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II
Era stato liberato da alcune contingenze che
l’avevano costretto prigioniero e che gli avevano rimandato, proprio a lui che
di tempo ne aveva poco se non niente, l’agognata realizzazione del suo più
importante desiderio.
All’età di
quarant’anni, circa, finì con il ritrovarsi per strada a chiedere l’elemosina,
in mezzo al traffico cittadino, su un marciapiede vicino a un supermercato, o
davanti una chiesa o l’altra. Finì dunque con il diventare parte di quella
cerchia della società che il buon costume tiene a chiamare clochard mentre il
popolo continua a chiamare barboni. Non aveva nessuno al mondo.
Questo suo
appartenere a tale nuovo status non durò poi molto, anzi. Passarono pochi mesi
e si stancò di chiedere il tozzo di pane a tizio e a caio; si stancò subito di
appartenere a quella cerchia di popolo. Allora partì, con l’intento di scovare
una qualche remota meta di mare, dove ricominciare.
La fortuna girò a
suo favore, perché su una lunga spiaggia incontrò quella che gli apparve come
una casetta abbandonata, diroccata, perlopiù in legno perché solo il legno
resiste bene alle impervie volontà del mare.
Vicino alla casa
non c’era nulla, si trovava in mezzo a una di quelle mete marinare dove la
presenza umana era quasi sbiadita, dove il primo paese era distante parecchi
chilometri, una di quelle mete che si possono trovare in Calabria ad esempio,
dove, ancora per poco, l’essere umano ha invaso non tutti i luoghi, lasciandone
pezzi alla totale egemonia della natura.
Nella sua
precedente vita, prima che divenisse barbone, era conosciuto come un gran
tuttofare: falegname, muratore, carpentiere, abile fabbro, persino ingegnere.
Trovato quel tesoro si mise subito all’opera, con una smania e una voglia che
puzzavano di fame, di umiliazioni e di sporcizia. Riparò il tetto sfondato,
rimise in ordine quel che era in disordine, ridonò vita a quella baracca
rendendola una dimora. Aveva trovato un mucchio di roba riutilizzabile, quel
che per altri era immondizia, era ricchezza per lui, perché con le sue mani da
artista riusciva a ridonare splendore a qualsiasi cosa. Dietro casa, questa
quasi in buono stato, aveva trovato persino una barchetta a vela, con tutto
l’occorrente per la pesca.
Oro colato
praticamente, innanzi ai suoi occhi. Inutile cianfrusaglia, davanti agli occhi
di molti altri.
A quarantun anni
si era ben sistemato, nella sua nuova vita a pochi passi dal mare.
Visse così, di
pesca, di frutti di mare, di salsedine e di mareggiate, di sabbia ustionante,
di pochissime cose e di tante cose, per ben quarantacinque anni, da solo.
Durante tutti questi anni non aveva mai parlato con qualcuno che fosse un
essere umano.
Con la barca, con
le canne da pesca, con gli ami e i galleggianti, con tutto quello che aveva
trovato così per via della fortuna, si era guadagnato da mangiare.
La sua sveglia
mattutina era stata lo stridere dei gabbiani, lo sferzare del vento, lo
sbattere vorticoso delle onde sulla battigia, il loro rumoroso schiumare, a
seconda delle correnti, a seconda dei giorni.
Aveva avuto,
diverse volte, l’acqua salata fin sotto il letto, a bagnargli le ciabatte, ma
lui aveva dormito comunque sereno anche durante quelle notti.
Qualcosa da
mangiare il mare gliela aveva data sempre, anche quando non partiva a pescare
in barca perché il tempo non lo permetteva, aveva sempre trovato qualche cozza,
qualche vongola sul bagnasciuga, qualche patella attaccata agli scogli, qualche
riccio di mare. Insomma, a pancia vuota non c’era mai stato.
Inoltre, a qualche
chilometro vi erano alcuni appezzamenti di terreno coltivati: agrumeti vari,
uliveti, alcune tipologie di colture, tenute vive da alcuni contadini che non
vivevano presso di esse e andavano lì solo per quegli scopi.
E lui per tutti
quegli anni era andato a… non mi va di dire rubare, non era un rubare il suo,
era ben altro, aveva sempre preso gli scarti, aveva sempre raccolto soltanto
quel che trovava per terra. Sempre con il massimo rispetto, sempre con la
massima attenzione. Tanto che nessuno si era mai accorto di quel suo innocente “prendere”.
Con la sua
maestria era riuscito a trovare anche il sistema per reperire il sale dal mare,
facendo evaporare l’acqua in delle tinozze restava il sale sul fondo. Elemento
utilissimo per la conservazione.
La fortuna, quella
spiritosa di una dea bendata, gli aveva messo proprio tutto nel posto giusto,
sembrava gli avesse sistemato tutto a meraviglia, perché addirittura a fianco
alla casetta scorreva una sorgente d’acqua dolce che sfociava in mare, acqua
forse non proprio purissima ma l’aveva bevuta per tutti quegli anni, i reni
ancora gli funzionavano bene e a dire il vero scoppiava tutto di salute ancora.
Adorava quella
casa, adorava quella barchetta, quel tipo di vita gli aveva donato così tante
belle pance piene; sgombri, tonni, alici e tanto altro.
Aveva vissuto una
vita felice alla fine, in compagnia di una ricchezza invidiabile.
Ora, dopo che il
mare durante una burrascosa notte, gli aveva sussurrato che avrebbe dovuto fare
una cosa molto importante, voleva solo seguire quel consiglio.
Nutriva, fin nel profondo, la realizzazione di quel desiderio.
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