Leibniz

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ROBERTO BECATTINI
LEIBNIZ



Da qualche tempo nel mio quartiere era in atto un'invasione commerciale e residenziale di cinesi sui generis.
Questa volta non spuntarono ovunque insegne con ideogrammi, non aprirono minimarket o ristoranti, non si mangiava pagando al peso.
Avevano rilevato un pub, due gelaterie, un negozio di vendita e riparazione di biciclette, un ferramenta, e tutto era successo nel giro di pochi giorni.
Molti dei nuovi arrivati facevano la spesa al supermercato sotto casa mia. Visti da vicino non sembravano proprio cinesi.
Le donne in particolare mi ricordavano quelle viste in foto sul blog di un mio amico durante uno dei suoi folli viaggi in Kamchatka; mediamente più alte e tutte con gli occhi chiari.
Al bar alla fermata dell'autobus ne sentii più d'uno conversare amabilmente in italiano con degli habitué.
Sembravano tutti molto socievoli e curiosi, e si stavano ambientando rapidamente. 
Un pomeriggio una di loro mi fermò in strada e cortesemente mi chiese dove fosse il Teatro Benda perché doveva andare al concerto di Carmen Consoli la sera stessa.
Nel ringraziarmi mi disse, sempre con un italiano impeccabile, che si era trasferita da poco, che adorava l'Italia e soprattutto la Toscana, snocciolandomi nomi di località che mai avrei pensato potesse conoscere.
Tuttavia, c'era qualcosa di falso nei suoi modi, di imparaticcio, di mnemonico nel suo ammiccamento culturale. 
La signora si era appena congedata e io ero rimasto impalato a fissarla mentre si allontanava, quando una voce conosciuta mi sbrinò.
«Hai notato che sono tutti adulti? Niente bambini, nessun ragazzino...»
Mi girai.
Un tizio strabico ossigenato mi percolava con lo sguardo.
No, lo Zichichi! 
Una di quelle persone che attraversano la tua vita per un breve periodo, quanto basta per farti capire che è meglio non averci a che fare.
Per quasi un anno eravamo stati coinquilini.
Ricordo che lasciava sempre i piatti sporchi ma rigettava le accuse incolpando i rigoverni precedenti.
La nostra amicizia per me si era conclusa quella notte in cui, tornando a casa in auto, afferrò il volante mentre guidavo e mi fece uscire fuori strada.
Non ammise mai la motivazione di quel gesto, che per me fu un tentativo di suicidio/omicidio.
Ebbe pure il coraggio di dire, col volto ancora coperto dall'Airbag «Sei su sterzi a parte!»
A quel punto eravamo come un petomane e un respiriano rimasti bloccati nello stesso ascensore; dopo quell’episodio lasciai l’appartamento.
Erano 12 anni che non lo vedevo, ma in quel momento stranamente sentivo di non serbare più rancore.
Lo Zichichi si era quasi laureato in Filosofia con una tesi su Leibniz.
Il giorno della dissertazione si presentò alla commissione agghindato come il grande matematico, con un parruccone del 1600 quasi Millessette; regalò una scatola di biscotti Leibniz a ciascun membro, scusandosi del fatto che non erano integrali. Indispettito dalla buffonata, il controrelatore commentò che aveva confuso le Monadi con le Gonadi, di cui era degno rappresentante.
Sentendosi dare del coglione, lo Zichichi non la prese bene; ne nacque una furibonda colluttazione, risolta solo con l'arrivo dei carabinieri a cavallo.
L'episodio segnò la fine della sua carriera universitaria. 
Non fu l’unico evento a far dubitare della sua capacità di discernimento: vi ricordate il Vodka eyeball?
Qualche anno fa giravano video virali su YouTube di ragazzi che si facevano un bagno ottico con una bottiglia di vodka per sballare prima, iniettandosi l'alcol direttamente nei capillari del bulbo oculare.
Lui provò a fare lo stesso col rhum e pera, rischiando il distacco della retina.
Chissà se era cambiato…
«Zichi! Quanto tempo... Ma non facevi il clown con Sfava?»
«Non più. Sono tornato da un paio di settimane, per adesso sto da mia sorella, cerco lavoro, per ora niente. Sai, con tutti questi migranti... Il Centro per l'Impiego sembra il bar di Guerre Stellari. Sono tornato a suonare però, ho una nuova band post-punk...»
Lo Zichichi era anche un talentuoso bassista nonché autore di testi e musiche di svariati combo che aveva fondato e poi sciolto nel giro di pochi mesi, sempre per divergenze con gli altri componenti; perché prima o poi lo Zichichi litigava con tutti eh?
Non vi dicono nulla nomi come i Silent Yoga Farts, Infanzia Scambista, i Pissi Pissi Bauhaus, i Tenores di Britney, Elvis & The Beatles?
No?
Meno male!
«Senti, hai da fare?»
«No, anch'io sono disoccupato»
«Bene! Allora dobbiamo festeggiare: andiamo alla Sosta dei Pupi a bere vino!»
Ebbe comunque la decenza di invitarmi e di scusarsi ancora per l'episodio che ci aveva allontanato.
Dopo esserci aggiornati sulle nostre vite davanti a un buon tagliere, il discorso ricadde sulla Kamchatka.
«La cosa che mi perplime di più» dissi «è che nessuno sembra sospettare niente. Si sono integrati in meno di un mese; non so come abbiano fatto a imparare l'italiano così bene...»
«Ci sei mai stato in via dell'Ipotesi?»
«No, perché?»
«È una strada senza sfondo, termina contro il terrapieno della ferrovia. Hanno costruito una casupola. Stamattina c'era un camion con un rimorchio che non finiva più, e caricava materiale che usciva da quella baracca. Dallo scivolo cadevano scatoloni di 20X20X90. Da come li maneggiavano dovevano pesare sui 20 kg l'uno. Hanno riempito il rimorchio e poi sono partiti.»
«E che c'è di strano?»
«Ma non capisci, hanno riempito quel bestione per 2 ore, saranno stati almeno 40 quintali di roba che usciva da lì.»
«Maremma Zichichi, sei stato due ore a vedere quelli che riempivano un camion, sei peggio dei vecchi che guardano i cantieri.»
«Nureyev, quella baracca sarà un metro per due, ce ne stanno almeno 6 di baracche dentro il camion, mi spieghi come hanno fatto?»
«Boh, forse montavano le scatole prima di farle scivolare fuori, o forse c’è un seminterrato, una cantina, sotto il livello della strada.»
«No, mi sono affacciato dentro con una scusa. Non ci sono botole. Alla porta c'è un omino seduto dietro a un tavolo, e occupa già metà dell'ambiente. No via, domani andiamo a prendere le misure» concluse eccitato.
Lui in queste situazioni ci sguazzava come Ronaldo nell'area del Frosinone ridotto in nove.
Io invece come una lumaca nel Mar Morto.
La baracca risultava essere un cubo di 2.10 di lato. C'era un'insegna "FACCIO VENDO SPEDISCO QUALSIASI COSA A PREZZO RIDOTTO"
Lo Zichichi entrò ripiegando il vecchio metro a stecca con cui aveva appena misurato; l'uomo seduto al tavolino cercò subito di intortarlo:
«Benvenuti! Vi vendo un metro d'acciaio, laminato in rodio, a un euro. Buttatelo via quello che avete.»
Estrasse un metro avvolgibile di metallo dal cassetto del tavolino. Incuriosito mi abbassai per guardare sotto.
Ero quasi sicuro che un istante prima non ci fosse nessun cassetto.
Lo Zichichi gli diede un euro «Quanti ne avete?»
«Bah, posso produrne 100.000 pronti da caricare tra 10 minuti. All'ingrosso vengono 60 centesimi l'uno.»
«10 minuti? Ma...erano metri avvolgibili quelli che avete caricato ieri?» domandai.
«No, doveva essere qualcos'altro. Questo metro è il primo che faccio, mi è venuta l'idea vedendovi misurare la baracca.»
Lo Zichichi si stava innervosendo:
«Ma come fa a spedire un carico del genere prendendolo da uno spazio che non ne contiene nemmeno un decimo?»
«Semplice. Lo fabbrico e lo carico nello stesso momento.»
«Ma deve pur assemblare dei pezzi già fatti in qualche modo!» Anch'io stavo perdendo la calma.
«No, no» ribatté placido l'omino «ho studiato la vostra lingua. Assemblare vuol dire mettere insieme, montare, non fare. Io li fo.»
Mentre uscivamo pensierosi lo Zichichi disse «Ascolta Nureyev, io non so chi sono questi, ma ho bisogno di una riprova. Stasera andiamo al loro pub, si chiama... Gli Imperturbabili, si trova in via dell'Inganno.»
La ragazza dietro al banco era di una bellezza ipnotica, aveva vinto alla lotteria genetica gli occhi di Rachele Bastreghi dei Baustelle e il volto della protagonista più giovane de "La Tigre e il Dragone".
Il locale era pieno di gente ma non vedevo nessuna spillatrice per la birra, quindi...
«Vorremmo un paio di Bud in bottiglia.»
«Ecco qua!»
Avremmo giurato che le avesse tirate fuori dalla manica, senonché la ragazza indossava una t-shirt...
Erano due Bud, ma su l'etichetta di una c'era scritto Dub.
Le feci notare la stranezza.
«Ah sì, rimedio subito» passò la mano sull'etichetta sbagliata e adesso il nome era corretto.
«Sapete, sono nuova del mestiere e mi confondo spesso. I primi giorni mi chiedevano una chiara alla spina e io gli davo la scura, a volte me ne accorgevo in tempo e cambiavo il colore al volo...»
Lo Zichichi le sorrise «Ma che sfacciata...Come ti chiami?»
«Boom»
«Boom?»
«Sì, Boom»
«Senti Boom, in questo pub non ci sono luci, eppure non è buio, ci si vede benissimo, ma non avete la corrente elettrica? Non vedo nemmeno un frigo. Usate la ghiacciaia, come fate?»
«Sì, la birra è bella gelata vero? Visto come sono brava a evitare di rispondere? Volete altra birra, brava gente?»
«Brava gente?» Mi sentivo preso in giro. «Sì, voglio altra birra e voglio vedere da dove la prendi» dissi in modo un po' infantile allungandomi sul banco per sbirciare.
«Oddio una blatta gigante!» gridò terrorizzata la ragazza.
Fu convincente perché ci girammo di scatto.
«Che salto avete fatto!» rideva ma senza emettere alcun suono «Paura eh?»
Intanto aveva tirato fuori da chissà dove due birre Goretti.
Ne bevvi mezza tutta d'un fiato, poi le chiesi «Ma di dove sei Boom? Di dove siete tutti quanti?»
«Siamo Indiani anonimi.»
«Venite dall'India? Non sembrerebbe…»
«Ah... allora dovremmo dire qualcos'altro alla gente...l'ultima volta che siamo venuti qui era in Grecia, tanto tempo fa, eravamo i Dori» ci strizzò l'occhio. «Sentite, tra 10 giorni do una festa a casa mia, volete venire? Segnatevi l'indirizzo: via della Verità Assoluta n. 10.»
Paventando sacrifici umani al Boom Festival, tergiversai, ma lo Zichichi accettò e si scambiarono i numeri di telefono.
«Ah, posso prendermi un'ultima bottiglia da portare via?»
«Certo. Cosa vuoi?»
«Una Miroslav Klose.» Sogghignai mentalmente.
Non esisteva, stavolta l'avevo fregata.
Mentre uscivo sempre più perplesso dal pub con la Miroslav Klose in mano, un pensiero da Uomo della Strada in Chianti si fece largo dentro di me «Ma se davvero creano le cose dal nulla, perché non fanno direttamente i soldi e smettono di lavorare?»
«Che mi venga un accidente se lo so, Nureyev, ma che ti frega? Dobbiamo metterci in società con questi, altro che. Ma ti rendi conto? E poi Boom è flirtante» aggiunse con occhio di chi stava già pensando di scrivere col pisello la password sul suo Monte di Venere e poi fare login.
Rientrando a casa notai un'altra baracca di fianco al parcheggio del supermercato.
Mi avvicinai; la porta era aperta.
C'erano due Indiani anonimi che giocavano a carte, con dei simboli mai visti. C'era una luce accesa da qualche parte ma non vedevo nessuna lampadina.
«Buonasera, scusate il disturbo. È che non ricordo di aver visto questa baracca oggi, allora...»
«Sì, l'ho finita oggi.»
Mi guardai intorno.
Assi annerite dal tempo, chiodi arrugginiti, ragnatele ovunque, e diceva d'averla appena fatta. 
«Stiamo pensando cosa potremmo vendere» disse l'altro Indiano.
Rifletté un attimo poi mi indicò col mignolo «Le interessa un'auto nuova? Sarebbe pronta in...» guardò l'orologio «3/4 minuti.»
«No grazie, non mi separerei mai dalla mia Dacia Sandero. E poi per oggi ho fatto il pieno...Buonanotte.»
Arrivò così la sera della festa. 
«Sesto e ultimo piano» rispose una voce al campanello
Giunti al pianerottolo del quarto mi venne l'ansia «Ma non senti che silenzio...?»
«Boh, sarà una serata silent disco» minimizzò lo Zichichi.
Solo quando ci ritrovammo sul terrazzo condominiale fummo sommersi da musica a tutto volume, tutti stavano cantando in coro la stessa canzone e si agitavano come ossessi; io e lo Zichichi ci guardammo irritati; è difficile restare calmi e indifferenti mentre tutti intorno fanno "Rumore" della Carrà.
Vista la loro socievolezza, mi aspettavo altri italiani alla festa, ma non ce n'erano.
La mia inquietudine crebbe; ci venne incontro Boom, in un vestitino attillato che cambiava colore ogni 30 secondi. 
«Che bello che siete venuti!»
Lo Zichichi approfittò del suo strabismo per spogliarla con lo sguardo senza farsene accorgere troppo «Sei incantevole Boom stasera...da morsi…»
Il vestito di Boom arrossì. «Grazie...Beviamo?»
Assaggiai.
Era forte ma sentivo solo il sapore della pesca «Ma che cos’è?»
«Si chiama Succo Trucco»
«Ah, e qual è il trucco?» chiesi sospettoso.
«Oioi Nureyev, bevi e non rompere!»
Lo Zichichi era esacerbato, forse aveva ragione.
Uscire la sera con me era come fare nuoto sincronizzato con un'incudine legata al piede.
Nella mia vita le volte che mi ero lasciato andare davvero si contavano sulle dita della mano di un lebbroso.
Era la sera giusta per perdere il controllo.
Dopo un paio di bicchieri di Succo Trucco chiedevo a tutti se secondo loro Thom Yorke aveva "Paranoid Android" come sistema operativo dello smartphone.
Lo Zichichi rideva più che altro per la mia insistenza e commentava «Che idioteque!»
Ballavo e mi dimenavo come sempre in modo orribile, sembravo un Uovo di Pasqua di 95 kg andato a male che danza.
Perché credete che mi chiamino Nureyev?
Ma non me ne importava più niente.
Un dubbio intanto continuava a torturarmi «Ma che ci avete messo in questo succo? Boom, dai dimmelo!»
«Ih ih ih! Alcool puro!» L' "ih ih ih" lo presumo io perché quando rideva non si sentiva niente. «Vieni che ti presento le mie amiche!»
Fu una bella serata, della quale non ricordo molto altro, tranne il momento dei saluti.
A un certo punto, saranno state le 3, si abbassò il volume e sul palco salì il tipo del metro d'acciaio.
Sembrava la felicità in persona, ammesso fosse una persona.
«Bene miei cari...purtroppo i condomini si sono lamentati del rumore della Carrà e hanno minacciato di chiamare i carabinieri a cavallo, la festa non può continuare ma non importa...Abbiamo celebrato il periodo trascorso qua. Ogni minuto della nostra breve visita qui è stato meraviglioso. Ma, e mi rivolgo ai nostri amici» indicò coi mignoli nella nostra direzione e fummo inquadrati da un occhio di bue che non proveniva da nessun faro «non disperate, non vi abbandoneremo. Fra una settimana torneremo di nuovo a trovarvi, e saremo molti di più. Ma molti! Ih Ih Ih!»
In quel momento le persone cominciarono a sparire come bolle di sapone...con un POP!
Una dopo l'altra.
POP, pop, pop, pop. Ma Pop lo dico io, le bolle di sapone non fanno alcun suono percettibile quando scoppiano...
Boom fece POP proprio mentre limonava con lo Zichichi.
«Torneremo, la prossima settimana, e saremo molti di più. E questa volta, porteremo anche i bambini» promise la voce dell'Uomo del metro spegnendosi nell'aria.
«Già, i bambini! Hai sentito? Torneranno coi bambini!? Zichichi? Dove sei? Zichichi?»

POP!

Leibniz è un racconto di Roberto Becattini

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