Il paradiso

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ANTONIO TORRETTI

IL PARADISO



Perché si guarda il cielo quando si vuol comunicare con un defunto?

Chi te lo dice che tuo padre o tua madre o un tuo amico non sono sotto terra… anzi, sono proprio sottoterra!
Finiamola con queste minchiaggini da film. Anche se una spiegazione c’è.
Il cielo è un mistero.
Il cielo è l’infinito e noi non cerchiamo una connessione con un defunto quando guardiamo in cielo ma una connessione con l’infinito, cerchiamo un segno che ci dica che la vita non coincide con quella vissuta, la speranza che ci sia altro.
Immagino che muoio e salgo delle scale di cristallo con in sottofondo la musica di Brian Eno, l’album Atmosphere per la precisione.
Salgo, salgo, salgo, anzi danzo, saltello da un gradino all’altro inserendo qualche piroetta ogni tanto, ma non quelle piroette meccaniche di un ballerino professionista ma piroette di un uomo felice e ubriaco.
Ecco che inizio a vedere i più grandi: Jim Morrison mi saluta con la mano; Bukowski alza un bicchiere di vino in aria e farfuglia un brindisi, non so se lusinghiero, e se lo scola in un solo sorso; Keith Moon, tutto sorridente, mi porge il dito medio e poi inizia a ballare freneticamente come un aborigeno intorno a un falò.
Non ci sono santi ma solo artisti.
Va beh in questo paradiso c’è gente interessante, gente con cui uscirei la sera per farmi quattro chiacchere.
Continuo a salire danzando su queste scale di cristallo. Sembra un centro commerciale e per questo chiedo a un uomo che passava di lì:
«Scusi c’è un ascensore qui?»
«Che ti serve salire veloce se hai tutta l’eternità per farlo?» disse il tizio.
Effettivamente non aveva tutti i torti. Il tizio aveva un’aria conosciuta.
Sì sì, era proprio lui… no non può essere lui… ma è lui! Decisi di rischiare una figuraccia.
«Scusi ma lei è il signor Pertini?»
«Qui non siamo nessuno e siamo tutti, però si nelle mie spoglie mortali mi chiamavo così.»
«Ma scusi egregio presidente… com’è che è così… così più giovane?»
«Vede ragazzo… la gioventù esiste solo nel nostro intimo, nello spirito. La nostra carne, invece, è una clessidra meccanica che, al contrario di una carta abrasiva, diventa tanto più ruvida quanto più è usata. Però questo mondo non è meccanico, la carne non è clessidra, la carne semplicemente non è. Quello che vedi è solo la mia anima, ed essa non è mai invecchiata. Qui troverai Gandhi con le sembianze di un bambino di sei anni, troverai Van Gogh sotto forma di feto e troverai me. Hai trovato me.»
Ok, stavo iniziando a capire alcuni meccanismi ma non capivo come dovevo definire tutto ciò. Paradiso? Eden? Uno-strano-sogno-dovuto-ad-una-indigestione-di-pesce-fritto?
Dovevo continuare il mio cammino.
Una porta, anzi un portone, anzi uno stadio di calcio mi si aprì davanti.
Dentro giocavano tutti i migliori: Silvio Piola, Giuseppe Meazza, Valentino Mazzola, Diego Armand… no lui ancora no. Che spettacolo… Tacchi sopraffini, siluri da cinquanta metri, parate impossibili. Mai visto una partita così spettacolare.
C’era pure una bancarella in cui si vendono liquori e il tizio che li vendeva era capace di darti esattamente quello che tu desideri senza dire nulla. Mi diede un JIm Beam.
Ancora non mi ero convinto di essere morto, avevo desideri umili. Tutto era iniziato come un sogno in vita, ma finalmente capii che la vita era un sogno e cioè che ero morto e ora finalmente vivevo per davvero!
Continuai a salire le scale. Anzi mi fermai. Capii che il Paradiso era semplicemente un sogno.
Capii che il paradiso non esisteva, che cavolata! C’è solo un eterno “dopo” in cui di volta in volta cambiano le variabili. Mi svegliai dal sogno.
Stavo scrivendo questo orrendo racconto e mentre scrivevo su come mi immaginavo il paradiso mi ero addormentato. Cavolo era bello quel mondo strano… un paradiso non per i buoni ma per la gente interessante e io ero lì! Ora ero al punto di partenza. Ero di nuovo un uomo poco interessante che non sapeva niente sul paradiso.


Il paradiso è un racconto di Antonio Torretti

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