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IV
Non si allontanò poi molto a dire il vero.
Mosse il timone, la
prua si spostò verso un lato a sua volta, e togliendo portanza alle vele la
barchetta si fermò.
Quella furia del
vento imbrigliato dal resistente tessuto in poliestere cessò di colpo, così come
poco prima si era scatenata.
Fu quiete e
silenzio, tranne che per le leggere increspature del mare, che piano piano,
come a non voler fare troppo rumore, sbattevano sullo scafo di legno, scandendo
una melodia monotona. Il vecchio fissava, senza distogliere mai lo sguardo,
come fosse in preda a una sorte di catalessi, con gli occhi sgranati, un punto
imprecisato dinanzi a egli.
Poi schizzò in piedi
come una molla, come se qualcosa l’avesse punto, prese una canna da pesca e
gettò l’amo luminescente, facendo udire un rumore simile allo schiocco di una
frusta, in mare con un lembo di carne di tonno ben conficcato per non staccarsi
nell’impatto con l’acqua.
Venne tirato a
fondo, giù sempre più giù, da un piombino da 75 grammi, e sparì disegnando una
scia a malapena visibile dietro la superficie di quel punto di mare.
Non ci volle molto
e il pesce abboccò.
Il vecchio, con la
sua esperienza, era andato apposta per prendere proprio quello, proprio lui.
Sapeva che lì,
proprio in quel punto, ci stava quel pesce che avrebbe abboccato all’amo,
nutrendosi di quel pezzo di carne ma segnandosi la condanna a morte.
Il vecchio gettò
la creatura nel secchio e poi, in breve tempo, con fare abitudinario, ripeté la
manovra che gli aveva consentito quel primo successo.
Pescò altri due
pescetti più piccoli e anche la prima protagonista di questa storia, quella
tracina che non fu abbastanza saggia per resistere alla tentazione, sarebbe
stata la protagonista della cena del vecchio.
Colta lei, “la
spina del marinaio” dalla carne bianca e buonissima, si sentì soddisfatto ma
allo stesso tempo triste, e ripartì.
Viaggiava veloce,
planando sull’acqua, diretto verso il mare aperto.
La spina del marinaio è un racconto di Luigi De Luca
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