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CRISTINA PARODI
(anni 17 - liceo classico)
IL LAGO DEGLI SPIRITI
foto pixabay
Il lago degli spiriti era immerso nel
mistero.
Chiunque, sia che lo vedesse di
sfuggita, sia che vi abitasse a fianco, lo descriveva come un luogo magico.
Gli abitanti del posto che conoscevano
il latino lo chiamavano semplicemente un "locus amoenus".
Era enorme, circondato ovunque da
boschi circondati a loro volta dalle montagne.
Durante il periodo primaverile gli
alberi in fiore perdevano petali colorati che galleggiavano sulla superficie
del lago, formando quello che sembrava un morbido tappeto.
Mentre nel periodo autunnale i colori
caldi delle foglie si riflettevano nell'acqua creando insiemi di colori
mozzafiato.
Dato l'aspetto magico di quel luogo, le
leggende che ci giravano attorno erano tante, ma tutte avevano un punto in
comune, i quattro spiriti.
Si diceva infatti che quel luogo fosse
abitato da quattro esseri che rappresentavano gli elementi: aria, terra, acqua
e fuoco.
Tutti gli assidui frequentatori del
lago vaneggiavano di averne visto almeno uno nelle situazioni più disparate.
Nonostante tutto, c'erano quattro
leggende riguardanti ognuno di loro che si presentavano più frequentemente delle
altre.
Nell'unica zona priva di boschi, ovvero
un enorme prato al confine nord del lago, molti, specialmente bambini,
raccontavano di aver visto una bellissima donna dalle grandi ali passeggiare,
raccogliendo fiori.
Una ragazza alta, ma molto magra, dalla
pelle pallida e con due grandi occhi di un colore così chiaro da sembrare quasi
trasparenti.
I suoi capelli, anche nelle giornate
senza vento, sembravano essere spinti da una brezza leggera.
Si limitava a sorridere a quei bambini,
che vedendola avevano quasi l'impressione di prendere il volo.
Era una sensazione che tutti avrebbero
ricordato anche in età adulta, ma che nulla sarebbe mai riuscito ad eguagliare.
Quella donna era chiamata Aki, lo
spirito del vento.
Girava voce, invece, tra i minatori che
lavoravano nelle miniere sulle montagne, che scavando nella roccia si potesse
vedere un'ombra nella propria vista periferica.
Un ragazzo, giovane e sporco di terra,
difficile da vedere chiaramente, e si poteva guardarlo solo a lato degli occhi,
se ci si voltava, infatti, egli spariva. Chiunque l'avrebbe trovata una scena
inquietante, da film dell'orrore, ma i minatori sapevano da secoli che
l'apparizione di quel ragazzo poteva significare solo due cose: che, scavando
ancora un poco, si sarebbe trovata un enorme fortuna di pietre preziose o che
scavare oltre era impossibile, per la durezza della pietra.
Questo ragazzo era chiamato Torin, lo
spirito della terra.
Anche i pescatori avevano il proprio
"spirito", infatti da generazione in generazione si tramandava la
stessa lezione.
Nei giorni in cui si riusciva a
prendere poco, si sarebbe dovuto gridare "aiuto" nel centro del lago,
ad un volume abbastanza alto da far arrivare la voce sul fondo, ma non troppo
perché si sentisse a riva.
Questo avrebbe portato i pesci ad
abboccare in massa.
Era raro però, a causa della quantità
di pesci che si andava a formare, che qualcuno notasse il mandante.
Quelli che erano riusciti a vederlo lo
descrivevano come un ragazzo dalla coda di pesce, una specie di sirena, dalla
pelle liscia, ma bluastra, e dai corti capelli di colore nero.
Quelli che l'avevano guardato negli
occhi, erano rimasti incantati dal loro colore, un misto di blu e verde che
ricordava il fondale marino.
Lo chiamavano Aitor, lo spirito
dell'acqua.
C'era poi l'ultimo, quello che rappresentava
il fuoco.
Se gli altri spiriti si fossero fatti
vedere raramente, lui sarebbe stato ancora più sfuggente.
Quasi nessuno era stato in grado di
vederlo e quei pochi che ne avevano avuto la possibilità non erano mai stati
capaci di descriverlo chiaramente.
Si era dato per scontato che avesse
sembianze maschili, ma nessuno poteva esserne sicuro.
Appariva principalmente nei mesi
invernali, a coloro che si perdevano nei boschi o sulle montagne di notte.
Lui arrivava e li scaldava abbastanza
perché non morissero.
Alcuni invece, al ritorno dal loro
girovagare alla ricerca di legna, trovavano un fuoco già acceso davanti alle
proprie tende, fuoco che sapevano non si sarebbe spento finché a loro fosse
servito.
Agendo così nell'ombra, era difficile
scovarlo, alcuni avevano lasciato deliberatamente il loro accampamento, facendo
finta di andare a cercare legna.
Rimanendo invece appostati dietro gli
alberi per vederlo arrivare.
Ma bastava si voltassero un secondo o
strizzassero gli occhi, il fuoco si accendeva e dello spirito nemmeno l'ombra.
Anche se la maggior parte rimaneva a
fissare un mucchietto di legna che non accennava ad accendersi.
Solo una bambina, caduta nel lago
ghiacciato in una sera di dicembre era stata in grado di descriverlo alla
perfezione.
Ricordava che lui l'aveva tenuta in
braccio e che il suo corpo caldo l'aveva scaldata fino a far evaporare l'acqua
sui suoi vestiti.
Nina, questo era il nome della bambina,
raccontava che quello spirito aveva sembianze che non riusciva a riconoscere
chiaramente come maschili o femminili, come si riusciva invece a fare con gli
altri.
I suoi capelli erano rossi come il
fuoco, i suoi occhi anche.
Sulle sue spalle ardevano due piccole
fiamme, che però non bruciavano la sua pelle, ma anzi, sembravano parte di essa.
Era vestito leggero, con abiti neri e
nonostante quelle fiamme, il suo sorriso era dolce e amorevole.
Lui, lo spirito del fuoco, era chiamato
Frojien.
Molti ritenevano si trattasse di
soggezione, altri di un modo per attirare turisti, altri ancora erano fermamente
convinti che quegli spiriti esistessero.
In realtà, nonostante le leggende
sembrassero vedere questi spiriti agire tranquillamente agli occhi degli umani
e aiutarli in ogni cosa, molti minatori, pescatori, bambini e persone perse
nelle montagne potevano dire di non essere mai stati aiutati da uno di quei
cosiddetti spiriti, in anni di vita vicino a quel lago.
Tutti vaneggiavano di averli visti, ma
molti lo facevano per il puro piacere di mantenere viva la leggenda.
Quel pomeriggio d'agosto inoltrato, sul
lago degli spiriti faceva parecchio caldo, molti degli abitanti del paese si
godevano il fresco all'ombra degli alberi o nelle loro case.
Le rive erano praticamente vuote e
nessuno aveva trovato il coraggio di andare a pescare, quindi lo erano anche le
acque.
Frojien col caldo era un'esplosione di
energie e in giornate come quella avrebbe corso tranquillamente una maratona
senza il minimo sforzo, mentre il povero Aitor soffriva tantissimo le alte
temperature e rischiava di farsi seccare la pelle se rimaneva troppo tempo
all'asciutto.
Il ragazzo infatti era immerso
nell'acqua del lago fino a poco sotto le braccia, poggiato ad un piccolo
scoglio a cui una pietra più grande faceva ombra.
Torin, che della temperatura se ne
poteva fregare, sedeva sullo scoglio più alto. Mentre Aki e Frojien erano
seduti sulla spiaggia, a pochi passi dagli altri due.
Frojien accarezzava distrattamente le
ali della ragazza, mentre gli altri chiacchieravano amabilmente.
Torin si sporse dal sasso, allungando
un braccio verso l'acqua, tentò di lavarsi la faccia, ma come ogni volta lo
sporco non accennò a sparire.
«Smettila di provarci. Sai che non
funziona» lo criticò Aitor, immergendosi subito dopo, quando notò che le sue
dita stavano iniziando a seccarsi.
«Tentar non nuoce» rispose l'altro,
fingendo di asciugarsi tristemente le lacrime dal viso.
«È una tua caratteristica» li
interruppe Aki, con il suo solito tono dolce e sognante. «Non dovresti volerla
togliere.»
«Oh, andiamo!» rispose Torin
indispettito. «Tu hai le ali, l'amico qui sotto ha una coda di pesce e una
perenne tintarella blu e Frojien ha delle fottutissime fiamme che escono dalle
sue spalle. Io cos'ho di speciale? Lo sporco e i vestiti stracciati.»
«Sei bello per questo» rispose ancora
lei, sorridendo, cosa che fece sentire Torin come sollevato a venti metri
d'altezza.
Non capiva come i bambini potessero
amare quella sensazione a lui faceva solo venire da vomitare.
«È ovvio che tu dica così, vivi con la
testa per aria» rispose, prima con tono serio, poi scoppiò a ridere.
«Ditemi che non l'ha veramente detto»
disse Aitor, scuotendo la testa.
Torin rise ancora di più, tenendosi la
pancia come avesse detto la cosa più divertente del mondo.
Sembrava così infantile e stupido a
volte, tanto che Aitor si chiese come sarebbe stata diversa la sua storia se ai
minatori fosse apparso per come era davvero e non con quella teatralità, che
Aitor trovava un po' assurda.
«Scusate non sono riuscito a
trattenermi» esclamò ancora lo spirito della terra, senza smettere di ridere.
«Non hai qualche masso da spostare?»
chiese l'altro schizzando l'amico che si spostò indietro, rischiando di cadere
dallo scoglio.
Appena ripreso l'equilibrio, Torin
iniziò a imprecare.
Nonostante il caldo tropicale di quella
giornata le stesse distruggendo, poco distante dalla scogliera sulla riva
sinistra del lago, due ragazze stavano camminando nel bosco.
Una di loro era alta quasi un metro e
ottanta e camminava con la schiena curva per evitare i rami, l'altra, più
piccola di statura, la prendeva in giro.
Frida e Selene erano abituate a
camminare nei boschi, lo facevano ormai da anni. Conoscevano il lago degli
spiriti come le loro tasche.
Ma quel lato era sempre stato ostico,
specialmente per Frida. I rami degli alberi erano troppo bassi, c'era pieno di
rovi e la spiaggia a cui volevano arrivare, oltre che essere difficile da
trovare, sembrava cambiare locazione ogni volta che tentavano di raggiungerla.
Era un luogo che conoscevano solo loro,
un piccolo spazio dove nessuno poteva vederle né disturbarle.
Le due si incamminarono per un piccolo
sentiero, gioendo di essere riuscite a trovarlo ancora una volta in mezzo a
quella boscaglia.
Quel sentiero era l'unico punto fisso
che sapevano dirigersi verso la spiaggia, era ben tenuto, nonostante nessuno
sembrasse mai usarlo, cosa su cui però nessuna delle due si era mai fatta
domande.
«Frida?» disse Selene, mentre l'amica
spostava l'ennesimo ramo da davanti la sua faccia.
«Eh?»
«Ti ricordi quando siamo andate alla
spiaggia con tuo fratello due anni fa?»
«Sì, e allora?»
«Secondo te si ricorda ancora come
arrivarci?»
Frida si bloccò un secondo e guardò
l'amica, che nonostante l'avesse presa in giro per tutto il tempo, in quel
momento sembrava molto preoccupata.
«Ha una memoria da schifo non si
ricorda nemmeno cosa ha mangiato ieri, figurati se si ricorda come arrivare
qui. In più sai meglio di me quanto sia difficile arrivarci anche conoscendo la
strada.»
Selene non sembrò per nulla sollevata.
Aveva paura che qualcuno potesse
trovarle lì e scoprirle, paura che Frida condivideva, ma non poteva certo
preoccuparsi costantemente di quello o non sarebbe riuscita a godersi quei
pochi momenti felici e sperava con tutto il cuore che anche Selene iniziasse a
pensarla così.
«Eccola la vedo» gridò contenta Frida,
che iniziava a vedere in fondo alla distesa infinita di alberi e rovi la sua
amata spiaggia.
«Vorrei poter dire la stessa cosa. Ma
ecco...»
«Sei troppo bassa.»
«Touché!» fece Selene facendo
ridacchiare l'amica.
Sembrava ancora preoccupata, ma il
pensiero di aver raggiunto la spiaggia l'aveva sicuramente tirata su di morale,
quando poi videro che era vuota, come al solito, Selene tirò un sospiro di sollievo.
Si sedettero in un punto a caso e Frida
chiuse gli occhi, godendosi l'aria fresca che soffiava dal lago.
Selene era più calma ma non ancora del
tutto sicura, non sapeva perché ma quel giorno aveva la sensazione che sarebbe
arrivato qualcuno.
Guardava il lago e i meravigliosi
riflessi che la luce creava sull'acqua, era così bello quel posto che faceva
fatica ad immaginare che potesse esistere qualcosa di meglio.
Anzi no, qualcosa di più bello esisteva
e di questo era certa, ma non avrebbe mai potuto ammetterlo ad alta voce.
Si voltò a guardare il viso illuminato
dalla luce di Frida, la invidiava nel suo essere così tranquilla.
Frida, sentendosi forse osservata, aprì
gli occhi e ricambiò lo sguardo dell'amica, sorridendole.
Poi tornarono entrambe ad ammirare il
lago.
«Tu ci credi a quelle storie sugli
spiriti?» chiese ad un certo punto Selene.
Si accorse che era un argomento di cui
non avevano mai parlato, nonostante in anni di amicizia avessero praticamente
discorso di qualsiasi argomento.
Frida cambiò subito espressione, cosa
che preoccupò l'amica non poco. Selene la conosceva abbastanza da capire che
c'era qualcosa che non le aveva detto.
«Oi, tutto bene?»
Frida si guardò i piedi e sospirò.
«Tanto prima o poi te lo dovevo dire,
no?» esclamò, ridendo, poi tornò seria.
«Dire cosa?» chiese Selene, che non
riusciva a comprendere come un argomento stupido come quello, potesse portare a
quella reazione.
«Sai che qualche anno fa casa mia ha
preso fuoco, no?»
«Sì, ma certo me lo ricordo, ti ho
vista piangere per mesi, non posso certo dimenticarmelo» disse e sentì un peso
sul cuore ripensando alle ore passate a stringere Frida tra le braccia, a
sentirla tremare e piangere.
«Ti ricordi anche che i miei mi hanno
trovata mezza svenuta poco distante dalla casa.»
«Ma abbastanza per non essere colpita
dal fuoco, sì mi ricordo anche questo.»
«Io ero in casa quel giorno. Lo so che
può sembrare assurdo, perché era una casa piccola, tutta di legno ed ha preso
fuoco in poco tempo ma io ero sicura di essere nella mia stanza. Quando il
fuoco mi ha raggiunta, non sapevo come uscire, ero praticamente circondata ed
ero certa che sarei morta lì. Però ho sentito una mano che mi prendeva e io lo
so che sembra una storia assurda è per questo che non l'ho mai raccontato a
nessuno, però io sono sicura di averlo visto è lui che mi ha portata fuori.»
«Frojien?»
«Lui mi ha salvato la vita» disse, si
sentiva spogliata della barriera di finto scetticismo che si era creata
attorno, specialmente parlando con Selene. «lo so che è difficile crederci.»
Selene si sentì in colpa, perché non le
credeva, per quanto sapesse quanto quelle parole dovessero aver pesato per Frida
Era la seconda volta che qualcuno le
diceva di aver visto uno degli spiriti.
Suo nonno le raccontava sempre di aver
incontrato Torin, un giorno in miniera, all'inizio, quando ancora era bambina
ci credeva, ma crescendo aveva smesso.
Si pentì di averle chiesto quella cosa,
perché si sarebbe sentita in colpa a dirle che pensava che probabilmente la
visione di Frojien e tutta quella storia dovevano essere un'allucinazione o un
sogno, ma si sarebbe sentita altrettanto in colpa dicendole una bugia.
Selene rimase in silenzio e Frida capì
che l'amica non le credeva.
«Non importa» iniziò «se non mi credi,
è un tuo diritto.»
«Non è che non ti credo» rispose,
stringendo le gambe al petto. «È che mi sembra strano, tutta questa
storia degli spiriti» non sapeva come dirle quello che pensava senza
offenderla.
Litigare con Frida era l'ultima cosa che
avrebbe voluto fare, perché lei era una che si legava le cose al dito e
litigare una volta significava perderla per sempre, e certamente Selene non
avrebbe sopportato di perderla.
Rimasero in silenzio per quelle che
sembrarono ore.
Fino a che non sentirono qualcuno
chiamarle.
«Sono ancora loro?» sussurrò Frojien,
che aveva nascosto la testa dietro le ali di Aki.
Quelle due ragazze che, se ricordava
bene, si chiamavano Frida e Selene, frequentavano quella spiaggia quasi
quotidianamente.
Frojien le trovava interessanti, il
loro rapporto ricordava molto quello che aveva con Aki e questo allo spirito
piaceva.
Tanto che sperava che anche gli altri
le scegliessero per quell'anno.
«Eccole!» esclamò contento Torin. «Mi
mancavano oggi.»
Quelle due erano simpatiche a tutti,
principalmente perché riuscivano sempre a trovare quella spiaggia, nonostante
Torin si premurasse di spostarla ogni volta.
«Andiamo via?» suggerì Aitor,
immergendosi in acqua.
Era sempre lui a dirlo, ma era una cosa
che pensavano tutti, quando le vedevano arrivare andavano via, per lasciare
loro una certa privacy.
Sapevano bene di non poter essere visti
se non lo volevano, ma rimanere lì era sempre sembrato a tutti un "abuso
di potere", così lo chiamava Aitor.
Gli altri si alzarono in piedi, tranne
Aki, che fissava le due ragazze sedute sulla spiaggia, ignare della presenza di
quei quattro.
«Aki?» la chiamò Frojien, prendendole
una mano, ma la ragazza non fece segno di notarlo.
«Non ti sembra triste oggi?» fece lei,
ed effettivamente guardando bene, Frojien, notò che nel viso di una di loro,
Selene se non errava, c'era qualcosa che non andava.
«Tu ci credi a quelle storie sugli
spiriti?»
Le parole di quella ragazza furono
abbastanza per attirare l'attenzione di tutti i presenti, che si lasciarono
subito alle spalle il proposito di andare via.
In fondo non ascoltavano cose private,
stavano parlando di loro.
Aitor nuotò verso le due, mentre Torin
scese dallo scoglio e corse nella loro direzione. Aki e Frojien, anche se
titubanti all'idea di ascoltare, si fecero convincere dagli altri due a
rimanere e, mano nella mano, si avvicinarono alle ragazze.
«Sai che qualche anno fa casa mi ha
preso fuoco, no?» aveva iniziato Frida, che nel frattempo aveva assunto la
stessa espressione triste di Selene.
Frojien ebbe un momento di
straniamento, poi ricordò.
Erano passati circa quattro anni, forse
cinque.
Una delle case del paese stava andando
a fuoco, ricordava di aver guardato quella casa e aver pensato che se gli
abitanti non stavano attenti tutto il paese potenzialmente sarebbe potuto
andare a fuoco.
Non aveva intenzione di fare nulla
all'inizio, ma poi sentì qualcosa.
Dentro la casa c'era qualcuno, chiuso
in una stanza, circondato dalle fiamme. Qualcuno che il suo cuore non gli
permetteva di lasciare lì a morire.
Non fece nient'altro che salvare quella
ragazzina.
Mentre Frida raccontava, Frojien piano
piano ricordava.
Un'immagine nitida si formò nel suo
cervello, di quella ragazza che ripeteva "grazie" sottovoce, mentre
stringeva le braccia attorno al suo corpo.
Selene però sembrava non crederci.
«Lui mi ha salvato la vita» riprese.
In quell'istante un fiume di risate
riempì la spiaggia, risate che Frojien fu felice le due ragazze non potessero
sentire.
«Un'altra persona che crede che tu sia
un uomo, a quante siamo Aitor?» gridò Torin, stringendosi nuovamente le braccia
attorno alla pancia.
«Ho perso il conto ma direi tante»
Aitor rideva anche lui a crepapelle, mentre Aki continuava a guardare
preoccupata le due ragazze.
Frojien arrossì, lei aveva tenuto il
conto, ma di certo non avrebbe rivelato il numero esatto a quei deficienti.
Le due ragazze continuarono a parlare,
ma dopo poco fu chiaro che Selene non credeva ad una parola di quello che aveva
detto Frida.
Ad un certo punto si zittirono entrambe
e nonostante prima fossero presi dalle risa, anche Aitor e Torin smisero di
ridere e si guardarono preoccupati tra di loro.
I quattro spiriti non seppero mai
perché quel litigio silenzioso li avesse colpiti così tanto.
Eppure, rimasero a guardare in silenzio
quelle due ragazze, tutti profondamente scossi.
Forse perché quel litigio, in un certo
senso, era colpa loro.
Potevano agire senza farsi vedere,
vivendo nell'ombra come avevano fatto per anni.
Eppure, un giorno Torin, per scherzare
con un tizio che si era nascosto in una delle grotte tra le montagne per
difendersi dalla pioggia, qualcosa come mezzo millennio prima, aveva fatto
cadere di proposito una roccia a pochi passi da lui.
Quell'uomo spaventato era corso via,
probabilmente pensando che la grotta non fosse sicura, e sarebbe finito dritto
in un burrone se Torin non l'avesse inseguito e salvato.
Si era sentito così in colpa in quel
momento che aveva deciso di apparire a quell'uomo per chiedergli scusa.
Da quel giorno erano iniziate le
leggende.
Avevano sempre aiutato le persone in
difficoltà, erano lì per quello, ma da dopo quell'apparizione avevano iniziato
a farlo, ogni tanto, mostrandosi alla persona che salvavano.
Non così spesso, ma abbastanza perché
le voci su di loro girassero.
Si divertivano a sentire le leggende
che li vedevano protagonisti.
Frojien si sentì in colpa.
«Se parlassi con loro?»
«Fro!» le rispose con dolcezza Aitor.
«Non credo migliorerebbe le cose, la ragazza che ti ha visto potrebbe
arrabbiarsi con l'altra ancora di più se scoprisse che effettivamente esisti.»
«In fondo non è colpa tua» sussurrò
Aki, stringendole la mano ancora più forte.
Avevano ragione.
«È che speravo fossero loro quest'anno,
ma se litigano mi sa che non verranno più qui.»
Frojien provava il profondo desiderio,
forse non tanto di fermare quel litigio, quanto di dare a Frida la certezza che
lei esistesse, per non farla sentire pazza. Se fosse apparsa, però, loro si
sarebbero spaventante?
Sarebbero scappate via in preda al
panico?
O magari no.
Magari sarebbero semplicemente rimaste
a fissarli pensando chissà che cosa.
Era un dubbio che la tormentava in
continuazione, per quello forse faceva più fatica degli altri ad agire.
Si inginocchiò davanti a Frida e le
sfiorò il viso con una mano, lei dovette sentire qualcosa, perché si scosse
leggermente.
Torin si avvicinò a lei e le picchietto
dolcemente con una mano sulla testa.
«Dai andiamocene è meglio» disse
nuovamente Aitor, pensando che, andando via si sarebbero dimenticati tutti di
quella cosa.
«Aspetta pesciolino, ho un'idea» lo
interruppe Torin, alzando un braccio verso di lui.
"Avere un'idea è un parolone"
pensò, ma pensò anche che aggiungere quelle parole al suo discorso non sarebbe
stato utile alla sua causa.
Se c'era qualcosa che non gli piaceva
era vedere Frojien soffrire, specialmente dato che, quella situazione, se presa
molto alla larga, era tutta colpa sua.
Gli altri tre rimasero a guardarlo
senza capire, mentre si dirigeva ai confini del bosco.
Si appoggiò ad un albero e sorrise.
Poi, senza alcun preavviso, gridò i
nomi delle ragazze.
Le due si girarono.
«Che cazzo ti è venuto in mente Torin?»
gli gridò contro Aitor, ma lui fece finta di non sentirlo.
Selene e Frida si girarono, alzandosi
in piedi, prima piene di terrore, poi sembrarono più che altro interdette.
Quando si voltarono davanti ai loro
occhi c'era un ragazzo.
In tutta sincerità, Frida, si aspettava
di vedere suo fratello o qualcuno della sua famiglia che le aveva seguite.
La ragazza contò che a occhio e croce
quel tipo doveva avere la loro età.
Era completamente coperto di terra,
come si fosse appena rotolato nel fango.
Nessuna delle due aveva idea di chi
fosse, né di come fosse arrivato lì, né tantomeno come conoscesse i loro nomi.
«Mi fa strano sapete, di solito mi dimentico
subito i nomi delle persone» esclamò contento il ragazzo.
Nonostante l'aspetto trasandato, il
modo di parlare e di comportarsi sembravano sinceramente gentili.
Ma il fatto che si fosse presentato
così, dietro di loro, le inquietava parecchio.
Frida, quasi inconsciamente, spostò
Selene dietro di lei, come per proteggerla.
Quell'apparizione inquietante le aveva
fatto totalmente dimenticare del litigio e così era anche per Selene.
«Chi saresti tu?» chiese.
Il ragazzo si grattò la testa e si
passò le mani sul viso, come per pulirlo, cosa che però non fece che peggiorare
la situazione.
«Se ve lo dicessi non mi credereste»
rise. «Mi chiedo perché mi sia venuta quest'idea deficiente. Me lo sta
chiedendo anche Aitor. Ciao bello» fece salutando un punto impreciso nell'acqua.
Entrambe pensarono che fosse pazzo ed
entrambe si guardarono intorno alla ricerca di un punto per scappare.
«Ah, sì!» fece Frida. «Dircelo magari
sarebbe carino, non credi?»
Il ragazzo scoppiò a ridere, con un
suono talmente strano che le due si spostarono indietro, rischiando di finire
in acqua.
«Finiscila Torin così le spaventi!» un
altro ragazzo, anzi no, pensò Selene, era una ragazza, sembrò apparire dal
nulla loro fianco.
«Torin?» sussurrò, ricordandosi dei
racconti del nonno.
Quel ragazzo era esattamente come lei
aveva immaginato Torin, quando lui le raccontava la storia di come aveva
incontrato lo spirito della terra, un giorno in miniera.
La ragazza apparsa al loro fianco aveva
delle fiamme sulle spalle, forse prima nascoste dal sole, in quel momento erano
difficili da non notare.
«Frojien?» fece Selene, indicandola e
Frida paradossalmente la strinse a sé, come fosse ancora spaventata, anche se
il suo viso mostrava una gioia mai vista prima.
«Sono loro!» sussurrò e Selene, per
quanto incredula, non poté che darle ragione.
«Visto, ha funzionato Fro» scherzò
Torin, indicando l'altra.
«Tu sei pazzo!» gli rispose lei.
Frojien ci mise un po' a capire, ma
appena le fu chiaro l'intento di Torin le venne da ridere.
Le aveva spaventate a tal punto che,
sapere che loro erano spiriti, le spaventava meno di quanto lo avrebbe fatto un
ragazzo strano sporco di terra che parlava in modo inquietante.
«A questo punto direi che non ha senso
nascondersi, Aitor, Aki» chiamò Torin e anche gli altri due si mostrarono alle
ragazze.
Frida non sapeva cosa dire, ma il suo
primo istinto fu quello di gettarsi tra le braccia di Frojien.
"Grazie" pensò "sia per
avermi salvata, sia per aver fatto conoscere questa magia anche a Sel".
Frida sentì una piacevole sensazione
sulla sua pelle, il corpo di Frojien era caldo, non abbastanza da bruciarla, ma
quanto bastava per riscaldarla.
Iniziò a piangere senza riuscire a
fermarsi.
«Oh beh non mi aspettavo che avrebbe
funzionato davvero» esclamò Torin, da dietro le ragazze, sorridendo.
Selene provò di nuovo quel senso di
colpa.
Per quanto fosse colpita e anche
felice, a modo suo, non riusciva a non pensare al fatto che poco prima aveva
praticamente dato della pazza a Frida e che probabilmente il fatto che avesse
ragione l'avrebbe fatta arrabbiare ancora di più con lei.
Si sarebbe presa a pugni, per avere la
stupidità di pensare a quello mentre degli spiriti magici, ritenuti una
leggenda, erano letteralmente apparsi davanti a loro, ma non riusciva a non
pensarci.
Frida si separò da Frojien.
«Hai visto» disse poi, rivolgendosi a
lei «non è bellissimo» gridò, correndo ad abbracciarla.
Selene non capiva, forse perché l'amica
non aveva mai realmente avuto il coraggio di dimostrarle quanto le volesse bene.
Frida si legava le cose al dito, quello
era vero, ma non sarebbe mai riuscita ad arrabbiarsi tanto con Selene da far
terminare quell'amicizia, ci teneva troppo. In quel momento, oltretutto,
l'unica cosa a cui Frida riusciva a pensare era che gli spiriti esistessero
davvero.
Aitor tirò un sospiro di sollievo
«Cavolo il suo stupido piano ha funzionato!»
«O mio Dio!» gridò nuovamente Frida,
che era arrivata a saltellare dalla gioia.
Frojien si accorse di quanto quella
ragazza assomigliasse ad Aki, nel suo modo di fare, e non poté fare a meno di
sorridere.
«Ma perché siete qui?» domandò Frida.
«Sembrava che steste per litigare e voi
ci state simpatiche, voglio dire vi vediamo qui quasi tutti i giorni. Non è che
vi spiamo, di solito ce ne andiamo subito quando arrivate, ma stavate parlando
di noi e ci siamo incuriositi» le rispose Torin.
Selene guardò lo spirito della terra,
era così simile ad un ragazzo reale rispetto agli altri che se Frojien non si
fosse mostrata, non avrebbe mai pensato che lui potesse essere uno spirito.
Si chiese se avesse avuto quello stesso
aspetto anche quando suo nonno l'aveva visto, eppure l'aveva descritto con
intorno a sé un'aurea quasi inquietante, che Torin in quel momento non aveva
per nulla.
Avrebbe voluto chiedergli se si
ricordasse di suo nonno, ma non trovò il coraggio di parlare.
«Io pensavo che appariste solo alle
persone che hanno bisogno di aiuto» li interruppe Frida.
«Voi avevate bisogno di aiuto» rispose
Torin «ma adesso è meglio che andiamo via, non credete ragazzi.»
«Aspettate» per sorpresa di tutti, fu
Selene a parlare che aveva del tutto messo da parte la paura per fare spazio ad
una profonda curiosità «se promettiamo di non dirlo a nessuno, possiamo farvi
qualche domanda?»
«Potete dirlo a chi volete ragazze.
Saremmo in grado di cavarcela anche se tutti sapessero della nostra esistenza»
la interruppe Aitor. «Certo, per evitare problemi sarebbe meglio che teneste
questa cosa per voi.»
Frida sorrise a Selene, come avesse
detto esattamente le cose che voleva dire lei, ma non aveva il coraggio di fare
e forse, pensò l'altra, era proprio così.
Si sedettero tutti vicino agli scogli,
per evitare di far stare Aitor troppo esposto al sole.
Iniziarono a parlare e con molta
sorpresa, le domande arrivavano da ambo le parti, gli spiriti conoscevano gli
umani, li conoscevano bene, ma sentire quelle due ragazze parlare di cose come
la scuola, gli sport, il cinema, li affascinava terribilmente.
Frida e Selene ormai avevano
dimenticato il loro discorso, tanto erano prese da quella strana e inaspettata
conversazione.
«Quindi voi siete qui da secoli?»
«Tanti anche» rispose Aitor.
«Non vi annoiate a stare sempre tra di
voi?»
I quattro si guardarono l'uno con
l'altro. Sorridendosi a vicenda.
«In realtà no!» disse Aitor,
rispondendo per tutti e quattro. «È strano da dire, ma pur conoscendoci da
anni c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire.»
Frida sorrise, non l'avrebbe mai detto
ad alta voce, ma pensava esattamente la stessa cosa di Selene, la conosceva da
anni, eppure le sembrava di essere capace di scoprire cose nuove su di lei ogni
volta che parlavano.
Era anche per questo che si era legata
così tanto a lei.
Parlarono per ore, delle cose più
disparate, fino a che non fu buio.
Allora le due ragazze si alzarono da
terra.
«Dobbiamo andare, ma possiamo tornare
domani, se volete.»
«Ma certo» risposero i quattro spiriti.
Le due ragazze, sorridendo felici si
incamminarono verso casa. Frida strinse forte la mano di Selene, sorridendole.
Era così felice che il suo cervello non
riusciva a pensare a nulla, se non a quello strano e meraviglioso incontro, e
non avrebbe potuto desiderare nulla di meglio che condividere quell'esperienza
con Selene.
Erano lontane già qualche centinaio di
metri, quando uno degli spiriti si decise a parlare.
«L'hanno presa bene, di solito iniziano
a gridare appena uno di noi si fa vedere.»
«Potevi evitare tutta quella scenetta,
le hai spaventate un po' troppo.»
«Poteva andare peggio...ti ricordi,
quand'era, una cinquantina d'anni fa? Le due sorelle Massa, una ci quasi è
infartata davanti» rispose Torin.
«Mi dispiace dover cancellare loro la
memoria ogni volta» sussurrò Frojien.
«Lui ci ha lasciato la possibilità di
parlare con una coppia a scelta ogni anno a questo patto, non possiamo decidere
deliberatamente di lasciare loro la memoria» rispose Aki, che comunque sembrava
molto triste, come ogni volta.
«Lui non era nemmeno molto contento del
nostro apparire alla gente» si intromise Torin «ma ce l'ha comunque lasciato
fare.»
«Comunque possiamo sempre ascoltarle
parlare da fuori, senza farci vedere.»
«Già. Ma questa volta mi dispiace più
delle altre.»
Il lago degli spiriti è un racconto di Cristina Parodi
foto pixabay
Il lago degli spiriti era immerso nel
mistero.
Chiunque, sia che lo vedesse di
sfuggita, sia che vi abitasse a fianco, lo descriveva come un luogo magico.
Gli abitanti del posto che conoscevano
il latino lo chiamavano semplicemente un "locus amoenus".
Era enorme, circondato ovunque da
boschi circondati a loro volta dalle montagne.
Durante il periodo primaverile gli
alberi in fiore perdevano petali colorati che galleggiavano sulla superficie
del lago, formando quello che sembrava un morbido tappeto.
Mentre nel periodo autunnale i colori
caldi delle foglie si riflettevano nell'acqua creando insiemi di colori
mozzafiato.
Dato l'aspetto magico di quel luogo, le
leggende che ci giravano attorno erano tante, ma tutte avevano un punto in
comune, i quattro spiriti.
Si diceva infatti che quel luogo fosse
abitato da quattro esseri che rappresentavano gli elementi: aria, terra, acqua
e fuoco.
Tutti gli assidui frequentatori del
lago vaneggiavano di averne visto almeno uno nelle situazioni più disparate.
Nonostante tutto, c'erano quattro
leggende riguardanti ognuno di loro che si presentavano più frequentemente delle
altre.
Nell'unica zona priva di boschi, ovvero
un enorme prato al confine nord del lago, molti, specialmente bambini,
raccontavano di aver visto una bellissima donna dalle grandi ali passeggiare,
raccogliendo fiori.
Una ragazza alta, ma molto magra, dalla
pelle pallida e con due grandi occhi di un colore così chiaro da sembrare quasi
trasparenti.
I suoi capelli, anche nelle giornate
senza vento, sembravano essere spinti da una brezza leggera.
Si limitava a sorridere a quei bambini,
che vedendola avevano quasi l'impressione di prendere il volo.
Era una sensazione che tutti avrebbero
ricordato anche in età adulta, ma che nulla sarebbe mai riuscito ad eguagliare.
Quella donna era chiamata Aki, lo
spirito del vento.
Girava voce, invece, tra i minatori che
lavoravano nelle miniere sulle montagne, che scavando nella roccia si potesse
vedere un'ombra nella propria vista periferica.
Un ragazzo, giovane e sporco di terra,
difficile da vedere chiaramente, e si poteva guardarlo solo a lato degli occhi,
se ci si voltava, infatti, egli spariva. Chiunque l'avrebbe trovata una scena
inquietante, da film dell'orrore, ma i minatori sapevano da secoli che
l'apparizione di quel ragazzo poteva significare solo due cose: che, scavando
ancora un poco, si sarebbe trovata un enorme fortuna di pietre preziose o che
scavare oltre era impossibile, per la durezza della pietra.
Questo ragazzo era chiamato Torin, lo
spirito della terra.
Anche i pescatori avevano il proprio
"spirito", infatti da generazione in generazione si tramandava la
stessa lezione.
Nei giorni in cui si riusciva a
prendere poco, si sarebbe dovuto gridare "aiuto" nel centro del lago,
ad un volume abbastanza alto da far arrivare la voce sul fondo, ma non troppo
perché si sentisse a riva.
Questo avrebbe portato i pesci ad
abboccare in massa.
Era raro però, a causa della quantità
di pesci che si andava a formare, che qualcuno notasse il mandante.
Quelli che erano riusciti a vederlo lo
descrivevano come un ragazzo dalla coda di pesce, una specie di sirena, dalla
pelle liscia, ma bluastra, e dai corti capelli di colore nero.
Quelli che l'avevano guardato negli
occhi, erano rimasti incantati dal loro colore, un misto di blu e verde che
ricordava il fondale marino.
Lo chiamavano Aitor, lo spirito
dell'acqua.
C'era poi l'ultimo, quello che rappresentava
il fuoco.
Se gli altri spiriti si fossero fatti
vedere raramente, lui sarebbe stato ancora più sfuggente.
Quasi nessuno era stato in grado di
vederlo e quei pochi che ne avevano avuto la possibilità non erano mai stati
capaci di descriverlo chiaramente.
Si era dato per scontato che avesse
sembianze maschili, ma nessuno poteva esserne sicuro.
Appariva principalmente nei mesi
invernali, a coloro che si perdevano nei boschi o sulle montagne di notte.
Lui arrivava e li scaldava abbastanza
perché non morissero.
Alcuni invece, al ritorno dal loro
girovagare alla ricerca di legna, trovavano un fuoco già acceso davanti alle
proprie tende, fuoco che sapevano non si sarebbe spento finché a loro fosse
servito.
Agendo così nell'ombra, era difficile
scovarlo, alcuni avevano lasciato deliberatamente il loro accampamento, facendo
finta di andare a cercare legna.
Rimanendo invece appostati dietro gli
alberi per vederlo arrivare.
Ma bastava si voltassero un secondo o
strizzassero gli occhi, il fuoco si accendeva e dello spirito nemmeno l'ombra.
Anche se la maggior parte rimaneva a
fissare un mucchietto di legna che non accennava ad accendersi.
Solo una bambina, caduta nel lago
ghiacciato in una sera di dicembre era stata in grado di descriverlo alla
perfezione.
Ricordava che lui l'aveva tenuta in
braccio e che il suo corpo caldo l'aveva scaldata fino a far evaporare l'acqua
sui suoi vestiti.
Nina, questo era il nome della bambina,
raccontava che quello spirito aveva sembianze che non riusciva a riconoscere
chiaramente come maschili o femminili, come si riusciva invece a fare con gli
altri.
I suoi capelli erano rossi come il
fuoco, i suoi occhi anche.
Sulle sue spalle ardevano due piccole
fiamme, che però non bruciavano la sua pelle, ma anzi, sembravano parte di essa.
Era vestito leggero, con abiti neri e
nonostante quelle fiamme, il suo sorriso era dolce e amorevole.
Lui, lo spirito del fuoco, era chiamato
Frojien.
Molti ritenevano si trattasse di
soggezione, altri di un modo per attirare turisti, altri ancora erano fermamente
convinti che quegli spiriti esistessero.
In realtà, nonostante le leggende
sembrassero vedere questi spiriti agire tranquillamente agli occhi degli umani
e aiutarli in ogni cosa, molti minatori, pescatori, bambini e persone perse
nelle montagne potevano dire di non essere mai stati aiutati da uno di quei
cosiddetti spiriti, in anni di vita vicino a quel lago.
Tutti vaneggiavano di averli visti, ma
molti lo facevano per il puro piacere di mantenere viva la leggenda.
Quel pomeriggio d'agosto inoltrato, sul
lago degli spiriti faceva parecchio caldo, molti degli abitanti del paese si
godevano il fresco all'ombra degli alberi o nelle loro case.
Le rive erano praticamente vuote e
nessuno aveva trovato il coraggio di andare a pescare, quindi lo erano anche le
acque.
Frojien col caldo era un'esplosione di
energie e in giornate come quella avrebbe corso tranquillamente una maratona
senza il minimo sforzo, mentre il povero Aitor soffriva tantissimo le alte
temperature e rischiava di farsi seccare la pelle se rimaneva troppo tempo
all'asciutto.
Il ragazzo infatti era immerso
nell'acqua del lago fino a poco sotto le braccia, poggiato ad un piccolo
scoglio a cui una pietra più grande faceva ombra.
Torin, che della temperatura se ne
poteva fregare, sedeva sullo scoglio più alto. Mentre Aki e Frojien erano
seduti sulla spiaggia, a pochi passi dagli altri due.
Frojien accarezzava distrattamente le
ali della ragazza, mentre gli altri chiacchieravano amabilmente.
Torin si sporse dal sasso, allungando
un braccio verso l'acqua, tentò di lavarsi la faccia, ma come ogni volta lo
sporco non accennò a sparire.
«Smettila di provarci. Sai che non
funziona» lo criticò Aitor, immergendosi subito dopo, quando notò che le sue
dita stavano iniziando a seccarsi.
«Tentar non nuoce» rispose l'altro,
fingendo di asciugarsi tristemente le lacrime dal viso.
«È una tua caratteristica» li
interruppe Aki, con il suo solito tono dolce e sognante. «Non dovresti volerla
togliere.»
«Oh, andiamo!» rispose Torin
indispettito. «Tu hai le ali, l'amico qui sotto ha una coda di pesce e una
perenne tintarella blu e Frojien ha delle fottutissime fiamme che escono dalle
sue spalle. Io cos'ho di speciale? Lo sporco e i vestiti stracciati.»
«Sei bello per questo» rispose ancora
lei, sorridendo, cosa che fece sentire Torin come sollevato a venti metri
d'altezza.
Non capiva come i bambini potessero
amare quella sensazione a lui faceva solo venire da vomitare.
«È ovvio che tu dica così, vivi con la
testa per aria» rispose, prima con tono serio, poi scoppiò a ridere.
«Ditemi che non l'ha veramente detto»
disse Aitor, scuotendo la testa.
Torin rise ancora di più, tenendosi la
pancia come avesse detto la cosa più divertente del mondo.
Sembrava così infantile e stupido a
volte, tanto che Aitor si chiese come sarebbe stata diversa la sua storia se ai
minatori fosse apparso per come era davvero e non con quella teatralità, che
Aitor trovava un po' assurda.
«Scusate non sono riuscito a
trattenermi» esclamò ancora lo spirito della terra, senza smettere di ridere.
«Non hai qualche masso da spostare?»
chiese l'altro schizzando l'amico che si spostò indietro, rischiando di cadere
dallo scoglio.
Appena ripreso l'equilibrio, Torin
iniziò a imprecare.
Nonostante il caldo tropicale di quella
giornata le stesse distruggendo, poco distante dalla scogliera sulla riva
sinistra del lago, due ragazze stavano camminando nel bosco.
Una di loro era alta quasi un metro e
ottanta e camminava con la schiena curva per evitare i rami, l'altra, più
piccola di statura, la prendeva in giro.
Frida e Selene erano abituate a
camminare nei boschi, lo facevano ormai da anni. Conoscevano il lago degli
spiriti come le loro tasche.
Ma quel lato era sempre stato ostico,
specialmente per Frida. I rami degli alberi erano troppo bassi, c'era pieno di
rovi e la spiaggia a cui volevano arrivare, oltre che essere difficile da
trovare, sembrava cambiare locazione ogni volta che tentavano di raggiungerla.
Era un luogo che conoscevano solo loro,
un piccolo spazio dove nessuno poteva vederle né disturbarle.
Le due si incamminarono per un piccolo
sentiero, gioendo di essere riuscite a trovarlo ancora una volta in mezzo a
quella boscaglia.
Quel sentiero era l'unico punto fisso
che sapevano dirigersi verso la spiaggia, era ben tenuto, nonostante nessuno
sembrasse mai usarlo, cosa su cui però nessuna delle due si era mai fatta
domande.
«Frida?» disse Selene, mentre l'amica
spostava l'ennesimo ramo da davanti la sua faccia.
«Eh?»
«Ti ricordi quando siamo andate alla
spiaggia con tuo fratello due anni fa?»
«Sì, e allora?»
«Secondo te si ricorda ancora come
arrivarci?»
Frida si bloccò un secondo e guardò
l'amica, che nonostante l'avesse presa in giro per tutto il tempo, in quel
momento sembrava molto preoccupata.
«Ha una memoria da schifo non si
ricorda nemmeno cosa ha mangiato ieri, figurati se si ricorda come arrivare
qui. In più sai meglio di me quanto sia difficile arrivarci anche conoscendo la
strada.»
Selene non sembrò per nulla sollevata.
Aveva paura che qualcuno potesse
trovarle lì e scoprirle, paura che Frida condivideva, ma non poteva certo
preoccuparsi costantemente di quello o non sarebbe riuscita a godersi quei
pochi momenti felici e sperava con tutto il cuore che anche Selene iniziasse a
pensarla così.
«Eccola la vedo» gridò contenta Frida,
che iniziava a vedere in fondo alla distesa infinita di alberi e rovi la sua
amata spiaggia.
«Vorrei poter dire la stessa cosa. Ma
ecco...»
«Sei troppo bassa.»
«Touché!» fece Selene facendo
ridacchiare l'amica.
Sembrava ancora preoccupata, ma il
pensiero di aver raggiunto la spiaggia l'aveva sicuramente tirata su di morale,
quando poi videro che era vuota, come al solito, Selene tirò un sospiro di sollievo.
Si sedettero in un punto a caso e Frida
chiuse gli occhi, godendosi l'aria fresca che soffiava dal lago.
Selene era più calma ma non ancora del
tutto sicura, non sapeva perché ma quel giorno aveva la sensazione che sarebbe
arrivato qualcuno.
Guardava il lago e i meravigliosi
riflessi che la luce creava sull'acqua, era così bello quel posto che faceva
fatica ad immaginare che potesse esistere qualcosa di meglio.
Anzi no, qualcosa di più bello esisteva
e di questo era certa, ma non avrebbe mai potuto ammetterlo ad alta voce.
Si voltò a guardare il viso illuminato
dalla luce di Frida, la invidiava nel suo essere così tranquilla.
Frida, sentendosi forse osservata, aprì
gli occhi e ricambiò lo sguardo dell'amica, sorridendole.
Poi tornarono entrambe ad ammirare il
lago.
«Tu ci credi a quelle storie sugli
spiriti?» chiese ad un certo punto Selene.
Si accorse che era un argomento di cui
non avevano mai parlato, nonostante in anni di amicizia avessero praticamente
discorso di qualsiasi argomento.
Frida cambiò subito espressione, cosa
che preoccupò l'amica non poco. Selene la conosceva abbastanza da capire che
c'era qualcosa che non le aveva detto.
«Oi, tutto bene?»
Frida si guardò i piedi e sospirò.
«Tanto prima o poi te lo dovevo dire,
no?» esclamò, ridendo, poi tornò seria.
«Dire cosa?» chiese Selene, che non
riusciva a comprendere come un argomento stupido come quello, potesse portare a
quella reazione.
«Sai che qualche anno fa casa mia ha
preso fuoco, no?»
«Sì, ma certo me lo ricordo, ti ho
vista piangere per mesi, non posso certo dimenticarmelo» disse e sentì un peso
sul cuore ripensando alle ore passate a stringere Frida tra le braccia, a
sentirla tremare e piangere.
«Ti ricordi anche che i miei mi hanno
trovata mezza svenuta poco distante dalla casa.»
«Ma abbastanza per non essere colpita
dal fuoco, sì mi ricordo anche questo.»
«Io ero in casa quel giorno. Lo so che
può sembrare assurdo, perché era una casa piccola, tutta di legno ed ha preso
fuoco in poco tempo ma io ero sicura di essere nella mia stanza. Quando il
fuoco mi ha raggiunta, non sapevo come uscire, ero praticamente circondata ed
ero certa che sarei morta lì. Però ho sentito una mano che mi prendeva e io lo
so che sembra una storia assurda è per questo che non l'ho mai raccontato a
nessuno, però io sono sicura di averlo visto è lui che mi ha portata fuori.»
«Frojien?»
«Lui mi ha salvato la vita» disse, si
sentiva spogliata della barriera di finto scetticismo che si era creata
attorno, specialmente parlando con Selene. «lo so che è difficile crederci.»
Selene si sentì in colpa, perché non le
credeva, per quanto sapesse quanto quelle parole dovessero aver pesato per Frida
Era la seconda volta che qualcuno le
diceva di aver visto uno degli spiriti.
Suo nonno le raccontava sempre di aver
incontrato Torin, un giorno in miniera, all'inizio, quando ancora era bambina
ci credeva, ma crescendo aveva smesso.
Si pentì di averle chiesto quella cosa,
perché si sarebbe sentita in colpa a dirle che pensava che probabilmente la
visione di Frojien e tutta quella storia dovevano essere un'allucinazione o un
sogno, ma si sarebbe sentita altrettanto in colpa dicendole una bugia.
Selene rimase in silenzio e Frida capì
che l'amica non le credeva.
«Non importa» iniziò «se non mi credi,
è un tuo diritto.»
«Non è che non ti credo» rispose,
stringendo le gambe al petto. «È che mi sembra strano, tutta questa
storia degli spiriti» non sapeva come dirle quello che pensava senza
offenderla.
Litigare con Frida era l'ultima cosa che
avrebbe voluto fare, perché lei era una che si legava le cose al dito e
litigare una volta significava perderla per sempre, e certamente Selene non
avrebbe sopportato di perderla.
Rimasero in silenzio per quelle che
sembrarono ore.
Fino a che non sentirono qualcuno
chiamarle.
«Sono ancora loro?» sussurrò Frojien,
che aveva nascosto la testa dietro le ali di Aki.
Quelle due ragazze che, se ricordava
bene, si chiamavano Frida e Selene, frequentavano quella spiaggia quasi
quotidianamente.
Frojien le trovava interessanti, il
loro rapporto ricordava molto quello che aveva con Aki e questo allo spirito
piaceva.
Tanto che sperava che anche gli altri
le scegliessero per quell'anno.
«Eccole!» esclamò contento Torin. «Mi
mancavano oggi.»
Quelle due erano simpatiche a tutti,
principalmente perché riuscivano sempre a trovare quella spiaggia, nonostante
Torin si premurasse di spostarla ogni volta.
«Andiamo via?» suggerì Aitor,
immergendosi in acqua.
Era sempre lui a dirlo, ma era una cosa
che pensavano tutti, quando le vedevano arrivare andavano via, per lasciare
loro una certa privacy.
Sapevano bene di non poter essere visti
se non lo volevano, ma rimanere lì era sempre sembrato a tutti un "abuso
di potere", così lo chiamava Aitor.
Gli altri si alzarono in piedi, tranne
Aki, che fissava le due ragazze sedute sulla spiaggia, ignare della presenza di
quei quattro.
«Aki?» la chiamò Frojien, prendendole
una mano, ma la ragazza non fece segno di notarlo.
«Non ti sembra triste oggi?» fece lei,
ed effettivamente guardando bene, Frojien, notò che nel viso di una di loro,
Selene se non errava, c'era qualcosa che non andava.
«Tu ci credi a quelle storie sugli
spiriti?»
Le parole di quella ragazza furono
abbastanza per attirare l'attenzione di tutti i presenti, che si lasciarono
subito alle spalle il proposito di andare via.
In fondo non ascoltavano cose private,
stavano parlando di loro.
Aitor nuotò verso le due, mentre Torin
scese dallo scoglio e corse nella loro direzione. Aki e Frojien, anche se
titubanti all'idea di ascoltare, si fecero convincere dagli altri due a
rimanere e, mano nella mano, si avvicinarono alle ragazze.
«Sai che qualche anno fa casa mi ha
preso fuoco, no?» aveva iniziato Frida, che nel frattempo aveva assunto la
stessa espressione triste di Selene.
Frojien ebbe un momento di
straniamento, poi ricordò.
Erano passati circa quattro anni, forse
cinque.
Una delle case del paese stava andando
a fuoco, ricordava di aver guardato quella casa e aver pensato che se gli
abitanti non stavano attenti tutto il paese potenzialmente sarebbe potuto
andare a fuoco.
Non aveva intenzione di fare nulla
all'inizio, ma poi sentì qualcosa.
Dentro la casa c'era qualcuno, chiuso
in una stanza, circondato dalle fiamme. Qualcuno che il suo cuore non gli
permetteva di lasciare lì a morire.
Non fece nient'altro che salvare quella
ragazzina.
Mentre Frida raccontava, Frojien piano
piano ricordava.
Un'immagine nitida si formò nel suo
cervello, di quella ragazza che ripeteva "grazie" sottovoce, mentre
stringeva le braccia attorno al suo corpo.
Selene però sembrava non crederci.
«Lui mi ha salvato la vita» riprese.
In quell'istante un fiume di risate
riempì la spiaggia, risate che Frojien fu felice le due ragazze non potessero
sentire.
«Un'altra persona che crede che tu sia
un uomo, a quante siamo Aitor?» gridò Torin, stringendosi nuovamente le braccia
attorno alla pancia.
«Ho perso il conto ma direi tante»
Aitor rideva anche lui a crepapelle, mentre Aki continuava a guardare
preoccupata le due ragazze.
Frojien arrossì, lei aveva tenuto il
conto, ma di certo non avrebbe rivelato il numero esatto a quei deficienti.
Le due ragazze continuarono a parlare,
ma dopo poco fu chiaro che Selene non credeva ad una parola di quello che aveva
detto Frida.
Ad un certo punto si zittirono entrambe
e nonostante prima fossero presi dalle risa, anche Aitor e Torin smisero di
ridere e si guardarono preoccupati tra di loro.
I quattro spiriti non seppero mai
perché quel litigio silenzioso li avesse colpiti così tanto.
Eppure, rimasero a guardare in silenzio
quelle due ragazze, tutti profondamente scossi.
Forse perché quel litigio, in un certo
senso, era colpa loro.
Potevano agire senza farsi vedere,
vivendo nell'ombra come avevano fatto per anni.
Eppure, un giorno Torin, per scherzare
con un tizio che si era nascosto in una delle grotte tra le montagne per
difendersi dalla pioggia, qualcosa come mezzo millennio prima, aveva fatto
cadere di proposito una roccia a pochi passi da lui.
Quell'uomo spaventato era corso via,
probabilmente pensando che la grotta non fosse sicura, e sarebbe finito dritto
in un burrone se Torin non l'avesse inseguito e salvato.
Si era sentito così in colpa in quel
momento che aveva deciso di apparire a quell'uomo per chiedergli scusa.
Da quel giorno erano iniziate le
leggende.
Avevano sempre aiutato le persone in
difficoltà, erano lì per quello, ma da dopo quell'apparizione avevano iniziato
a farlo, ogni tanto, mostrandosi alla persona che salvavano.
Non così spesso, ma abbastanza perché
le voci su di loro girassero.
Si divertivano a sentire le leggende
che li vedevano protagonisti.
Frojien si sentì in colpa.
«Se parlassi con loro?»
«Fro!» le rispose con dolcezza Aitor.
«Non credo migliorerebbe le cose, la ragazza che ti ha visto potrebbe
arrabbiarsi con l'altra ancora di più se scoprisse che effettivamente esisti.»
«In fondo non è colpa tua» sussurrò
Aki, stringendole la mano ancora più forte.
Avevano ragione.
«È che speravo fossero loro quest'anno,
ma se litigano mi sa che non verranno più qui.»
Frojien provava il profondo desiderio,
forse non tanto di fermare quel litigio, quanto di dare a Frida la certezza che
lei esistesse, per non farla sentire pazza. Se fosse apparsa, però, loro si
sarebbero spaventante?
Sarebbero scappate via in preda al
panico?
O magari no.
Magari sarebbero semplicemente rimaste
a fissarli pensando chissà che cosa.
Era un dubbio che la tormentava in
continuazione, per quello forse faceva più fatica degli altri ad agire.
Si inginocchiò davanti a Frida e le
sfiorò il viso con una mano, lei dovette sentire qualcosa, perché si scosse
leggermente.
Torin si avvicinò a lei e le picchietto
dolcemente con una mano sulla testa.
«Dai andiamocene è meglio» disse
nuovamente Aitor, pensando che, andando via si sarebbero dimenticati tutti di
quella cosa.
«Aspetta pesciolino, ho un'idea» lo
interruppe Torin, alzando un braccio verso di lui.
"Avere un'idea è un parolone"
pensò, ma pensò anche che aggiungere quelle parole al suo discorso non sarebbe
stato utile alla sua causa.
Se c'era qualcosa che non gli piaceva
era vedere Frojien soffrire, specialmente dato che, quella situazione, se presa
molto alla larga, era tutta colpa sua.
Gli altri tre rimasero a guardarlo
senza capire, mentre si dirigeva ai confini del bosco.
Si appoggiò ad un albero e sorrise.
Poi, senza alcun preavviso, gridò i
nomi delle ragazze.
Le due si girarono.
«Che cazzo ti è venuto in mente Torin?»
gli gridò contro Aitor, ma lui fece finta di non sentirlo.
Selene e Frida si girarono, alzandosi
in piedi, prima piene di terrore, poi sembrarono più che altro interdette.
Quando si voltarono davanti ai loro
occhi c'era un ragazzo.
In tutta sincerità, Frida, si aspettava
di vedere suo fratello o qualcuno della sua famiglia che le aveva seguite.
La ragazza contò che a occhio e croce
quel tipo doveva avere la loro età.
Era completamente coperto di terra,
come si fosse appena rotolato nel fango.
Nessuna delle due aveva idea di chi
fosse, né di come fosse arrivato lì, né tantomeno come conoscesse i loro nomi.
«Mi fa strano sapete, di solito mi dimentico
subito i nomi delle persone» esclamò contento il ragazzo.
Nonostante l'aspetto trasandato, il
modo di parlare e di comportarsi sembravano sinceramente gentili.
Ma il fatto che si fosse presentato
così, dietro di loro, le inquietava parecchio.
Frida, quasi inconsciamente, spostò
Selene dietro di lei, come per proteggerla.
Quell'apparizione inquietante le aveva
fatto totalmente dimenticare del litigio e così era anche per Selene.
«Chi saresti tu?» chiese.
Il ragazzo si grattò la testa e si
passò le mani sul viso, come per pulirlo, cosa che però non fece che peggiorare
la situazione.
«Se ve lo dicessi non mi credereste»
rise. «Mi chiedo perché mi sia venuta quest'idea deficiente. Me lo sta
chiedendo anche Aitor. Ciao bello» fece salutando un punto impreciso nell'acqua.
Entrambe pensarono che fosse pazzo ed
entrambe si guardarono intorno alla ricerca di un punto per scappare.
«Ah, sì!» fece Frida. «Dircelo magari
sarebbe carino, non credi?»
Il ragazzo scoppiò a ridere, con un
suono talmente strano che le due si spostarono indietro, rischiando di finire
in acqua.
«Finiscila Torin così le spaventi!» un
altro ragazzo, anzi no, pensò Selene, era una ragazza, sembrò apparire dal
nulla loro fianco.
«Torin?» sussurrò, ricordandosi dei
racconti del nonno.
Quel ragazzo era esattamente come lei
aveva immaginato Torin, quando lui le raccontava la storia di come aveva
incontrato lo spirito della terra, un giorno in miniera.
La ragazza apparsa al loro fianco aveva
delle fiamme sulle spalle, forse prima nascoste dal sole, in quel momento erano
difficili da non notare.
«Frojien?» fece Selene, indicandola e
Frida paradossalmente la strinse a sé, come fosse ancora spaventata, anche se
il suo viso mostrava una gioia mai vista prima.
«Sono loro!» sussurrò e Selene, per
quanto incredula, non poté che darle ragione.
«Visto, ha funzionato Fro» scherzò
Torin, indicando l'altra.
«Tu sei pazzo!» gli rispose lei.
Frojien ci mise un po' a capire, ma
appena le fu chiaro l'intento di Torin le venne da ridere.
Le aveva spaventate a tal punto che,
sapere che loro erano spiriti, le spaventava meno di quanto lo avrebbe fatto un
ragazzo strano sporco di terra che parlava in modo inquietante.
«A questo punto direi che non ha senso
nascondersi, Aitor, Aki» chiamò Torin e anche gli altri due si mostrarono alle
ragazze.
Frida non sapeva cosa dire, ma il suo
primo istinto fu quello di gettarsi tra le braccia di Frojien.
"Grazie" pensò "sia per
avermi salvata, sia per aver fatto conoscere questa magia anche a Sel".
Frida sentì una piacevole sensazione
sulla sua pelle, il corpo di Frojien era caldo, non abbastanza da bruciarla, ma
quanto bastava per riscaldarla.
Iniziò a piangere senza riuscire a
fermarsi.
«Oh beh non mi aspettavo che avrebbe
funzionato davvero» esclamò Torin, da dietro le ragazze, sorridendo.
Selene provò di nuovo quel senso di
colpa.
Per quanto fosse colpita e anche
felice, a modo suo, non riusciva a non pensare al fatto che poco prima aveva
praticamente dato della pazza a Frida e che probabilmente il fatto che avesse
ragione l'avrebbe fatta arrabbiare ancora di più con lei.
Si sarebbe presa a pugni, per avere la
stupidità di pensare a quello mentre degli spiriti magici, ritenuti una
leggenda, erano letteralmente apparsi davanti a loro, ma non riusciva a non
pensarci.
Frida si separò da Frojien.
«Hai visto» disse poi, rivolgendosi a
lei «non è bellissimo» gridò, correndo ad abbracciarla.
Selene non capiva, forse perché l'amica
non aveva mai realmente avuto il coraggio di dimostrarle quanto le volesse bene.
Frida si legava le cose al dito, quello
era vero, ma non sarebbe mai riuscita ad arrabbiarsi tanto con Selene da far
terminare quell'amicizia, ci teneva troppo. In quel momento, oltretutto,
l'unica cosa a cui Frida riusciva a pensare era che gli spiriti esistessero
davvero.
Aitor tirò un sospiro di sollievo
«Cavolo il suo stupido piano ha funzionato!»
«O mio Dio!» gridò nuovamente Frida,
che era arrivata a saltellare dalla gioia.
Frojien si accorse di quanto quella
ragazza assomigliasse ad Aki, nel suo modo di fare, e non poté fare a meno di
sorridere.
«Ma perché siete qui?» domandò Frida.
«Sembrava che steste per litigare e voi
ci state simpatiche, voglio dire vi vediamo qui quasi tutti i giorni. Non è che
vi spiamo, di solito ce ne andiamo subito quando arrivate, ma stavate parlando
di noi e ci siamo incuriositi» le rispose Torin.
Selene guardò lo spirito della terra,
era così simile ad un ragazzo reale rispetto agli altri che se Frojien non si
fosse mostrata, non avrebbe mai pensato che lui potesse essere uno spirito.
Si chiese se avesse avuto quello stesso
aspetto anche quando suo nonno l'aveva visto, eppure l'aveva descritto con
intorno a sé un'aurea quasi inquietante, che Torin in quel momento non aveva
per nulla.
Avrebbe voluto chiedergli se si
ricordasse di suo nonno, ma non trovò il coraggio di parlare.
«Io pensavo che appariste solo alle
persone che hanno bisogno di aiuto» li interruppe Frida.
«Voi avevate bisogno di aiuto» rispose
Torin «ma adesso è meglio che andiamo via, non credete ragazzi.»
«Aspettate» per sorpresa di tutti, fu
Selene a parlare che aveva del tutto messo da parte la paura per fare spazio ad
una profonda curiosità «se promettiamo di non dirlo a nessuno, possiamo farvi
qualche domanda?»
«Potete dirlo a chi volete ragazze.
Saremmo in grado di cavarcela anche se tutti sapessero della nostra esistenza»
la interruppe Aitor. «Certo, per evitare problemi sarebbe meglio che teneste
questa cosa per voi.»
Frida sorrise a Selene, come avesse
detto esattamente le cose che voleva dire lei, ma non aveva il coraggio di fare
e forse, pensò l'altra, era proprio così.
Si sedettero tutti vicino agli scogli,
per evitare di far stare Aitor troppo esposto al sole.
Iniziarono a parlare e con molta
sorpresa, le domande arrivavano da ambo le parti, gli spiriti conoscevano gli
umani, li conoscevano bene, ma sentire quelle due ragazze parlare di cose come
la scuola, gli sport, il cinema, li affascinava terribilmente.
Frida e Selene ormai avevano
dimenticato il loro discorso, tanto erano prese da quella strana e inaspettata
conversazione.
«Quindi voi siete qui da secoli?»
«Tanti anche» rispose Aitor.
«Non vi annoiate a stare sempre tra di
voi?»
I quattro si guardarono l'uno con
l'altro. Sorridendosi a vicenda.
«In realtà no!» disse Aitor,
rispondendo per tutti e quattro. «È strano da dire, ma pur conoscendoci da
anni c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire.»
Frida sorrise, non l'avrebbe mai detto
ad alta voce, ma pensava esattamente la stessa cosa di Selene, la conosceva da
anni, eppure le sembrava di essere capace di scoprire cose nuove su di lei ogni
volta che parlavano.
Era anche per questo che si era legata
così tanto a lei.
Parlarono per ore, delle cose più
disparate, fino a che non fu buio.
Allora le due ragazze si alzarono da
terra.
«Dobbiamo andare, ma possiamo tornare
domani, se volete.»
«Ma certo» risposero i quattro spiriti.
Le due ragazze, sorridendo felici si
incamminarono verso casa. Frida strinse forte la mano di Selene, sorridendole.
Era così felice che il suo cervello non
riusciva a pensare a nulla, se non a quello strano e meraviglioso incontro, e
non avrebbe potuto desiderare nulla di meglio che condividere quell'esperienza
con Selene.
Erano lontane già qualche centinaio di
metri, quando uno degli spiriti si decise a parlare.
«L'hanno presa bene, di solito iniziano
a gridare appena uno di noi si fa vedere.»
«Potevi evitare tutta quella scenetta,
le hai spaventate un po' troppo.»
«Poteva andare peggio...ti ricordi,
quand'era, una cinquantina d'anni fa? Le due sorelle Massa, una ci quasi è
infartata davanti» rispose Torin.
«Mi dispiace dover cancellare loro la
memoria ogni volta» sussurrò Frojien.
«Lui ci ha lasciato la possibilità di
parlare con una coppia a scelta ogni anno a questo patto, non possiamo decidere
deliberatamente di lasciare loro la memoria» rispose Aki, che comunque sembrava
molto triste, come ogni volta.
«Lui non era nemmeno molto contento del
nostro apparire alla gente» si intromise Torin «ma ce l'ha comunque lasciato
fare.»
«Comunque possiamo sempre ascoltarle
parlare da fuori, senza farci vedere.»
«Già. Ma questa volta mi dispiace più
delle altre.»
Il lago degli spiriti è un racconto di Cristina Parodi
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