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ROBERTO BECATTINI
LEIBNIZ
Da qualche tempo nel mio quartiere era in
atto un'invasione commerciale e residenziale di cinesi sui generis.
Questa volta non spuntarono ovunque
insegne con ideogrammi, non aprirono minimarket o ristoranti, non si mangiava
pagando al peso.
Avevano rilevato un pub, due gelaterie, un
negozio di vendita e riparazione di biciclette, un ferramenta, e tutto era
successo nel giro di pochi giorni.
Molti dei nuovi arrivati facevano la spesa
al supermercato sotto casa mia. Visti da vicino non sembravano proprio cinesi.
Le donne in particolare mi ricordavano
quelle viste in foto sul blog di un mio amico durante uno dei suoi folli viaggi
in Kamchatka; mediamente più alte e tutte con gli occhi chiari.
Al bar alla fermata dell'autobus ne sentii
più d'uno conversare amabilmente in italiano con degli habitué.
Sembravano tutti molto socievoli e
curiosi, e si stavano ambientando rapidamente.
Un pomeriggio una di loro mi fermò in
strada e cortesemente mi chiese dove fosse il Teatro Benda perché doveva andare
al concerto di Carmen Consoli la sera stessa.
Nel ringraziarmi mi disse, sempre con un
italiano impeccabile, che si era trasferita da poco, che adorava l'Italia e
soprattutto la Toscana, snocciolandomi nomi di località che mai avrei pensato
potesse conoscere.
Tuttavia, c'era qualcosa di falso nei suoi
modi, di imparaticcio, di mnemonico nel suo ammiccamento culturale.
La signora si era appena congedata e io
ero rimasto impalato a fissarla mentre si allontanava, quando una voce
conosciuta mi sbrinò.
«Hai notato che sono tutti adulti? Niente
bambini, nessun ragazzino...»
Mi girai.
Un tizio strabico ossigenato mi percolava
con lo sguardo.
No, lo Zichichi!
Una di quelle persone che attraversano la
tua vita per un breve periodo, quanto basta per farti capire che è meglio non
averci a che fare.
Per quasi un anno eravamo stati
coinquilini.
Ricordo che lasciava sempre i piatti
sporchi ma rigettava le accuse incolpando i rigoverni precedenti.
La nostra amicizia per me si era conclusa
quella notte in cui, tornando a casa in auto, afferrò il volante mentre guidavo
e mi fece uscire fuori strada.
Non ammise mai la motivazione di quel
gesto, che per me fu un tentativo di suicidio/omicidio.
Ebbe pure il coraggio di dire, col volto
ancora coperto dall'Airbag «Sei su sterzi a parte!»
A quel punto eravamo come un petomane e un
respiriano rimasti bloccati nello stesso ascensore; dopo quell’episodio lasciai
l’appartamento.
Erano 12 anni che non lo vedevo, ma in
quel momento stranamente sentivo di non serbare più rancore.
Lo Zichichi si era quasi laureato in
Filosofia con una tesi su Leibniz.
Il giorno della dissertazione si presentò
alla commissione agghindato come il grande matematico, con un parruccone del
1600 quasi Millessette; regalò una scatola di biscotti Leibniz a ciascun
membro, scusandosi del fatto che non erano integrali. Indispettito dalla
buffonata, il controrelatore commentò che aveva confuso le Monadi con le Gonadi,
di cui era degno rappresentante.
Sentendosi dare del coglione, lo Zichichi
non la prese bene; ne nacque una furibonda colluttazione, risolta solo con
l'arrivo dei carabinieri a cavallo.
L'episodio segnò la fine della sua
carriera universitaria.
Non fu l’unico evento a far dubitare della
sua capacità di discernimento: vi ricordate il Vodka eyeball?
Qualche anno fa giravano video virali su
YouTube di ragazzi che si facevano un bagno ottico con una bottiglia di vodka
per sballare prima, iniettandosi l'alcol direttamente nei capillari del bulbo
oculare.
Lui provò a fare lo stesso col rhum e
pera, rischiando il distacco della retina.
Chissà se era cambiato…
«Zichi! Quanto tempo... Ma non facevi il
clown con Sfava?»
«Non più. Sono tornato da un paio di
settimane, per adesso sto da mia sorella, cerco lavoro, per ora niente. Sai,
con tutti questi migranti... Il Centro per l'Impiego sembra il bar di Guerre
Stellari. Sono tornato a suonare però, ho una nuova band post-punk...»
Lo Zichichi era anche un talentuoso
bassista nonché autore di testi e musiche di svariati combo che aveva fondato e
poi sciolto nel giro di pochi mesi, sempre per divergenze con gli altri componenti;
perché prima o poi lo Zichichi litigava con tutti eh?
Non vi dicono nulla nomi come i Silent
Yoga Farts, Infanzia Scambista, i Pissi Pissi Bauhaus, i Tenores di Britney,
Elvis & The Beatles?
No?
Meno male!
«Senti, hai da fare?»
«No, anch'io sono disoccupato»
«Bene! Allora dobbiamo festeggiare:
andiamo alla Sosta dei Pupi a bere vino!»
Ebbe comunque la decenza di invitarmi e di
scusarsi ancora per l'episodio che ci aveva allontanato.
Dopo esserci aggiornati sulle nostre vite
davanti a un buon tagliere, il discorso ricadde sulla Kamchatka.
«La cosa che mi perplime di più» dissi «è
che nessuno sembra sospettare niente. Si sono integrati in meno di un mese; non
so come abbiano fatto a imparare l'italiano così bene...»
«Ci sei mai stato in via dell'Ipotesi?»
«No, perché?»
«È una strada senza sfondo, termina contro
il terrapieno della ferrovia. Hanno costruito una casupola. Stamattina c'era un
camion con un rimorchio che non finiva più, e caricava materiale che usciva da
quella baracca. Dallo scivolo cadevano scatoloni di 20X20X90. Da come li
maneggiavano dovevano pesare sui 20 kg l'uno. Hanno riempito il rimorchio e poi
sono partiti.»
«E che c'è di strano?»
«Ma non capisci, hanno riempito quel
bestione per 2 ore, saranno stati almeno 40 quintali di roba che usciva da lì.»
«Maremma Zichichi, sei stato due ore a
vedere quelli che riempivano un camion, sei peggio dei vecchi che guardano i
cantieri.»
«Nureyev, quella baracca sarà un metro per
due, ce ne stanno almeno 6 di baracche dentro il camion, mi spieghi come hanno
fatto?»
«Boh, forse montavano le scatole prima di
farle scivolare fuori, o forse c’è un seminterrato, una cantina, sotto il
livello della strada.»
«No, mi sono affacciato dentro con una
scusa. Non ci sono botole. Alla porta c'è un omino seduto dietro a un tavolo, e
occupa già metà dell'ambiente. No via, domani andiamo a prendere le misure»
concluse eccitato.
Lui in queste situazioni ci sguazzava come
Ronaldo nell'area del Frosinone ridotto in nove.
Io invece come una lumaca nel Mar Morto.
La baracca risultava essere un cubo di
2.10 di lato. C'era un'insegna "FACCIO VENDO SPEDISCO QUALSIASI COSA A
PREZZO RIDOTTO"
Lo Zichichi entrò ripiegando il vecchio
metro a stecca con cui aveva appena misurato; l'uomo seduto al tavolino cercò
subito di intortarlo:
«Benvenuti! Vi vendo un metro d'acciaio,
laminato in rodio, a un euro. Buttatelo via quello che avete.»
Estrasse un metro avvolgibile di metallo
dal cassetto del tavolino. Incuriosito mi abbassai per guardare sotto.
Ero quasi sicuro che un istante prima non
ci fosse nessun cassetto.
Lo Zichichi gli diede un euro «Quanti ne
avete?»
«Bah, posso produrne 100.000 pronti da
caricare tra 10 minuti. All'ingrosso vengono 60 centesimi l'uno.»
«10 minuti? Ma...erano metri avvolgibili
quelli che avete caricato ieri?» domandai.
«No, doveva essere qualcos'altro. Questo
metro è il primo che faccio, mi è venuta l'idea vedendovi misurare la baracca.»
Lo Zichichi si stava innervosendo:
«Ma come fa a spedire un carico del genere
prendendolo da uno spazio che non ne contiene nemmeno un decimo?»
«Semplice. Lo fabbrico e lo carico nello
stesso momento.»
«Ma deve pur assemblare dei pezzi già
fatti in qualche modo!» Anch'io stavo perdendo la calma.
«No, no» ribatté placido l'omino «ho
studiato la vostra lingua. Assemblare vuol dire mettere insieme, montare, non
fare. Io li fo.»
Mentre uscivamo pensierosi lo Zichichi
disse «Ascolta Nureyev, io non so chi sono questi, ma ho bisogno di una
riprova. Stasera andiamo al loro pub, si chiama... Gli Imperturbabili, si trova
in via dell'Inganno.»
La ragazza dietro al banco era di una bellezza
ipnotica, aveva vinto alla lotteria genetica gli occhi di Rachele Bastreghi dei
Baustelle e il volto della protagonista più giovane de "La Tigre e il
Dragone".
Il locale era pieno di gente ma non vedevo
nessuna spillatrice per la birra, quindi...
«Vorremmo un paio di Bud in bottiglia.»
«Ecco qua!»
Avremmo giurato che le avesse tirate fuori
dalla manica, senonché la ragazza indossava una t-shirt...
Erano due Bud, ma su l'etichetta di una
c'era scritto Dub.
Le feci notare la stranezza.
«Ah sì, rimedio subito» passò la mano
sull'etichetta sbagliata e adesso il nome era corretto.
«Sapete, sono nuova del mestiere e mi
confondo spesso. I primi giorni mi chiedevano una chiara alla spina e io gli
davo la scura, a volte me ne accorgevo in tempo e cambiavo il colore al
volo...»
Lo Zichichi le sorrise «Ma che
sfacciata...Come ti chiami?»
«Boom»
«Boom?»
«Sì, Boom»
«Senti Boom, in questo pub non ci sono
luci, eppure non è buio, ci si vede benissimo, ma non avete la corrente
elettrica? Non vedo nemmeno un frigo. Usate la ghiacciaia, come fate?»
«Sì, la birra è bella gelata vero? Visto
come sono brava a evitare di rispondere? Volete altra birra, brava gente?»
«Brava gente?» Mi sentivo preso in giro.
«Sì, voglio altra birra e voglio vedere da dove la prendi» dissi in modo un po'
infantile allungandomi sul banco per sbirciare.
«Oddio una blatta gigante!» gridò
terrorizzata la ragazza.
Fu convincente perché ci girammo di
scatto.
«Che salto avete fatto!» rideva ma senza
emettere alcun suono «Paura eh?»
Intanto aveva tirato fuori da chissà dove
due birre Goretti.
Ne bevvi mezza tutta d'un fiato, poi le
chiesi «Ma di dove sei Boom? Di dove siete tutti quanti?»
«Siamo Indiani anonimi.»
«Venite dall'India? Non sembrerebbe…»
«Ah... allora dovremmo dire qualcos'altro
alla gente...l'ultima volta che siamo venuti qui era in Grecia, tanto tempo fa,
eravamo i Dori» ci strizzò l'occhio. «Sentite, tra 10 giorni do una festa a
casa mia, volete venire? Segnatevi l'indirizzo: via della Verità Assoluta n.
10.»
Paventando sacrifici umani al Boom
Festival, tergiversai, ma lo Zichichi accettò e si scambiarono i numeri di
telefono.
«Ah, posso prendermi un'ultima bottiglia
da portare via?»
«Certo. Cosa vuoi?»
«Una Miroslav Klose.» Sogghignai
mentalmente.
Non esisteva, stavolta l'avevo fregata.
Mentre uscivo sempre più perplesso dal pub
con la Miroslav Klose in mano, un pensiero da Uomo della Strada in Chianti si
fece largo dentro di me «Ma se davvero creano le cose dal nulla, perché non
fanno direttamente i soldi e smettono di lavorare?»
«Che mi venga un accidente se lo so,
Nureyev, ma che ti frega? Dobbiamo metterci in società con questi, altro che.
Ma ti rendi conto? E poi Boom è flirtante» aggiunse con occhio di chi stava già
pensando di scrivere col pisello la password sul suo Monte di Venere e poi fare
login.
Rientrando a casa notai un'altra baracca
di fianco al parcheggio del supermercato.
Mi avvicinai; la porta era aperta.
C'erano due Indiani anonimi che giocavano
a carte, con dei simboli mai visti. C'era una luce accesa da qualche parte ma
non vedevo nessuna lampadina.
«Buonasera, scusate il disturbo. È che non
ricordo di aver visto questa baracca oggi, allora...»
«Sì, l'ho finita oggi.»
Mi guardai intorno.
Assi annerite dal tempo, chiodi
arrugginiti, ragnatele ovunque, e diceva d'averla appena fatta.
«Stiamo pensando cosa potremmo vendere»
disse l'altro Indiano.
Rifletté un attimo poi mi indicò col
mignolo «Le interessa un'auto nuova? Sarebbe pronta in...» guardò l'orologio
«3/4 minuti.»
«No grazie, non mi separerei mai dalla mia
Dacia Sandero. E poi per oggi ho fatto il pieno...Buonanotte.»
Arrivò così la sera della festa.
«Sesto e ultimo piano» rispose una voce al
campanello
Giunti al pianerottolo del quarto mi venne
l'ansia «Ma non senti che silenzio...?»
«Boh, sarà una serata silent disco»
minimizzò lo Zichichi.
Solo quando ci ritrovammo sul terrazzo
condominiale fummo sommersi da musica a tutto volume, tutti stavano cantando in
coro la stessa canzone e si agitavano come ossessi; io e lo Zichichi ci
guardammo irritati; è difficile restare calmi e indifferenti mentre tutti
intorno fanno "Rumore" della Carrà.
Vista la loro socievolezza, mi aspettavo
altri italiani alla festa, ma non ce n'erano.
La mia inquietudine crebbe; ci venne
incontro Boom, in un vestitino attillato che cambiava colore ogni 30
secondi.
«Che bello che siete venuti!»
Lo Zichichi approfittò del suo strabismo
per spogliarla con lo sguardo senza farsene accorgere troppo «Sei incantevole
Boom stasera...da morsi…»
Il vestito di Boom arrossì.
«Grazie...Beviamo?»
Assaggiai.
Era forte ma sentivo solo il sapore della
pesca «Ma che cos’è?»
«Si chiama Succo Trucco»
«Ah, e qual è il trucco?» chiesi
sospettoso.
«Oioi Nureyev, bevi e non rompere!»
Lo Zichichi era esacerbato, forse aveva
ragione.
Uscire la sera con me era come fare nuoto
sincronizzato con un'incudine legata al piede.
Nella mia vita le volte che mi ero
lasciato andare davvero si contavano sulle dita della mano di un lebbroso.
Era la sera giusta per perdere il
controllo.
Dopo un paio di bicchieri di Succo Trucco
chiedevo a tutti se secondo loro Thom Yorke aveva "Paranoid Android"
come sistema operativo dello smartphone.
Lo Zichichi rideva più che altro per la
mia insistenza e commentava «Che idioteque!»
Ballavo e mi dimenavo come sempre in modo
orribile, sembravo un Uovo di Pasqua di 95 kg andato a male che danza.
Perché credete che mi chiamino Nureyev?
Ma non me ne importava più niente.
Un dubbio intanto continuava a torturarmi
«Ma che ci avete messo in questo succo? Boom, dai dimmelo!»
«Ih ih ih! Alcool puro!» L' "ih ih
ih" lo presumo io perché quando rideva non si sentiva niente. «Vieni che
ti presento le mie amiche!»
Fu una bella serata, della quale non
ricordo molto altro, tranne il momento dei saluti.
A un certo punto, saranno state le 3, si
abbassò il volume e sul palco salì il tipo del metro d'acciaio.
Sembrava la felicità in persona, ammesso
fosse una persona.
«Bene miei cari...purtroppo i condomini si
sono lamentati del rumore della Carrà e hanno minacciato di chiamare i
carabinieri a cavallo, la festa non può continuare ma non importa...Abbiamo
celebrato il periodo trascorso qua. Ogni minuto della nostra breve visita qui è
stato meraviglioso. Ma, e mi rivolgo ai nostri amici» indicò coi mignoli nella
nostra direzione e fummo inquadrati da un occhio di bue che non proveniva da
nessun faro «non disperate, non vi abbandoneremo. Fra una settimana torneremo
di nuovo a trovarvi, e saremo molti di più. Ma molti! Ih Ih Ih!»
In quel momento le persone cominciarono a
sparire come bolle di sapone...con un POP!
Una dopo l'altra.
POP, pop, pop, pop. Ma Pop lo dico io, le
bolle di sapone non fanno alcun suono percettibile quando scoppiano...
Boom fece POP proprio mentre limonava con
lo Zichichi.
«Torneremo, la prossima settimana, e
saremo molti di più. E questa volta, porteremo anche i bambini» promise la voce
dell'Uomo del metro spegnendosi nell'aria.
«Già, i bambini! Hai sentito? Torneranno
coi bambini!? Zichichi? Dove sei? Zichichi?»
POP!
Leibniz è un racconto di Roberto Becattini
Da qualche tempo nel mio quartiere era in
atto un'invasione commerciale e residenziale di cinesi sui generis.
Questa volta non spuntarono ovunque
insegne con ideogrammi, non aprirono minimarket o ristoranti, non si mangiava
pagando al peso.
Avevano rilevato un pub, due gelaterie, un
negozio di vendita e riparazione di biciclette, un ferramenta, e tutto era
successo nel giro di pochi giorni.
Molti dei nuovi arrivati facevano la spesa
al supermercato sotto casa mia. Visti da vicino non sembravano proprio cinesi.
Le donne in particolare mi ricordavano
quelle viste in foto sul blog di un mio amico durante uno dei suoi folli viaggi
in Kamchatka; mediamente più alte e tutte con gli occhi chiari.
Al bar alla fermata dell'autobus ne sentii
più d'uno conversare amabilmente in italiano con degli habitué.
Sembravano tutti molto socievoli e
curiosi, e si stavano ambientando rapidamente.
Un pomeriggio una di loro mi fermò in
strada e cortesemente mi chiese dove fosse il Teatro Benda perché doveva andare
al concerto di Carmen Consoli la sera stessa.
Nel ringraziarmi mi disse, sempre con un
italiano impeccabile, che si era trasferita da poco, che adorava l'Italia e
soprattutto la Toscana, snocciolandomi nomi di località che mai avrei pensato
potesse conoscere.
Tuttavia, c'era qualcosa di falso nei suoi
modi, di imparaticcio, di mnemonico nel suo ammiccamento culturale.
La signora si era appena congedata e io
ero rimasto impalato a fissarla mentre si allontanava, quando una voce
conosciuta mi sbrinò.
«Hai notato che sono tutti adulti? Niente
bambini, nessun ragazzino...»
Mi girai.
Un tizio strabico ossigenato mi percolava
con lo sguardo.
No, lo Zichichi!
Una di quelle persone che attraversano la
tua vita per un breve periodo, quanto basta per farti capire che è meglio non
averci a che fare.
Per quasi un anno eravamo stati
coinquilini.
Ricordo che lasciava sempre i piatti
sporchi ma rigettava le accuse incolpando i rigoverni precedenti.
La nostra amicizia per me si era conclusa
quella notte in cui, tornando a casa in auto, afferrò il volante mentre guidavo
e mi fece uscire fuori strada.
Non ammise mai la motivazione di quel
gesto, che per me fu un tentativo di suicidio/omicidio.
Ebbe pure il coraggio di dire, col volto
ancora coperto dall'Airbag «Sei su sterzi a parte!»
A quel punto eravamo come un petomane e un
respiriano rimasti bloccati nello stesso ascensore; dopo quell’episodio lasciai
l’appartamento.
Erano 12 anni che non lo vedevo, ma in
quel momento stranamente sentivo di non serbare più rancore.
Lo Zichichi si era quasi laureato in
Filosofia con una tesi su Leibniz.
Il giorno della dissertazione si presentò
alla commissione agghindato come il grande matematico, con un parruccone del
1600 quasi Millessette; regalò una scatola di biscotti Leibniz a ciascun
membro, scusandosi del fatto che non erano integrali. Indispettito dalla
buffonata, il controrelatore commentò che aveva confuso le Monadi con le Gonadi,
di cui era degno rappresentante.
Sentendosi dare del coglione, lo Zichichi
non la prese bene; ne nacque una furibonda colluttazione, risolta solo con
l'arrivo dei carabinieri a cavallo.
L'episodio segnò la fine della sua
carriera universitaria.
Non fu l’unico evento a far dubitare della
sua capacità di discernimento: vi ricordate il Vodka eyeball?
Qualche anno fa giravano video virali su
YouTube di ragazzi che si facevano un bagno ottico con una bottiglia di vodka
per sballare prima, iniettandosi l'alcol direttamente nei capillari del bulbo
oculare.
Lui provò a fare lo stesso col rhum e
pera, rischiando il distacco della retina.
Chissà se era cambiato…
«Zichi! Quanto tempo... Ma non facevi il
clown con Sfava?»
«Non più. Sono tornato da un paio di
settimane, per adesso sto da mia sorella, cerco lavoro, per ora niente. Sai,
con tutti questi migranti... Il Centro per l'Impiego sembra il bar di Guerre
Stellari. Sono tornato a suonare però, ho una nuova band post-punk...»
Lo Zichichi era anche un talentuoso
bassista nonché autore di testi e musiche di svariati combo che aveva fondato e
poi sciolto nel giro di pochi mesi, sempre per divergenze con gli altri componenti;
perché prima o poi lo Zichichi litigava con tutti eh?
Non vi dicono nulla nomi come i Silent
Yoga Farts, Infanzia Scambista, i Pissi Pissi Bauhaus, i Tenores di Britney,
Elvis & The Beatles?
No?
Meno male!
«Senti, hai da fare?»
«No, anch'io sono disoccupato»
«Bene! Allora dobbiamo festeggiare:
andiamo alla Sosta dei Pupi a bere vino!»
Ebbe comunque la decenza di invitarmi e di
scusarsi ancora per l'episodio che ci aveva allontanato.
Dopo esserci aggiornati sulle nostre vite
davanti a un buon tagliere, il discorso ricadde sulla Kamchatka.
«La cosa che mi perplime di più» dissi «è
che nessuno sembra sospettare niente. Si sono integrati in meno di un mese; non
so come abbiano fatto a imparare l'italiano così bene...»
«Ci sei mai stato in via dell'Ipotesi?»
«No, perché?»
«È una strada senza sfondo, termina contro
il terrapieno della ferrovia. Hanno costruito una casupola. Stamattina c'era un
camion con un rimorchio che non finiva più, e caricava materiale che usciva da
quella baracca. Dallo scivolo cadevano scatoloni di 20X20X90. Da come li
maneggiavano dovevano pesare sui 20 kg l'uno. Hanno riempito il rimorchio e poi
sono partiti.»
«E che c'è di strano?»
«Ma non capisci, hanno riempito quel
bestione per 2 ore, saranno stati almeno 40 quintali di roba che usciva da lì.»
«Maremma Zichichi, sei stato due ore a
vedere quelli che riempivano un camion, sei peggio dei vecchi che guardano i
cantieri.»
«Nureyev, quella baracca sarà un metro per
due, ce ne stanno almeno 6 di baracche dentro il camion, mi spieghi come hanno
fatto?»
«Boh, forse montavano le scatole prima di
farle scivolare fuori, o forse c’è un seminterrato, una cantina, sotto il
livello della strada.»
«No, mi sono affacciato dentro con una
scusa. Non ci sono botole. Alla porta c'è un omino seduto dietro a un tavolo, e
occupa già metà dell'ambiente. No via, domani andiamo a prendere le misure»
concluse eccitato.
Lui in queste situazioni ci sguazzava come
Ronaldo nell'area del Frosinone ridotto in nove.
Io invece come una lumaca nel Mar Morto.
La baracca risultava essere un cubo di
2.10 di lato. C'era un'insegna "FACCIO VENDO SPEDISCO QUALSIASI COSA A
PREZZO RIDOTTO"
Lo Zichichi entrò ripiegando il vecchio
metro a stecca con cui aveva appena misurato; l'uomo seduto al tavolino cercò
subito di intortarlo:
«Benvenuti! Vi vendo un metro d'acciaio,
laminato in rodio, a un euro. Buttatelo via quello che avete.»
Estrasse un metro avvolgibile di metallo
dal cassetto del tavolino. Incuriosito mi abbassai per guardare sotto.
Ero quasi sicuro che un istante prima non
ci fosse nessun cassetto.
Lo Zichichi gli diede un euro «Quanti ne
avete?»
«Bah, posso produrne 100.000 pronti da
caricare tra 10 minuti. All'ingrosso vengono 60 centesimi l'uno.»
«10 minuti? Ma...erano metri avvolgibili
quelli che avete caricato ieri?» domandai.
«No, doveva essere qualcos'altro. Questo
metro è il primo che faccio, mi è venuta l'idea vedendovi misurare la baracca.»
Lo Zichichi si stava innervosendo:
«Ma come fa a spedire un carico del genere
prendendolo da uno spazio che non ne contiene nemmeno un decimo?»
«Semplice. Lo fabbrico e lo carico nello
stesso momento.»
«Ma deve pur assemblare dei pezzi già
fatti in qualche modo!» Anch'io stavo perdendo la calma.
«No, no» ribatté placido l'omino «ho
studiato la vostra lingua. Assemblare vuol dire mettere insieme, montare, non
fare. Io li fo.»
Mentre uscivamo pensierosi lo Zichichi
disse «Ascolta Nureyev, io non so chi sono questi, ma ho bisogno di una
riprova. Stasera andiamo al loro pub, si chiama... Gli Imperturbabili, si trova
in via dell'Inganno.»
La ragazza dietro al banco era di una bellezza
ipnotica, aveva vinto alla lotteria genetica gli occhi di Rachele Bastreghi dei
Baustelle e il volto della protagonista più giovane de "La Tigre e il
Dragone".
Il locale era pieno di gente ma non vedevo
nessuna spillatrice per la birra, quindi...
«Vorremmo un paio di Bud in bottiglia.»
«Ecco qua!»
Avremmo giurato che le avesse tirate fuori
dalla manica, senonché la ragazza indossava una t-shirt...
Erano due Bud, ma su l'etichetta di una
c'era scritto Dub.
Le feci notare la stranezza.
«Ah sì, rimedio subito» passò la mano
sull'etichetta sbagliata e adesso il nome era corretto.
«Sapete, sono nuova del mestiere e mi
confondo spesso. I primi giorni mi chiedevano una chiara alla spina e io gli
davo la scura, a volte me ne accorgevo in tempo e cambiavo il colore al
volo...»
Lo Zichichi le sorrise «Ma che
sfacciata...Come ti chiami?»
«Boom»
«Boom?»
«Sì, Boom»
«Senti Boom, in questo pub non ci sono
luci, eppure non è buio, ci si vede benissimo, ma non avete la corrente
elettrica? Non vedo nemmeno un frigo. Usate la ghiacciaia, come fate?»
«Sì, la birra è bella gelata vero? Visto
come sono brava a evitare di rispondere? Volete altra birra, brava gente?»
«Brava gente?» Mi sentivo preso in giro.
«Sì, voglio altra birra e voglio vedere da dove la prendi» dissi in modo un po'
infantile allungandomi sul banco per sbirciare.
«Oddio una blatta gigante!» gridò
terrorizzata la ragazza.
Fu convincente perché ci girammo di
scatto.
«Che salto avete fatto!» rideva ma senza
emettere alcun suono «Paura eh?»
Intanto aveva tirato fuori da chissà dove
due birre Goretti.
Ne bevvi mezza tutta d'un fiato, poi le
chiesi «Ma di dove sei Boom? Di dove siete tutti quanti?»
«Siamo Indiani anonimi.»
«Venite dall'India? Non sembrerebbe…»
«Ah... allora dovremmo dire qualcos'altro
alla gente...l'ultima volta che siamo venuti qui era in Grecia, tanto tempo fa,
eravamo i Dori» ci strizzò l'occhio. «Sentite, tra 10 giorni do una festa a
casa mia, volete venire? Segnatevi l'indirizzo: via della Verità Assoluta n.
10.»
Paventando sacrifici umani al Boom
Festival, tergiversai, ma lo Zichichi accettò e si scambiarono i numeri di
telefono.
«Ah, posso prendermi un'ultima bottiglia
da portare via?»
«Certo. Cosa vuoi?»
«Una Miroslav Klose.» Sogghignai
mentalmente.
Non esisteva, stavolta l'avevo fregata.
Mentre uscivo sempre più perplesso dal pub
con la Miroslav Klose in mano, un pensiero da Uomo della Strada in Chianti si
fece largo dentro di me «Ma se davvero creano le cose dal nulla, perché non
fanno direttamente i soldi e smettono di lavorare?»
«Che mi venga un accidente se lo so,
Nureyev, ma che ti frega? Dobbiamo metterci in società con questi, altro che.
Ma ti rendi conto? E poi Boom è flirtante» aggiunse con occhio di chi stava già
pensando di scrivere col pisello la password sul suo Monte di Venere e poi fare
login.
Rientrando a casa notai un'altra baracca
di fianco al parcheggio del supermercato.
Mi avvicinai; la porta era aperta.
C'erano due Indiani anonimi che giocavano
a carte, con dei simboli mai visti. C'era una luce accesa da qualche parte ma
non vedevo nessuna lampadina.
«Buonasera, scusate il disturbo. È che non
ricordo di aver visto questa baracca oggi, allora...»
«Sì, l'ho finita oggi.»
Mi guardai intorno.
Assi annerite dal tempo, chiodi
arrugginiti, ragnatele ovunque, e diceva d'averla appena fatta.
«Stiamo pensando cosa potremmo vendere»
disse l'altro Indiano.
Rifletté un attimo poi mi indicò col
mignolo «Le interessa un'auto nuova? Sarebbe pronta in...» guardò l'orologio
«3/4 minuti.»
«No grazie, non mi separerei mai dalla mia
Dacia Sandero. E poi per oggi ho fatto il pieno...Buonanotte.»
Arrivò così la sera della festa.
«Sesto e ultimo piano» rispose una voce al
campanello
Giunti al pianerottolo del quarto mi venne
l'ansia «Ma non senti che silenzio...?»
«Boh, sarà una serata silent disco»
minimizzò lo Zichichi.
Solo quando ci ritrovammo sul terrazzo
condominiale fummo sommersi da musica a tutto volume, tutti stavano cantando in
coro la stessa canzone e si agitavano come ossessi; io e lo Zichichi ci
guardammo irritati; è difficile restare calmi e indifferenti mentre tutti
intorno fanno "Rumore" della Carrà.
Vista la loro socievolezza, mi aspettavo
altri italiani alla festa, ma non ce n'erano.
La mia inquietudine crebbe; ci venne
incontro Boom, in un vestitino attillato che cambiava colore ogni 30
secondi.
«Che bello che siete venuti!»
Lo Zichichi approfittò del suo strabismo
per spogliarla con lo sguardo senza farsene accorgere troppo «Sei incantevole
Boom stasera...da morsi…»
Il vestito di Boom arrossì.
«Grazie...Beviamo?»
Assaggiai.
Era forte ma sentivo solo il sapore della
pesca «Ma che cos’è?»
«Si chiama Succo Trucco»
«Ah, e qual è il trucco?» chiesi
sospettoso.
«Oioi Nureyev, bevi e non rompere!»
Lo Zichichi era esacerbato, forse aveva
ragione.
Uscire la sera con me era come fare nuoto
sincronizzato con un'incudine legata al piede.
Nella mia vita le volte che mi ero
lasciato andare davvero si contavano sulle dita della mano di un lebbroso.
Era la sera giusta per perdere il
controllo.
Dopo un paio di bicchieri di Succo Trucco
chiedevo a tutti se secondo loro Thom Yorke aveva "Paranoid Android"
come sistema operativo dello smartphone.
Lo Zichichi rideva più che altro per la
mia insistenza e commentava «Che idioteque!»
Ballavo e mi dimenavo come sempre in modo
orribile, sembravo un Uovo di Pasqua di 95 kg andato a male che danza.
Perché credete che mi chiamino Nureyev?
Ma non me ne importava più niente.
Un dubbio intanto continuava a torturarmi
«Ma che ci avete messo in questo succo? Boom, dai dimmelo!»
«Ih ih ih! Alcool puro!» L' "ih ih
ih" lo presumo io perché quando rideva non si sentiva niente. «Vieni che
ti presento le mie amiche!»
Fu una bella serata, della quale non
ricordo molto altro, tranne il momento dei saluti.
A un certo punto, saranno state le 3, si
abbassò il volume e sul palco salì il tipo del metro d'acciaio.
Sembrava la felicità in persona, ammesso
fosse una persona.
«Bene miei cari...purtroppo i condomini si
sono lamentati del rumore della Carrà e hanno minacciato di chiamare i
carabinieri a cavallo, la festa non può continuare ma non importa...Abbiamo
celebrato il periodo trascorso qua. Ogni minuto della nostra breve visita qui è
stato meraviglioso. Ma, e mi rivolgo ai nostri amici» indicò coi mignoli nella
nostra direzione e fummo inquadrati da un occhio di bue che non proveniva da
nessun faro «non disperate, non vi abbandoneremo. Fra una settimana torneremo
di nuovo a trovarvi, e saremo molti di più. Ma molti! Ih Ih Ih!»
In quel momento le persone cominciarono a
sparire come bolle di sapone...con un POP!
Una dopo l'altra.
POP, pop, pop, pop. Ma Pop lo dico io, le
bolle di sapone non fanno alcun suono percettibile quando scoppiano...
Boom fece POP proprio mentre limonava con
lo Zichichi.
«Torneremo, la prossima settimana, e
saremo molti di più. E questa volta, porteremo anche i bambini» promise la voce
dell'Uomo del metro spegnendosi nell'aria.
«Già, i bambini! Hai sentito? Torneranno
coi bambini!? Zichichi? Dove sei? Zichichi?»
POP!
Leibniz è un racconto di Roberto Becattini
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