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Ⅲ
Il 4 maggio del
2020, diede un’occhiata al mare, come a volerne controllare le correnti. Poi
un’occhiata alla casa dove aveva vissuto per tutto quel tempo, alla leggera
boscaglia di pini marini sul retro e poi si diresse alla barchetta, che
sbatteva con la punta dello scafo sul letto di sabbia e sulle pietruzze,
sospinta dal leggero movimento dell’acqua.
Il sole non era
molto forte, perché mitigato da una leggera nuvolosità, anche se non era sorto
da molto tempo e non appena si sarebbe sollevato un po’ più in alto avrebbe di
certo rafforzato la sua intensità, solo se le nuvole, però, non lo avessero al
contempo seguito, alzandosi in alto.
Ma prima che
questo accadde, il vecchio, storpiandosi il viso in delle smorfie corrucciate,
sollevando il bianco e folto sopracciglio fino a render ancora più visibili le
profonde rughe della fronte, spinse la barca in mare e salpò.
Prese in mano i
due pesanti remi di legno e li incastrò negli scalmi di ottone, superò le prime
onde a riva, poi, velocizzando il movimento ondulatorio, delle ancora floride
braccia, si allontanò.
In seguito, anche
se non conosco il gergo tecnico, lasciate che l’immaginazione vi aiuti. Aprì la
vela e il vento con un rumore cupo la rigonfiò in un istante, e la barca,
sollevandosi di punta, si mise a correre sull’acqua quasi a volare, si mise a
strisciare vincendo l’attrito. Il cigolio dei ferri che tenevano aperta la vela
era intenso, ma paradossalmente rassicurante.
Lui, seduto verso
la poppa, con il braccio destro dietro le spalle per tenere il timone, lasciava
che gli schizzi schiumosi gli bagnassero il volto, mentre guardava dritto verso
l’orizzonte, con gli occhi grigi conficcati come perle in quel volto scuro, con
la pelle cotta da migliaia di soli. Con lo sguardo accigliato e le labbra
sottili e serrate.
Il vecchio, la
barchetta e l’immenso blu del mare.
Non si voltò più a
guardare verso la casetta che alle sue spalle diventava sempre meno visibile,
sempre più un punto grigio, avvolto in una macchia di verde, anticipato da una
lunga distesa beige e poi tanto blu.
Blu mescolato con
l’azzurro, fino a sotto la barca, fino a sotto ai suoi piedi, tutto attorno.
La spina del marinaio è un racconto di Luigi De Luca
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