlano gli astrofisici?
Una macchina, con decine di comandi e
di schermi, comandata da un computer sofisticatissimo?
Non lo sappiamo.
Certe volte Camilla prendeva lo
specchio e lo portava nel prato in quanto Mammolo e Sauro erano troppo grandi
per entrare nella sua casa; poi, vi si infilava con uno dei due amici per
andare altrove; con Mammolo raggiungeva il più delle volte la Siberia ai tempi
delle glaciazioni e vi incontrava molti altri elefanti pelosi e numerosi uomini
di Neanderthal che li rincorrevano urlando e sollevando bastoni e clave; invece
con Sauro spesso visitava il Colorado del Giurassico e le capitava di vedere
colonie di stegosauri nutrirsi tranquillamente di felci oppure correre
inseguiti da temibili allosauri o da altri feroci predatori.
Con Ferdinando (per il quale, date le
sue dimensioni "normali", non era necessario portare fuori lo specchio)
generalmente andava in zone dove fosse presente un circo equestre. Il
pagliaccio sapeva che da alcuni giorni in cima al monte Carpegna, nei pressi
dell'eremo della Madonna del Faggio, era stato allestito il celeberrimo Circo
Magico, fondato nel lontano 1860 dal pesarese Carlo Rossini, lontano cugino del
musicista Gioacchino e quadrisavolo o quintisavolo degli attuali proprietari.
Entrarono nello specchio e si trovarono
sul Carpegna, su di un prato vastissimo (con qualche rimasuglio di neve che
luccicava ai raggi di un sole quasi primaverile), a pochi metri dall’immenso
tendone.
Il pubblico del circo era composto
soprattutto da bambini che provenivano da Calvillano, Villagrande, Mercato
Vecchio, Ponte Cappuccini, Carpegna e molte altre località dei dintorni; alcuni
applaudivano gridando come ossessi; altri, specialmente i più piccini,
divoravano tonnellate di popcorn e di mele caramellate oppure si
impiastricciavano le mani e la faccia di zucchero filato.
Al centro si videro un gigante di dieci
metri e uno gnomo di venti centimetri che stava seduto sulla sua spalla e che
era un suo perfetto clone miniaturizzato; vestiti entrambi con un frac rosso
fiammante e un cilindro blu elettrico, presentavano a turno (nonostante le
dimensioni ridotte, lo gnomo aveva una voce più potente di un megafono) i
numeri che le persone e gli animali avrebbero eseguito di lì a poco.
Vi furono trapezisti, funamboli,
saltimbanchi; domatori di leoni, di sfingi del basso Egitto e di tigri
bengalesi; orsi dello Sri Lanka, draghi cambogiani e malesi, grifoni,
ippogrifi, chimere e unicorni ammaestrati che ballavano la quadriglia;
giraffe, zebre alate, rinoceronti bicorni, elefanti del Botswana e dell’India
che correvano su due zampe a velocità supersonica; scimmie del Kerala, di Giava
e del Borneo che saltavano come forsennate e tiravano banane e noccioline ai
giovanissimi spettatori; giocolieri che si dilettavano con palle, birilli e
piatti: ognuno era in grado di lanciare in aria centinaia di oggetti senza
farne cadere nemmeno uno.
Si videro acrobati eseguire, da terra,
il quintuplo salto mortale prima in avanti e poi all'indietro.
Ferdinando, quando fu la volta dei
pagliacci, si unì a loro e si mise a raccontare barzellette e storie così
assurde ed esilaranti che tutti risero a crepapelle.
Camilla venne chiamata per camminare
con le mani a testa all’ingiù facendo rotolare una sfera di legno: prima per
terra, poi su di una corda a cento metri di altezza; anche il secondo
esercizio, di una difficoltà estrema, le riuscì perfettamente.
A fine spettacolo si ebbe la parata di
tutti gli animali; ma, quando questi stavano facendo il terzo giro, successe un
fatto veramente incredibile: si alzò improvvisamente un vento violentissimo con
raffiche a mille all'ora.
Il tendone si staccò da terra e
cominciò a volare verso San Marino e l'Adriatico, allontanandosi sempre più dal
Carpegna.
Persone e animali, ebbero uno spavento
terribile: tutti quanti finirono nell’aria, travolti dall’uragano, e vennero
sbattuti a qualche chilometro da dove si trovavano, ma miracolosamente (son
sicuro per l'intercessione della Beata Vergine del Faggio) non vi furono né
vittime né feriti.
La paura però fu tale che le fiere
sarebbero da quel momento diventate docili come agnelli e la mansuetudine
sarebbe penetrata nel loro DNA e in quello di tutti i loro discendenti.
Camilla e Ferdinando riuscirono a
fatica a raggiungere lo specchio che, a differenza del tendone, era rimasto
misteriosamente ben saldo a terra, e si ritrovarono in un lampo nel loro prato.
Ferdinando andò ad appisolarsi sotto il
melo.
Anche Camilla, raggiunto il suo letto,
chiuse gli occhi.
Poco dopo Giovanna tornò a casa.
Andò nella libreria del salotto e si
scelse un volume che trattava di animali: la passione per essi, molti anni
dopo, l'avrebbe portata a diventare una famosa naturalista e a scrivere libri e
articoli di zoologia.
Entrò nella sua grande camera da letto
rosa confetto e, dopo aver poggiato il libro sul letto, vide sulla moquette
verde smeraldo il suo melo bonsai; quella mattina, dopo aver dato l'acqua alla
pianta, aveva preso a studiarla e aveva contato tutte le sue mele in miniatura;
poi, distrattamente, invece di rimetterla sul davanzale della finestra l'aveva
lasciata sulla moquette.
Ora si accorgeva che mancavano una
decina di mele e si domandava chi se ne fosse cibato. Appoggiato al vaso vide
il suo clown di cartapesta.
A poche decine di centimetri lo
stegosauro di gomma e il mammut di peluche.
Aprì lo sportello della casa giocattolo
e prese tra le mani Camilla, la sua amica del cuore, la sua piccola bambola di
pezza.
Il circo sul monte Carpegna
è un racconto di Antonio di Carpegna
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