Un batuffolo tutto profumato

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GIORGIA SPADAVECCHIA
(anni 13 - terza media)


UN BATUFFOLO PROFUMATO
    
                          foto pixabay


Eccomi lì, seduta sulla sedia del salotto a leggere le intriganti storie di Tom, il mio fumetto   preferito, dove   il protagonista, goffo   ma   intelligente, deve   riuscire a sconfiggere le sue paure più segrete.

Mi piace Tom perché gli capitano tutte quelle cose che non dovrebbero capitare a un tipo come lui…come succede a tutti noi.

Mentre ero immersa nella lettura, fui però disturbata dal persistente suonare alla porta dei miei vicini e dai cerimoniosi saluti e auguri che le persone porgevano loro.

Stava per iniziare la festa più grande del mondo?

Ero troppo curiosa.

E così, anche se non lo faccio mai, lasciai il capitolo a metà, Tom mi perdoni, e corsi dalla mamma per chiederle il motivo di tutto quel trambusto. 

Appena entrai nella sua camera, la trovai intenta a vestirsi in modo rapido ma accurato; e per un momento mi dimenticai persino del motivo per cui mi trovassi lì.

Sarebbe dovuta andare per poco tempo dai vicini perché avevano avuto una nascita in famiglia.

Ora capivo il motivo di tutto.

Le chiesi subito se avessi potuto accompagnarla a vedere il bambino e lei, senza esitare, mi rispose con un secco sì.

Dopo poco uscimmo di casa e, mentre attraversavamo il pianerottolo, cominciai a immaginare la faccina morbida e paffuta del piccolo bambino che, da quelle poche informazioni ricavate dalle parole di mamma, sarebbe stato un bel maschietto di 4 chili.

Suonammo il campanello della porta e, dopo pochi istanti, venne ad aprirci il signor Doreti tutto ben vestito e profumato di dozzinale dopobarba.

Ci fece entrare. La casa sembrava un formicaio pieno di persone, tra le quali a malapena riuscivo a vedere il piccolo batuffolo in braccio alla signora Doreti che sorrideva a tutti con cortesia ma che, si intuiva, avrebbe voluto essere a chilometri di distanza.

Mamma si mise a familiarizzare con quelle persone da lei conosciute dicendo tutte quelle cose che si dicono quando nasce un bambino non ricordandosi di quando sono nati i propri, mentre io tentavo disperatamente di raggiungere il centro della sala.

Dopo fatiche e spintoni profusi per cercare una via per vedere il neonato, decisi di tornare da mamma.

Passò un sacco di tempo prima che la casa si svuotasse quasi del tutto; pensai anche di tornarmene in camera mia per continuare a leggere il fumetto ma, proprio mentre stavo per abbandonare la trincea, ci venne incontro la signora Doreti che spingeva una culla con un fiocco azzurro.

Il bambino si chiamava Edoardo, bruno e con gli occhi neri come la notte. Sarei rimasta in eterno a guardarlo ma, dopo pochi secondi, la mia estasi fu interrotta dalla Doreti che, con mia sorpresa, mi chiese di prenderlo in braccio. Non ebbi neanche il tempo di rispondere che mia madre mi aveva posizionato il fagottino tra le mani. 

Non posso descrivere la sensazione che provai, so solo che mi fece stare bene e sentire grande. 

Mi trovavo tra le braccia un piccolo cucciolotto tutto caldo, morbido e con le guance rosate. Aveva anche uno strano odore, profumava di qualcosa che avevo già sentito ma non capivo cosa: pomata, talco, latte andato a male? 

Il silenzio e la pace che nella mia mente si erano creati furono rotti dallo squillare del cellulare di mamma. Era papà, che stava tornando con il mio fratellino dalla lezione di   calcio. Dovevamo tornare a casa per preparare la cena! 

Con poca voglia dovetti aiutare ad apparecchiare e, da lì a poco, arrivarono anche papà e Matteo che, come fanno spesso i maschi, si disinteressarono completamente della vita in famiglia buttandosi sul divano senza scambiare una parola con nessuno. 

Come ogni sera mamma mise a letto Matteo, spense la luce e socchiuse la porta della nostra cameretta.

Chiusi gli occhi e aprii bene le orecchie, non sentivo nulla, immersa nel silenzio totale mi rilassai e ripensai a quello che mi era accaduto quel giorno…lo faccio sempre. Pensai al piccolo Edoardo e a quello strano odore che avevo sentito e che aveva qualcosa di familiare. 

E, come qualche volta accade, quando si fruga nella mente, trovai qualcosa… una stanza celeste e piena di giochi. C’era anche una culla e quell’odore e c’ero anch’io, in piedi al centro della stanza con un cuscino tra le mani. E nella culla un bimbo che piangeva disperatamente, mio fratello. 

Mamma che arriva e lo prende in braccio e non si accorge di me. Ultimamente nessuno si accorge di me, da quando quel batuffolo profumato è arrivato a casa. 

Nessuno saprà mai che ho tentato di soffocare mio fratello! 

Devo procurarmi uno strizzacervelli?

Sono una potenziale assassina? 

Una pazza?

Arrivò il giorno.

Scesi dal letto e mi diressi velocemente in cucina per la colazione.

Quella mattina la mamma aveva persino preparato un dolce.

Li guardai tutti per la prima volta in modo diverso: il silenzio di papà, la fatica di mamma, l’inconsapevolezza di mio fratello.

Pensai che ero diventata adulta perché avevo un segreto, il mio segreto!

Tutti gli adulti ne hanno uno.


Un batuffolo tutto profumato

è un racconto di Giorgia Spadavecchia

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