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MICHELA BIANCO
NICHIKI
foto pixabay
PREFAZIONE
Vi siete amati! … Questo, forse, dovrebbe impedirmi di
scrivere!
Ma, delicata, cercherò di comunicare ciò che il
silenzio sta dicendo di voi!
Francesca
Francesca ha scritto cinque “specie di libri”. Li
chiama così perché non ha la più pallida idea di cosa significhi davvero
scrivere un libro. Nessuno gliel’ha insegnato. Non è neanche una lettrice
diligente e costante.
Quando ha cercato di sistemare i suoi libri
dividendoli tra quelli letti e quelli non letti si è vergognata scoprendo che
la maggior parte li aveva solo comprati.
Ma a Francesca piace scrivere. Ha portato a qualche
casa editrice quelle “specie di libri”, ha conosciuto qualche scrittore ma non
ha concluso niente. Ha solo comprato qualche libro in più che non ha mai
iniziato a leggere. Ha solo continuato a scrivere.
Qualcuno gli ha detto brava, qualcuno le ha dato dei
buoni consigli, ha provato a seguirli, qualcuno non le ha detto nulla. Assolutamente.
A volte va in libreria e immagina a come starebbero
bene quelle specie di libri in una scansia o addirittura in vetrina.
Immagina la copertina, una bella foto di schiena, o a
volte di faccia, ma sempre un qualcuno in copertina, non un dipinto ma una
persona vera, una foto da copertina, bianco e nero o forse no.
Francesca sogna di dedicare quella specie di
libro alla sua mamma che si è letta tutte le cose che ha scritto: dalle
stupidaggini a cose che una mamma non leggerebbe della figlia. E, discreta
com’è, la sua mamma farebbe scappare di nascosto una lacrima e chiederebbe
subito:
«E perché non lo dedichi anche a papà? …»
Beh, sì! Lo dedicherebbe anche al suo papà, che non ha
letto nulla di Francesca ma gli basta guardarla negli occhi per leggerla tutta,
a quella sua figlia suonata che scrive “specie di libri”, che aspetta che la
fortuna arrivi, che se non arriva non fa niente.
Pazienza.
Questo però non è una specie di libro. Non è un
embrione, un abbozzo, un quasi qualcosa.
È un libro, una storia da raccontare e una da leggere,
a volte confusa nei suoi pochi personaggi nei suoi tempi e nelle vite che ne
riempiono le righe.
Francesca ha pubblicato il suo primo libro di cui, a
parte questa prefazione e poco più, non ne ha scritta mezza parola (sarà per
questo che ce l’ha fatta?)
E quindi:
ecco a voi il suo debutto, la sua opera prima fatta di
quattro personaggi che ha inizio con le parole del cuore di Patty a cui si
aggiungeranno quelle scritte da Nicol e nessuna parola di Nicola ma alcune non
scritte di Oscar e quelle necessarie che servono da collante aggiunte da
Francesca.
PATTY
Ciao Nicola,
sono Patty ti scrivo ormai rassegnata. È l’unica
opzione che mi rimane, l’ultimo appiglio.
Al telefono sei introvabile. Ho pochi giorni a mia
disposizione, ma ho del tempo. In questo letto d’ospedale altro non posso fare
che pensare, ho un computer e ho bisogno di raccontare. So molto di te grazie a
Nicol e tu sai qualcosa di me attraverso lei.
E piuttosto che ridurmi a parlare al muro, scrivo che
è come parlare ma in silenzio.
Premesso che non amo dilungarmi, che a scuola in
italiano non raggiungevo mai la sufficienza e che sono convinta che una
parolaccia in più sia meglio di una in meno, con queste mie non sublimi parole
cercherò di essere chiara e precisa.
Io e te non abbiamo niente da spartire, ma abbiamo in
comune Nicol.
Vogliamo bene alla stessa persona.
Ti scrivo perché mi ha chiesto un favore e non posso
non farglielo.
Una telefonata mi risparmiava molta energia e mi
sarebbe costata meno fatica mentale, ma purtroppo trovarti è un’impresa non da
poco.
Due numeri di telefono, uno inesistente e uno
perennemente irraggiungibile o inattivo.
Sono riuscita a pescare il tuo indirizzo di casa per
inviarti tutto grazie a internet, l’idea più impicciona nel secolo della
privacy, speriamo almeno sia quello corretto.
Il mio ruolo in questa storia è quello del messaggero.
Nicol mi ha lasciato un malloppo che spetta a te.
Il suo cuore.
Quando le donasti il tuo cuore lei sentiva che sarebbe
stato per sempre.
Un amore vero come lo sono tutti gli amori, unico,
strappalacrime, vissuto intensamente e pienamente e per il solo tempo
necessario a lasciarne nel cuore ancora dell’altro.
Come lasciare un angolino stinto in una parete e il
secchio di vernice ancora pieno.
Come smettere di mangiare ma avere ancora lo
stomaco che borbotta. Capisci?
Questo le rimane di te, e se ne accorge perché si
rintana in quell’angolino che a entrambi appartiene.
Non so se tu possiedi quel posticino non
dipinto, a lei piace pensare che sia così, anche per te.
E la cosa più bella di quel suo cantuccio è che
rimanga lì per sempre, senza nessun altro pittore che lo decori, ma che ci sia,
e che ci resti, sempre.
Nicol si rifugia nel tuo pensiero e basta davvero
poco, la solita vecchia canzone oppure ti vede nel sorriso di qualche attore
alla tv o nel signore che la precede in fila al chek-in. Succede così, spunti
fuori all’improvviso e ciò che la sua anima dice è che ancora dovete dirvi
qualcosa lei e te. Poi si guarda intorno, si guarda dentro, si guarda addosso e
non ci sei e allora rimani un pensiero che si assapora solo con la mente.
Non si può, non si deve non si fa.
Un angolino, stinto.
A volte soffre, soffre da matti e addosso le sembra di
avere la tua espressione. Questo le succede quando il random del lettore mp3
sembra conosca il suo stato d’animo e le propone solo quelle giuste di canzoni,
le più azzeccate e malinconiche strappa cuore e budella che si possano sentire,
ed è lì che dà libero sfogo a quel piacevole dolore di pensarti.
Quando è in volo passa gli unici momenti in cui lei è
con sé stessa, sé stessa con lei, ed è sempre avvolta da un universo di
pensieri e nessuno di loro cerca neanche per scherzo di mandarti via, sono
tutti lì come appollaiati sulla parete stinta.
Non è tutti i giorni di buon umore ma credo sia ancora
capace di sorridere.
Adesso ti racconto una storia, come quelle per la
buonanotte dei bambini solo che, solo che non arriverà alla fine.
Nichiki è un romanzo di Michela Bianco
foto pixabay
PREFAZIONE
Vi siete amati! … Questo, forse, dovrebbe impedirmi di
scrivere!
Ma, delicata, cercherò di comunicare ciò che il
silenzio sta dicendo di voi!
Francesca
Francesca ha scritto cinque “specie di libri”. Li
chiama così perché non ha la più pallida idea di cosa significhi davvero
scrivere un libro. Nessuno gliel’ha insegnato. Non è neanche una lettrice
diligente e costante.
Quando ha cercato di sistemare i suoi libri
dividendoli tra quelli letti e quelli non letti si è vergognata scoprendo che
la maggior parte li aveva solo comprati.
Ma a Francesca piace scrivere. Ha portato a qualche
casa editrice quelle “specie di libri”, ha conosciuto qualche scrittore ma non
ha concluso niente. Ha solo comprato qualche libro in più che non ha mai
iniziato a leggere. Ha solo continuato a scrivere.
Qualcuno gli ha detto brava, qualcuno le ha dato dei
buoni consigli, ha provato a seguirli, qualcuno non le ha detto nulla. Assolutamente.
A volte va in libreria e immagina a come starebbero
bene quelle specie di libri in una scansia o addirittura in vetrina.
Immagina la copertina, una bella foto di schiena, o a
volte di faccia, ma sempre un qualcuno in copertina, non un dipinto ma una
persona vera, una foto da copertina, bianco e nero o forse no.
Francesca sogna di dedicare quella specie di
libro alla sua mamma che si è letta tutte le cose che ha scritto: dalle
stupidaggini a cose che una mamma non leggerebbe della figlia. E, discreta
com’è, la sua mamma farebbe scappare di nascosto una lacrima e chiederebbe
subito:
«E perché non lo dedichi anche a papà? …»
Beh, sì! Lo dedicherebbe anche al suo papà, che non ha
letto nulla di Francesca ma gli basta guardarla negli occhi per leggerla tutta,
a quella sua figlia suonata che scrive “specie di libri”, che aspetta che la
fortuna arrivi, che se non arriva non fa niente.
Pazienza.
Questo però non è una specie di libro. Non è un
embrione, un abbozzo, un quasi qualcosa.
È un libro, una storia da raccontare e una da leggere,
a volte confusa nei suoi pochi personaggi nei suoi tempi e nelle vite che ne
riempiono le righe.
Francesca ha pubblicato il suo primo libro di cui, a
parte questa prefazione e poco più, non ne ha scritta mezza parola (sarà per
questo che ce l’ha fatta?)
E quindi:
ecco a voi il suo debutto, la sua opera prima fatta di
quattro personaggi che ha inizio con le parole del cuore di Patty a cui si
aggiungeranno quelle scritte da Nicol e nessuna parola di Nicola ma alcune non
scritte di Oscar e quelle necessarie che servono da collante aggiunte da
Francesca.
PATTY
Ciao Nicola,
sono Patty ti scrivo ormai rassegnata. È l’unica
opzione che mi rimane, l’ultimo appiglio.
Al telefono sei introvabile. Ho pochi giorni a mia
disposizione, ma ho del tempo. In questo letto d’ospedale altro non posso fare
che pensare, ho un computer e ho bisogno di raccontare. So molto di te grazie a
Nicol e tu sai qualcosa di me attraverso lei.
E piuttosto che ridurmi a parlare al muro, scrivo che
è come parlare ma in silenzio.
Premesso che non amo dilungarmi, che a scuola in
italiano non raggiungevo mai la sufficienza e che sono convinta che una
parolaccia in più sia meglio di una in meno, con queste mie non sublimi parole
cercherò di essere chiara e precisa.
Io e te non abbiamo niente da spartire, ma abbiamo in
comune Nicol.
Vogliamo bene alla stessa persona.
Ti scrivo perché mi ha chiesto un favore e non posso
non farglielo.
Una telefonata mi risparmiava molta energia e mi
sarebbe costata meno fatica mentale, ma purtroppo trovarti è un’impresa non da
poco.
Due numeri di telefono, uno inesistente e uno
perennemente irraggiungibile o inattivo.
Sono riuscita a pescare il tuo indirizzo di casa per
inviarti tutto grazie a internet, l’idea più impicciona nel secolo della
privacy, speriamo almeno sia quello corretto.
Il mio ruolo in questa storia è quello del messaggero.
Nicol mi ha lasciato un malloppo che spetta a te.
Il suo cuore.
Quando le donasti il tuo cuore lei sentiva che sarebbe
stato per sempre.
Un amore vero come lo sono tutti gli amori, unico,
strappalacrime, vissuto intensamente e pienamente e per il solo tempo
necessario a lasciarne nel cuore ancora dell’altro.
Come lasciare un angolino stinto in una parete e il
secchio di vernice ancora pieno.
Come smettere di mangiare ma avere ancora lo
stomaco che borbotta. Capisci?
Questo le rimane di te, e se ne accorge perché si
rintana in quell’angolino che a entrambi appartiene.
Non so se tu possiedi quel posticino non
dipinto, a lei piace pensare che sia così, anche per te.
E la cosa più bella di quel suo cantuccio è che
rimanga lì per sempre, senza nessun altro pittore che lo decori, ma che ci sia,
e che ci resti, sempre.
Nicol si rifugia nel tuo pensiero e basta davvero
poco, la solita vecchia canzone oppure ti vede nel sorriso di qualche attore
alla tv o nel signore che la precede in fila al chek-in. Succede così, spunti
fuori all’improvviso e ciò che la sua anima dice è che ancora dovete dirvi
qualcosa lei e te. Poi si guarda intorno, si guarda dentro, si guarda addosso e
non ci sei e allora rimani un pensiero che si assapora solo con la mente.
Non si può, non si deve non si fa.
Un angolino, stinto.
A volte soffre, soffre da matti e addosso le sembra di
avere la tua espressione. Questo le succede quando il random del lettore mp3
sembra conosca il suo stato d’animo e le propone solo quelle giuste di canzoni,
le più azzeccate e malinconiche strappa cuore e budella che si possano sentire,
ed è lì che dà libero sfogo a quel piacevole dolore di pensarti.
Quando è in volo passa gli unici momenti in cui lei è
con sé stessa, sé stessa con lei, ed è sempre avvolta da un universo di
pensieri e nessuno di loro cerca neanche per scherzo di mandarti via, sono
tutti lì come appollaiati sulla parete stinta.
Non è tutti i giorni di buon umore ma credo sia ancora
capace di sorridere.
Adesso ti racconto una storia, come quelle per la
buonanotte dei bambini solo che, solo che non arriverà alla fine.
Nichiki è un romanzo di Michela Bianco
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